giovane critica - n. 1-2 - dic.-gen. 1963/64

Intorno alla madre, ancora dimessa e schiva in apparenza ma internamente modificata, parte attiva di una realtà in movimento, il disgelo della natura non è un commento lirico, ma la commossa descrizione di un giorno nuovo, di una nuova stagione del mondo. Cosi come un vecchio film di Kalatozov del 1930, Il sale della Svanezia, pressochè sconosciuto in Italia, contribuisce a suo modo a rinfocolare le discussioni. Perchè nelle immagini aspre e prive di ogni compiacenza folkloristica di quel film, nella impietosa descrizione dell'arretratezza feudale e dell'allucinante miseria di una regione del Caucaso, noi ritroviamo una forza d'urto e una lucidità razionale che il Kalatozov di trent'anni dopo, quello estetizzante di Quando volano le cicogne, può solo farci rimpiangere. Il sale della Svanezia è, infatti, uno splendido esempio di e cinemaverità > in cui la descrizione non è mai fine a sé stessa, insidiata dal pericolo del livellamento di ciò che è essenziale e di ciò che è occasionale, ma Innervata e irrobustita da una viva coscienza del conflitto fra vecchio e nuovo, fra le sopravvivenze del passato e le istanze di rinnovamento e di trasformazione del presente. E' la forza del discorso, l'eloquenza della denuncia ·a indurre lo spettatore al giudizio e alla scelta, senza bisogno di amplificazioni e forzature didascaliche, anche se nel finale Kalatozov non sa sottrarvisi del tutto. E' anche il tema del Dovzhenko di Zvenigora, sorta di poema cinematografico sull'Ucraina in cui passato e presente, leggenda e storia, favola e documento si intrecciano e compenetrano in un discorso lirico non sempre unitario e raggiunto, ma lontanissimo dal sospetto dell'estetismo per la forza di persuasione con cui il regista de La terra avverte e comunica questa pressione del nuovo, di un umanesimo trionfante sulle superstizioni e sulle tradizioni conservatrici, attraverso il succedersi delle epoche, per giungere alla commossa celebrazione di una ritrovata unità fra la natura e l'uomo, liberati dal peso della soggezione e dello sfruttamento. Meno resistenti alla prova del tempo, ma non prive di un notevole interesse storico-culturale, alcune opere apparse alla vigilia del sonoro. Alludiamo, anzitutto, a Nuova Babilonia, in cui Kozintsòv e Trauberg falliscono nell'obbiettivo ambizioso di ricreare un composito affresco della guerra franco-prussiana del 1870 e dell'esperienza della Comune, ma rivelano un gusto, talora assai vivo e graffiante, della deformazione figurativa a fini critici e un acuto impiego ideologico del montaggio nella contrapposizione estremistica di una classe dirigente autoritaria e corrotta e dei - 49

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