giovane critica - n. 1-2 - dic.-gen. 1963/64

Commissione d'inchiesta mirante ad accertare l'entità del banditismo e la sua connotazione politica: e ancora ieri, all'Assemblea Regionale Siciliana, il deputato dc Dino Canzoneri prendeva pubblicamente le difese di Luciano Liggio (il leader della « giovane ma!ia •• al quale sono attribuiti qualcosa come 153 assassinii, fra cui quello di Placido Rizzotto) definendolo un « perseguitato dai comunisti ». Che, oltretutto, è un indecente oltraggio alla memoria dei dirigenti cattolici che, animati do una volontà di rinnovamento politico e morale, caddero sollo il piombo della mafia. « La storia politica e anche umana di molti giovani dirigenti cattolici in Sicilie, chiamati ad agire in un partito a servizio della peggiore destra economica,. e quindi nell'impossibilità di liberarsi della ma!ia, meriterebbe un profondo studio • (Michele Pantaleone, op. cir. ). cupazione - confessa Rosi - è stata sempre questa, sin dall'inizio della sceneggiatura ». Quest'avvio condiziona, ovviamente, la scelta dei mezzi espressivi, il ritmo del racconto. Si trattava di bruciare il dato naturalistico, di imprimergli forza e qualità espressiva, di elevarlo di rango ravvivando e facendo lievitare la materia documentaristica in un continuo interscambio di verità storica e di fervore poetico, e di travaso dell'una nell'altro, bandendo ogni dispersione bozzettistica e qualsiasi compiacenza folkloristica. Rosi dà così vita a un 'tempo' cinematografico divers•l da quello reale, scardinando e frantumando la successione cronologica dei fatti e ricomponendoli in una nuova misura artisticamente unitaria. frutto della compattezza acre del giudizio che riconnette i vari schizzi e brandelli. Proprio nel film di Rosi l'energia del contenuto impregna di sè e determina la forma come, parallelamente, la congruenza della forma rivela e arricchisce il contenuto ( il contenuto effettivamente espresso e non il contenuto astratto come argomento, canovaccio); e sono distinzioni di comodo ché l'uno cresce e si realizza dialetticamente compenetrato nell'altra. Tutto contri.buisce a questo intento centrale; tutto viene intonato a questa foga ostinata nel prestar ascolto, nell'intendere e spiegare le pulsazioni drammatiche della terra e degli uomini siciliani di cui la 'camera' irrequieta capta le risonanze recondite e le qualità intime in quei volti antichi, in quel paesaggio indocile. Si veda, come prima riprova, la resa veramente eccezionale degli attori, quasi tutti presi dalla strada ma fra i quali non mancano i professionisti: lo splendido Frank Wolf (Pisciotta) ad esempio, che, attraverso un noviziato costituito da un mese di permanenza in Sicilia, si è impadronito a perfezione degli ingranaggi del personaggio pervenendo a un 'aderenza anche fisica ad esso ( i gesti, il portamento dinoccolato, l'espressione spavalda). E si pensi al gusto misuratissimo dell'episodio dell'assalto alla caserma dei carabinieri in paese, con quell'atmosfera di morte che lo pervade, accentuata dal suono del marranzano; al brano dell'arrivo delle donne di Giuliano - introdotte mediante un efficacissimo 'stacco' brusco e istantaneo - al cimitero: tutte ingabbiate nel nero del lutto e della disperazione. così barocca ma così veridica; all'asciutta evidenza della figura del « pastorello " ( merito anche della recitazione così calzante dell'interprete) chiamato a sparare sui comunisti per mille lire: « Perchè? », chiede, « 'Un lu sacciu "• gli risponde un compagno; alla scabra, quasi pudica sequenza della sparatoria sui contadini riuniti a Portella della Ginestra con quei banditi opportunamente invisibili e poi quelle immagini disadorne di morte e distruzione, quelle bandiere sfracellate e prone al suolo. Si veda poi la sequenza così convulsa e significativa. anche se organizzata un po' geometricamente, della retata a Montelepre, durante la quale Rosi sgrana tutta una serie di annotazioni e di agganci: l'arroganza e l'incomprensione dei soldati ( « lo non discuto ordini superiori " risponde un ufficiale al brigadiere locale che gli sottolineava l'inutilità di quella operazione: « Ma l'arresti nun sciogghinu li gruppa / si fa n'abbusu e 'un si cummina nenti. "• dice Buttitta); lo squallore materiale di Montelepre - quei letti affollati in una stanza, quei malati - e iJ disagio morale dei suoi abitanti: « Maresciallo, quante volte dobbiamo pagare la colpa di essere nati a Montelepre? ». La colpa di essere nati a Montelepre, o a Partinico, o a Borgeto - o a Orgòsolo o nel III e IV Granili visitati a suo tempo dalla - 91

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==