giovane critica - n. 3 - feb.-mar. 1964

8 ARMANDO PLEBE, Un festival alla ri• cerca di un'ideologia, ne Il contemporaneo, n. 6i, dicembre 1963. 20 - e riuscendo persino a commuoversi ciel proprio anacronismo, non a Camus, ma al D'Annunzio ciel Compagno dagli occhi senza cigli. E il personaggio di Bernard, in Muriel, è certamente tra i più emozionanti ed acuti che un regista francese abbia saputo evocare in un film di questi anni, così tormentosi e drammatici per il suo paese: ma. anche qui, quel tanto o quel poco di tormento conoscitivo che Re nais rivela è sommerso e soffocato da un tale sovraccarico di generalizzazioni letterarie, di metafore cifrate, di esasperazioni linguistiche e sintattiche che lo spettatore, il quale ha seguito tutto il film con nervosa inquietudine, ha poi alla fine la deprimente sensazione di stringere un pugno di mosche. E allora guardiamoci pure dalle liquidazioni sommarie, dalle condanne senza appello e dagli schematismi inarticolati, ma guardiamoci con altrettanta fermezza dal porre sotto il segno del nuovo, del moderno, dell'inquieto opere e autori di cui colpisce proprio la povertà conoscitiva, al di là delle apparenze e suggestioni esteriori. Per non parlare poi di certi scampoli e ritagli americani, francesi e italiani, e dei loro estimatori, per i quali vale l'osservazione, fatta recentemente a proposito di alcune tendenze e figure del Gruppo '63. che « l'ossessione delle teorie semantiche e informazionali, congiungendosi in loro con il bisogno di sentirsi sempre all'estrema avanguardia, fa loro dimenticare quelli che sono i problemi più sostanziali, i quali sono sempre, inevitabilmente, problemi di contenuto » 8 • Ma ancora più esemplare, per altro verso, il caso di Le mani sidla città, per il quale, a voler distinguere e argomentare tra certe estremistiche tesi contrapposte, si correva, e si corre, il rischio di essere accusati di ambiguità e furberia. Ora, io sottoscrivo, totalmente e senza riserva alcuna, il rifiuto dell'ormai famoso articolo di Trombadori su Vie nuove e di tutti gli sventolii di bandiere rosse e squilli di fanfare di fronte a un film la cui nervatura ideologica ha i suoi più autentici agganci, se mai, negli editoriali del Giorno e nelle inchieste dell'Espresso. E credo di non dover confermare il mio giudizio sulla modestia artistica del film. Ciò che non posso sottoscrivere è la sottovalutazione, quando non il moto di fastidio, del suo respiro civile, della sua efficacia stimolatrice di riflessioni, della sua volontà, parziale e irrisolta, di fare un discorso « politico » su un problema del nostro tempo e della nostra società. Perché ci sono due modi, e qui è il punto, di assumere una posizione critica di fronte al film di Rosi ( ma il discorso vale anche per le altre esperienze, per il recente cinema « antifascista » ad esempio, o, per altro verso ancora, per un film come Pelle viva). Uno è quello di identificare la limitatezza di articolazioni cri\iche del film di Rosi, l'approssimazione del suo discorso ideale e sociologico - la condotta esteriore del racconto, lo schematis_mo delle figure, la generosa retorica che non riesce a sostituire la forza di un atteggiamento « antagonistico » - e rammari-

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