giovane critica - n. 1-2 - dic.-gen. 1963/64

Sicilia '43 - '60 1 LEONARDO Sc1Ascu, Le parrocchie di Regalpetra, Lat~na, 1963, pag. 125. 2 IGNAZIO BUTJTl'TA, La vera storia di Salvatore Giuliano ( con una « introduzione polemico • di Leonardo Sciascia), Avanti I, 1963. 1 Regia: Francesco Rosi; sceneggiatura: F. Rosi, Su.o Cecchi d'Amico, Enzo Proven:ale, Fran• co So/ina.,; fotografia: Gianni di Venanio; ambienti: Sergio Canevari e Carlo Egidi; musica : Piero Piccioni; montaggio: Mario Serandrei; interpreti: Salvo Rondone, Frank Wolf; produzione: Franco Cristaldi per la LuJ:-Vidu-Gala,e;. (Italia), 1961; distribu• zione: Lu%. poste e non scaturite da una esigenza 'interna' al film, non parte organica del film ma frutto di una imposizione del regista. In conclusione ci sembra di poter dire che il film è molto bello ( e non abbiamo il timore di apparire ampollosi usando questo termine), e non perchè è un bel documentario, ma perchè in esso sono racchiuse tante delle nostre speranze e delle nostre certezze con un vigore di linguaggio e una incisività che tanti « nostri » registi, per i quali non si parla di 'adesione sentimentale' a certi temi, non ci hanno mai dato. Vittorio Campione E' d.ifficile, come ci narra Sciascia in uno dei più commossi capitoli de Le parrocchie di Regalpetra, far lezione a dei bambini sui cui volti stanno le impronte pesanti della miseria, parlar loro di poesia o di altro. « Leggo loro una poesia, cerco in me le parole più chiare, ma basta che veramente li guardi, che veramente li veda come sono, nitidamente lontani come in fondo a un binocolo rovesciato, in fondo alla loro realtà di miseria e rancore, lontani con i loro arruffati pensieri, i piccoli desideri di irraggiungibili cose, e mi si rompe dentro l'eco luminosa della poesia ... E sento indicibile disagio e pena a stare di fronte a loro col mio decente vestito, la mia carta stampata, le mie armoniose giornate >>. Cosa può significare per quei ragazzi che non conoscono che botte e fame e le aspre necessità e le piccole astuzie del viver quotidiano la scuola? che cos'altro se non la possibilità di apporre la propria firma facendo a meno della croce? « I più evoluti sanno soltanto questo: che la scuola dà un pezzo di carta, e con quel pezzo di carta si può fare il carabiniere. I ragazzi prima ci stavano a sognare di fare il carabiniere, quando io andavo alle elementari tutti dicevamo di voler fare, da grandi, il carabiniere; ora credono che forse sia meglio stare dalla parte dei ladri, vivono nella leggenda di Giuliano, se l'hanno preso è stato col tradimento, dicono. Se dal circolo vedo in fondo alla piazzetta il telone del cantastorie, e certo canta di Giuliano e del tradimento di Pisciotta, posso esser certo che dopo dieci minuti gli si fa intorno al completo tutta la mia classe: potrei chiamare l'appello e non ne mancherebbe uno - cosa che a scuola raramente mi capita. Fin quando il cantastorie smonta, se ne stanno a sentire a bocca aperta. dal loro braccio pende la sporta della spesa o hanno tra le gambe la brocca dell'acqua » 1 • Come in quei bambini di cui ci parla Sciascia, altrove e diffusamente, in Sicilia, è vivo e presente il mito di Giuliano, del ribelle che si dice aiutasse i poveri e nel quale essi vedono incarnato lo sfogo di un rancore vecchio di secoli, la protesta contro un consorzio civile dai cui meccanismi vitali sono istituzionalmente « banditi ». « Cu dici ca fu un latru, un criminali; / cu dici un picciuttazzu curaggiusu; / cu dici ca fu n'aquila riali / e cu un curvazzu cu lu cori chiusu, / cu )u chiama briganti ed assassinu / e cu cchiù bonu di pani e di vinu. >> ne dice Buttitta, il cui « canto » 2 concede non poco alla mitologia e alle credenze popolari. Il riferimento a Sciascia, posto in testa a questo scritto su Salvatore Giuliano ', non è casuale; di Sciascia, i] più interessante e moderno autore di origine e tema- - 89

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