realtà che ci circonda. Questa però sarebbe una constatazione abbastanza peregrina, e non troppo originale o clamorosa. V'è, tuttavia, dell'altro. Si sta cioè creando, pezzo per pezzo, elemento per elemento, battuta per battuta, una e realtà» fittizia, una pseudorealtà, che cerca di convincerci e di condizionarci ulteriormente. Nel decennio neorealista, anche le opere minori o devianti vivevano (e valevano, talora) nella capacità di descrivere ambienti e situazioni e figure che risultavano pur sempre rintracciabili, confrontabili con i termini effettivi, capaci di destare saporosi e legittimi echi. Erano magari soltanto questioni di resa ambientale, di sfondi e contorni, di legami con motivi sentimentali e populistici: ma chiunque e ovunque poteva riscontrarsi, riconoscersi, muovere alla ricerca di se stesso e degli altri. Oggi, dopo il cupo e inerte quinquennio della crisi esplicita, assistiamo al lustro dell'apparente e boom> (cioè, sùbito dopo un timido avvio, della crisi implicita). Il nostro cinema, adeguandosi alle frange e ai miraggi del e miracolo », si è allora creato un proprio mondo fittizio, ove si abita in attici, si viaggia in spider, si frequentano locali notturni, si esercitano professioni eminenti, si veste con estrema distinzione (o con estrema goffaggine), si amano almeno due donne per volta, si sperpera in continuità e non si costruisce mai nulla (a qualunque piano ci si voglia riferire). 'Questo - paiono sostenere molti film recenti - è il vero mondo, l'autentico modo di vivere la propria vita. I problemi sono quelli della noia, della corruzione (al misticismo) e del successo (quando manca o non si completa con sacrosanta indifferenza): e non sono i problemi di una e élite~. bensl di tutti voi, poiché oggi non si può concepire un modo di esistenza diverso da quello che noi vi prospettiamo. Se non ci siete ancora arrivati, adeguatevi: ma in fretta, ché oggi tutto cammina sul piano della corsa a chi giunge prima, e un ritardo di qualche giorno o di qualche bi14glietto da diecimila vi può costare la reputazione. Che tu sia operaio, o rappresentante di commercio, o impiegato, o maestro elementare, o intellettuale, o grande industriale, altro non esiste; tutto si conclude in un piccolo quadrilatero che vede ai propri estremi la corsa al denaro, al sesso, al divertimento, alla truffa. Lo schermo, o chi per esso - i vasti interessi che si annidano attraverso i vari, misteriosi e infiniti finanziamenti dell'attività produttiva cinematografica, - tende insomma a persuaderci che una sola accomodante prospettiva ci possa venir offerta nei nostri rapporti con la collettività: l'ingannare per non essere ingannati, il sorpassare per non essere sorpassati, il disprezzare per non essere disprezzati. E il male risiede proprio non nell'illustrarci vizi ed errori e nel lasciare al nostro libero arbitrio la possibilità di una scelta, di un accoglimento o di una ripulsa; bensì nell'aver inventato, ricoperto di una patina attraente e illusoria e presentato con larghezza di mezzi e di suggestioni quel mondo fittizio cui si accennava: per convincerci che esso costituisca l'unica alternativa, che soltanto a esso si possa ricorrere nella ricerca di un modello di vita, e che - ormai i bombardamenti sono finiti - arance e altre sostanze galleggianti non possano che identificarsi nello stesso flusso maleodorante. Lorenzo Pellizzari
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