giovane critica - n. 1-2 - dic.-gen. 1963/64

La stampo dei quotidiani. dei rotocalchi, delle riviste e delle <«collane» sov,veoziooate. 6Linee organizzative e critiche della pubblicistica cinematografica Se consideriamo tutta la pubblicistica cinematografica nel suo complesso, dal servizio reclamistico contornato da attricette spogliate, al saggio ponderoso con ambizioni al premio Viareggio, salta subito agli occhi la prepoodera~a schiacciante di un tipo di stampa condizionato, vorremmo dire foraggiato, dalrindustria cinematografica. La constatazione è ovvia, e tuttavia merita di essere meditata a fondo, rifacendoci ad alcuni punti di quello stupendo saggio che è Cinéma et monopoles di Heori Mercilloo. Sappiamo cioè che il cinema, invece di adallare l'offerta ai bisogni della domanda, « mobilita soprallulto la propria energia nel senso d'adattaziooe della domanda ad una offerta preesistente », e per far questo deve per esempio fornire io anticipo agli spettatori una discreta conoscenza dei films prossimi ad apparire sul mercato. La pubblicistica cinematografica sarà sempre, perciò, uno dei migliori mezzi per arrivare ad un adattamento della domanda. Chiedersi quali siano io prevalenza le linee organizzative della stampa sul film vuol dire allora chiedersi, nè più, oè meno, quali siano gli indirizzi pubblicitari degli uifici stampa delle maggiori case cinematografiche. Mi riferisco a circa l'ollaota per cento de!Ja carta stampala dedicata al cinema io Italia; mi riferisco ai quotidiani, ai rotocalchi, a certe riviste specializzate, a certe collane di libri cinematografici, persino a!Je rubriche radiotelevisive. Questi indirizzi si sono molto modificati negli ultimi dieci anni, da quando cioè il cinema italiano, que!Jo industrialmente più qualifcato, sta cercando di mellersi su un piano hollywoodiano, non solo io senso produttivo, ma addirittura in senso psicologico. Siamo al punto cioè che anche gli autori più indipendenti, quando cominciano una sceneggiatura non possono fare a meno di vederla subito sotto un profilo internazionale. Pontecorvo non gira Paras finchè non avrà Paul Newmao; Visconti ha abilmente truccato Lancaster da nobile siciliano mentre pensa a Marlon Brando per Lo straniero; Rosi ha caratterizzato con Rod Steiger un farabutto italiano, e così di seguito. C'è l'ambizione di rivolgersi, come ha sempre fatto il cinema americano alle platee di tutto il mondo attraverso lo star-system, col rischio di dedicarsi alla distrazione evasiva « d'una immensa piccola borghesia »

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