giovane critica - n. 1-2 - dic.-gen. 1963/64

' Cfr. R. BATTAGLIA, Memorie partigiane, nel « Contemporaneo », Roma, a. m n. 4, 28 gennaio 1956. • P1ETRO BIANCHI e FRANCO BERUTII, Storia del cinema, Milano, 1957, p_ 105 sgg.; P. BIANC>n, L'occhio del cinema, Milano, 1957, pp. 9-16. • PIERO GADDA-CoNTI, Equivoci e polemiche sul neorealismo nel cinema, nella « Nuova Antologia », Roma, rase. 1857, sett. 1955. 56 - appaiono però lo stesso immediatamente. Ciò che si verifica qui come primo risultato è lo slittamento di questo tipo di storiografia verso la conversione di problemi storici concreti, determinati, in categorie della massima astrattezza; molte delle principali questioni di contenuto vengono ricacciate in secondo piano, o completamente eluse: cosi, a esempio, le questioni che interessano la genesi del neorealismo in generale, le sue ascendenze, i suoi fondamenti; e la parentela che corre tra fondamenti e realizzazioni; e i nessi mediani di trapasso; e infine la relazione in cui questi nessi stanno con la svolta complessiva impressa dalla Resistenza al corso della storia italiana. In luogo dell'indagine su questo irto complesso di questioni viene qui genericamente presupposta un'interpretazione della Resistenza - nata anch'essa sul terreno della storiografia idealistica - come slancio e raccordo di forze 'spontanee', ossia come « movimento popolare che germoglia per suo conto dal deserto del ventennio': interpretazione la quale descrive il fenomeno piuttosto che spiegarlo, e a ogni modo non spiega assolutamente l'incidenza di esso sulla nascita della forma artistica del neorealismo. D'altra parte l'intervento dei principi accolti nella teoria storiografica della «spontaneità» assume in Gromo e in altri idealisti una forma indiretta, travestita. A Gromo non preme certo di asserire la validità oggettiva di questi principi come tali, il grado più o meno pronunciato in cui essi condizionano la fisionomia generale del neorealismo. La teoria della «spontaneità>, invece, è già tutta implicita nelle sue esaminate premesse di metodo: è già implicita, cioè, nella pretesa di far ricadere completamente il peso del rinnovamento del cinema italiano sugli accorgimenti e le naturali doti creative dei singoli artisti, isolati dal contesto dell'intero movimento della Resistenza e quindi dalle mediazioni dello sviluppo storicosociale. Un consimile travestimento del concetto di «spontaneità> in termini puramente astratti, speculativi, si ritrova ancora in Berutti e Bianchi•, i quali pure negano ogni aggancio culturale, ogni identità di terreno alle diverse espressioni del neorealismo, e di un'opera come Roma città aperta fanno « un prodigio forse vagamente atteso ma comunque nell'ordine dei miracoli>; e in Piero Gadda-Conti •, che con la metodologia idealistica si allinea almeno nel senso di ridurre la classificazione di scuole e tendenze alla funzione di « un mero espediente verbale>, di un « accorgimento didascalico>, di contro « alle monografie sui singoli autori e all'esame critico delle singole opere>, che sarebbero invece i soli corretti e consentiti. Per vero Gadda-Conti, nel desiderio di scongiurare « l'aridità

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