di cattivo gusto se inserito nell'ambiente di un « normale> funerale, mentre l'ambientazione, che so io, in un parco avrebbe risolto questa frattura. Ho capito poi che per questa strada - a parte il fastidioso ma significativo richiamo all'abitudine dei fotografi di riviste di moda femminile di far posare le loro modelle in ambienti non « in fase> con il loro abito - mi avviavo a devirilizzare quanto di «agro> le pantomime contengono, perchè la lacerazione e la tensione surreale era stata già operata nel tessuto dell'azione e una successiva tensione con l'ambiente, come due cariche di egual segno si annullano, avrebbe reso nulla quella prima e più importante lacerazione, confinando il tutto in un anodino mondo un po' strano, e che quindi non ci riguarda da vicino, come 11decorativo e metastorico limbo di un Marienbad divertente. L'ambientazione precisa e realistica dovrebbe invece potenziare le rotture surreali dell'azione, più di quanto non facesse la scenografia astratta teatrale, che forniva loro solo un pur efficacissimo spazio scenico. Certo alcune gags puramente divertite cadranno e altre vi si sostituiranno, sorte dallo stesso contatto col nuovo ambiente. La marcia funebre di Anatomia di un funerale, che in teatro è in sottofondo all'azione e che diventa sempre più veloce man mano che il corteo smette la sua aria compunta, per raggiungere infine toni addirittura frivoli, potrà essere sostituita efficacemente in cinema da un giradischi transistor portatile, che l'efficientissimo e organizzatissimo impresario ha con sè e nel quale inserisce una marcia funebre, poi sopraffatta, con effetto immediato sulla psicologia dei partecipanti, dai vari juke-box e radio incontrati per strada. E' un esempio che spero chiarirà la nuova dimensione che le pantomime dovrebbero assumere in cinema, dimensione che riconduce a contatto con la loro occasione reale 41 ispirazione quelle esasperazioni surreali con cui Frondini evidenzia gli innumerevoli inavvertiti esempi di assurdo della vita quotidiana, e che dovrebbe potenziare la loro chiara fruizione, al di là degli schermi distorcenti che la inevitabile stilizzazione astratta teatrale opera, almeno su certi livelli di pubblico. Tutti gli altri problemi cui accennavo nell'altro articolo si risolvono, con relativa semplicità, alla luce di questa impostazione fondamentale. A questo punto si potrà obbiettare: che cosa rimane dello spettacolo originale? Se mutamenti tanto profondi erano necessari a che pro' tentare la difficile operazione? Non valeva meglio importare un'opera del tutto originale? Risponderò: ne resta e parecchio. Restano appunto quegli elementi essenziali di capacità di sintesi satirica dello stile di Frondini, potenziati addirittura forse nel nuovo mezzo; resta, oltre al suo altissimo livello di interprete individuale, la sua capacità di creare una serie compatta di personaggi, estraendo il meglio anche dagli altri mimi. E resta soprattutto la perfetta idoneità della pantomima ad esprimere satiricamente un mondo in cui sempre meno si fa uso della parola, sempre più annegato com'è nell'orgia di rumori suoni e colori, a cogliere il ritmo progressivamente accelerato del suo cieco iperattivismo. Sergio Rngoi Già nell'ultima parte del suo precedente articolo (Attualità della pantomima) il nostro collaboratore Sergio Ragni aveva prospettato i problemi da lui affrontati nel tentativo di operare una riduzione cinematografica dello spettacolo di pantomime, Tirando a morire, approntato dal Cut perugino. Gli abbiamo perciò chiesto di svilupparli in un ulteriore articolo, proprio perché convinti della loro attualitll In un clima in cui la discussione sugli « specifici » è spesso veramente « bizantineggiante ». -9
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