giovane critica - n. 1-2 - dic.-gen. 1963/64

• FRA:'\"CESCO Ro 1, La mia esperienza neorealistica. in Filmcritica o. 116, 1962. s A conferma di come gli intCressi degli agrari ~iano stati alla radice di ogni conato separatista si può leggere questo passo di A. Gramsci: « Crispi. .. ha creato quel fanatismo unitario che ha dclcrminato una permanente atmosfera di sospetto contro tutto ciò che può arieggiare a separatismo. Ciò però non ha impedito (e si comprende) che, nel 1920, i latifondisti siciliani si riunissero a Palermo e pronunziassero un vero ultimatum coolro il governo di ~Roma·. minacciando la separazione, come non ha impedito che parecchi di questi latifondisti abbiano continuato a mantenere la cittadinanza spagnola e abbiano fatto intervenire diplomaticamente il governo di Madrid (caso del duca di Bivona nel 1919) per la tutela dei loro interessi minacciati dalJ'agitaz.ione dei contadini ex combattenti » (Il risorgimento, Einaudi. 1954, pag. 77). s crive al riguardo Michele Pantaleone: << Con la strage di Portella delle Ginestre si voleva gella• re il terrore fra Je masse contadine; si volevano creare confusione e disordine neWopinione pubblica; si volevano provocare, con lo sgomento per la sua efferatezza. sbandaaienti politici; si voleva - in ogni caso - creare disorientamento nell'opinione pubblica nazionale e anche internazionale, al preciso scopo di dimostrare l"isolamento del movimento contadino e deUe forze politiche che lo componevano, non• ché l'odio che esso movimento generava » (Afa/ia e politica. coo una prefazione di Carlo Levi, Einaudi, 1962. pag. 130). ' Basti leggere il diba1tito svoltosi in Senato il 22 e il 23 giugno 1949 [ riportato in: Tullio Kezieh (a cura di), Salvatore Giu/ùmo, Edizioni FM, s. d .. pp. 77-124] e conclusosi col rifiuto del Governo - presieduto da De Gnsperi - di istituire unn 90 - tica « meridionalista », Rosi condivide certo illuminismo, nel senso di un esercizio appassionato e illuminante della ragione accesa da alcune tra le questioni più annose e dibattute del nostro tempo, esercizio che, nei termini e sul piano dell'arte, ha contraddistinto il cammino di questo generoso e versatile regista da La s/ida al recente, discusso e discutibile, Le ,nani sulla città. Il film di Rosi innanzitutto non è un film su Salvatore Giuliano, legato a un personaggio e « quindi, ad una storia che inizi che finisca e che si sviluppi attraverso i fatti personali di questo personaggio », ,e all'americana » insomma, cioè secondo le convenzioni drammatiche consuete a certi film americani sul gangste• rismo. Viceversa alla base dell'opera c'è proprio un rifiuto del ,e personaggio » Giuliano - confinato alla periferia del racconto visivo: da vivo lo si vede solo raramente, inguainato di bianco, in 'campo lungo' -, una smitizzazione cli esso, un ridurlo alla sua dimensione reale nel gran subbuglio di fatti di passioni di idee di cui fu teatro la Sicilia negli anni posteriori alla guerra. La cronaca sanguinosa e arroventata di quegli anni, il gioco di forze e il cozzo degli interessi, le responsabilità e le connivenze politiche, le reazioni ambientali e i toni ambigui di un paesaggio umano e naturale complesso e ambivalente ( cc Da una parte - ne dice Rosi - c'è un'ingenuità meravigliosa, che è un istinto formidabile, un attaccamento a delle ragioni vere, che sono ragioni di dolore e di sofferenze secolari, da). l'altra c'è una corruzione che io non ho mai visto, in maniera così evidente, in altre regioni d'Italia »), cupamente scandita dalla musica rabbiosa dei mitra, che compaiono repentini in un angolo del 'quadro' a compiere la loro opera di distruzione; tutto ciò costituisce l'abbrivo tematico del film: si trattava di fare, infatti, « un film che si esprima attraverso una drammatica narrazione di un ambiente, di un periodo, di un clima politico approfondendo la conoscenza di una terra, di una regione » •. Cosa volevano veramente i separatisti nella Sicilia stravolta del dopoguerra? chi comandava e proteggeva Giuliano? e perchè sparò sui comunisti? e come aveva potuto instaurare human relations con alcuni ufficiali di polizia? e da chi fu ucciso? In un unico imbuto, quello separatista, coesistevano forze e aspirazioni disparate, vaghi umori autonomisti, i sodi interessi degli agrari•, le preoccupazioni degli americani intesi a istallare ovunque le trincee della conservazione e ad avvalersi a tal uopo, senza scrupoli, dei ,e mafiosi » che, rimasti in disparte durante il fascismo, vennero cc incoronati » dai primi yankee sbarcati sull'isola. Salvatore Giuliano e i suoi cc picciotti » furono gli utili e vistosi strumenti di quelle forze, nell'E.V.I.S., e dello schieramento conservatore poi ( e dei partiti politici che lo rappresentavano) ai tempi del Blocco Popolare e di Portella della Ginestra '. Questo, sembra dire Rosi, è ciò che di importante e cli significativo sta dietro quel morto in sandali e maglietta disteso in uno squallido e assolato cortile di Castelvetrano. e< Di sicuro c'è solo che è morto ». Ma la morte di Giuliano non spegne il banditismo, non ne esaurisce le protuberanze cancerose a differenza di quanto credeva chi, non certo disinteressatamente, ne faceva un « problema tecnico di polizia » '. « La storia è un punto di partenza, ma l'importante era di superare la storia e non rimanere legati alla cronaca per non correre il rischio cli rappresentare le cose in maniera del tutto didascalica e schematica e, quindi, arida. La mia preoc-

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