• Scrive BaldeUi: « Con i Crati di Pai.sà, Rossel• lini e Fellini volevano rappresentare una specie di oasi sulla soglia della quale si arresla il rumore del mondo... li regista intendeva esprimere la commo1.iooe per questa specie di miracolo e per la sco• perla di questo eccentrico lembo cli realtà ... ad essi [i fratj) la parola 'ebreo' suona ancora carica delle maledi:z.ioni delJ1antica diaspora: tuttavia riscattavano la loro condizione non con l'odio ma con la fiducia e la preghiera (quesla era l'inlenzione del regista, ma sullo schermo la resa appare piuttosto confusa)•· Pro BALDELLIS, ociologi.a del cinema, Ed;. tori Riuoili, I 963, pp. 163-4. 6 Lu1c1 CHIARINI, Panorama del cinema contemporaneo, Edjzioni di Bianco e Nero, 1958, pp. 61-61. 88 - Cioè, nel caso specifico, è indispensabile fare un riicrimento immediato alla realtà da cui e in cui il film nasce; la realtà di una guerra disastrosa e di una Resistenza vittoriosa, realtà che spinge Rossellini ad opere come Roma città aperta e Paisà che, profondamente diverse nella trattazione e nelle prospettive che aprono, trovano la loro unità nella scottante attualità del motivo ispiratore e nel conseguente 'entusiasmo' che informa la trattazione; dove questo entusiasmo è appunto il dato unificante almeno nella misura in cui si tratta di un elemento genuino e non mediato attraverso motivi intellettualistici e di creazione artificiosa di situazioni e di ambienti ( come ad esempio nel caso dell'episodio del convento)'; entusiasmo non demagogico o piazzaiolo che è presente nelle scene della liberazione di Roma come nella pacata interpretazione della natura dell'episodio padano, nella tensione dell'episodio fiorentino come nei tonfi dei corpi nel Po del finale. La tensione del momento, rivoluzionario almeno nelle apparenze, non poteva non essere parte determinante del film e guida del regista, sia negli episodi meno felici ( dicevamo di quello del convento, aggiungiamo qui quello romano) sia in quelli più compiuti e più vivi. Indubbiamente nel Rossellini di Paisà ( come in quello di Ro,na città aperta, del resto) non vi è matura adesione ai temi e alle questioni della Resistenza e della cultura che essa produsse durante e dopo ( oltre che prima) la lotta armata, non vi è partecipazione al dibattito allora in corso nella critica e nella cultura 'di sinistra', però accusarlo di questo, fare il discorso sui suoi film partendo dalla selezione dei motivi genuinamente 'impegnati' e, verificata la loro assenza, dedurre che queste opere sono manchevoli significherebbe non fare lavoro serio e malintendere quali devono essere i compiti di una critica impegnata ( e questa volta senza virgolette). Il discorso da fare è un altro, come scriveva Chiarini qualche anno fa: « Non è senza significato che l'opera di Rossellini sia collegata ad un periodo eccezionale della nostra storia ... il nuovo stile di Paisà non nasce da un gusto e un'esigenza formale e tecnica, ma da una esigenza di contenuto: il bisogno di rappre• sentare nella maniera più 'documentaria' possibile una realtà che già di per se stessa era carica di significato » •. Questa esigenza di contenuto che spinge il regista ad adottare un linguaggio profondamente nuovo e rivoluzionario che Chiarini paragona a quello del Potiomkin di Eisenstein è appunto la causa, il motivo primo, la ragione del film; il resto, la necessità di trovare nuove forme di espressione ( il linguaggio rivoluzionario di cui parla Chiarini), l'apparente frammentarietà che è in realtà unità di situazioni e di motivi reali e ideali, la scelta degli attori non professionisti sono effetti; effetti che non hanno una ragion d'essere autonoma e non possono essere compresi e giustificati se non viene loro premessa quella causa profonda e determinante che è stata definita bisogno di rappresentare una realtà carica di significati. Così come sono effetti le sfasature del film, effetti di quella mediazione intellettualistica ( e non intellettuale) di cui dicevamo prima che porta come conseguenze immediate la dispersione nella ricerca del particolare, le leziosità, le prediche che sono fuori posto non in quanto tali ma in quanto palesemente sovrap-
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