giovane critica - n. 1-2 - dic.-gen. 1963/64

ceti proletari prima oppressi e miserabili, poi protagonisti di una generosa battaglia rivoluzionaria soffocata con il tradimento e la strage. In alcuni film del decennio 1930-1940 presentati per la prima rnlta in Italia od opportunamente riproposti nel corso della retrospettiva veneziana, I sintomi di involuzione e di regresso sono già evidenti. Non vogliamo alludere solo al peso delle parole d'ordine e degli appelli ufficiali, alle prime apparizioni di una monumentalità fredda e artificiosa, all'appesantirsi delle istanze didascaliche e dèlle amplificazioni retoriche. Ci interessa, in particolare, soffermarci sulla funzione che viene ad assumere, in molti di quel film, una figura chiave, quella del dirigente di partito, sia esso commissario politico di fabbrica o delegato comunista nella banda partigiana. Questo personaggio entra quasi sempre in conflitto con le generose Intemperanze degli altri, meno preoccupati di salvaguardare, nella loro azione rivoluzionaria, le ragioni e necessità di un quadro strategico più generale, siano essi i soldati di Ciapaev o i marinai di Kronstadt. La comparsa di questo personaggio e positivo> non va intesa soltanto come il risultato di una pressione burocratica, dall'alto, sugli sviluppi creativi del cinema sovietico. E' evidente, infatti, che Il conflitto fra spontaneità e organizzazione, azione rivoluzionaria dal basso e direzione ideologico-politica, che viene adombrato nella presenza di quel personaggio e negli urti che provoca a contatto degli altri, aveva e ha tuttora radici e motivazioni profonde nei problemi e nelle alternative del Paese. Il personaggio, non certo inedito nel cinema sovietico degli anni d'oro, acquista non a caso un peso e un rilievo decisivo in una difficile epoca di consolidamento dei valori e delle prospettive della rivoluzione, contro le tendenze e le resistenze disgregatrici interne e l'accerchiamento capitalistico esterno. Il cinema, che era stato un momento della rivoluzione, si pone il compito di farsi strumento di educazione delle coscienze, mezzo di e propaganda > e di sostegno di quel difficile processo di edificazione. Naturalmente non tutto il cinema sovietico di quegli anni riflette questo trapasso In modo passivo e meccanico. Personalmente non cl sentiremmo proprio di sostenere a cuor legglero che Ciapaev e Noi di Kronstadt siano due film e stalinisti>, perchè qui Il pericolo dell'Iconografia leggendaria del e capo> e della mistificazione apologetica, certo già avvertibile, è ancora corretto da una robustezza e passione di racconto, da una calda partecipazione alle lotte delle masse e del dirigenti che da esse sorgono e si formano attraverso la lezione della sconfitta e della esperienza collet50 -

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