48 - della contraddizione di fondo della società capitalistica: l'inconciliabilità fra le istanze di liberazione delle energie più autentiche dell'uomo e la logica dello sfruttamento capitalistico, e indica nell'unità di classe il fondamento e la condizione del potere operaio. Ma la tesi ideologica, l'argomentazione inflessibile del discorso è qui la nervatura interna, il sentimento e la ragione, la forza portante delle immagini e delle sequenze: niente di sovrapposto, di esterno, di stridente. Abbondano già le analogie geniali, le metafore beffarde, le sintesi folgoranti, ma tutta questa straripante genialità inventiva è governata in modo ferreo dalla coscienza razionale di chi guarda e valuta, dal punto di vista di quella classe di cui rappresenta la tragedia. Si pensi ai ritratti dei padroni, della varia genia dei provocatori e delle spie, in cui la didascalia e l'invettiva prendono corpo in una presenza fisica deformata con tagliente sarcasmo, o al famosissimo finale, allo scatenarsi della bestialità di classe della cavalleria contro gli operai e le loro famiglie, al montaggio parallelo della strage operaia e del mattatoio, dove l'immagine si dilata veramente al limite delle sue più alte possibilità e diventa grido di protesta e di solidarietà, testimonianza e monito, tragedia e «propaganda». E' lo stesso discorso, condotto in altri modi e con altre motivazioni, del Pudovkin de La madre, opera di esemplare maturità, saggio isolato e bellissimo di cinema «brechtiano» avanti lettera. Qui il regista isola, in quella massa di cui Eisenstein aveva descritto la rivolta momentaneamente soffocata nel sangue, il ritratto di una donna, una delle tante che nel loro capire e soffrire, e nel modo della loro morte, aprirono la via al successo della rivoluzione. Anche qui la fabbrica, pur non essendo in primo piano, costituisce il nodo e la radice del dramma familiare. Di fronte alla esplosione del conflitto fra gli operai e i padroni, la prima scelta della madre sarà, infatti, l'illusione di poter sopravvivere fuori e contro il contesto di classe al quale ella appartiene. Ecco perché la sequenza decisiva, nella dialettica interna al personaggio, è quella del processo: quei giudici rigidi e freddi, quell'aula spoglia e grigia, quei borghesi ironici e fatui, quegli stemmi e feticci appesi ai muri non sono gli esecutori, i testimoni e i simboli della giustizia, ma costituiscono l'apparato istituzionale di cui la classe dominante si avvale per ribadire lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. In questa scoperta è il centro della crisi e della scelta della madre, lo scatto dialettico che la conduce da una istintiva immediatezza umana a una più matura e sofferta coscienza di sè e del proprio peso nel mondo.
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