32 - caienza di giudizio storico. La disarticolazione dei moduli narrativi, le scomposizioni del tessuto lessicale, la sovrapposizione delle superfici di discorso, i diversi piani dei soggetti e delle persone che agiscono, parlano o pensano, l'audace montaggio delle sequenze e degli « a capo » diventano funzionali, necessari, se passano inavvertiti nel flusso delle immagini e dei pensieri. E non serve, di conseguenza, la pretesa di far coincidere senz'altro i contenuti nuovi solo con un particolare linguaggio paratattico. Le formule linguistiche si integrano o discordano, ma rimandano sempre ad altro: qualcosa che sta dietro gli stilemi e la morfologia, nel fondo. 6. - Pedagogia del dialogo tra il critico e gli spettatori. Quando il giudizio del critico diverge da quello dello spettatore, occorre che il critico dia allo spettatore il maggior numero di spiegazioni possibili, e ragioni con lui, evi,tando di ignorare il suo punto di vista. Ma la discussione amichevole serve a poco se non si compie qualche altro passo in avanti. Non si traila solo di prendere sul serio lo spettatore e di evitare di ignorarne il punto il vista, poichè si indugerebbe ancora sul piano di un incontro paternalistico, limitalo a spiegare gli errori altrui. Difatti, qui si parte dal presupposto che lo spettatore abbia comunque torto. E può darsi, ma potrebbe darsi il caso contrario oppure l'intreccio di torto e ragione: e quindi l'operazione da compiere, preliminare e necessaria in caso di pareri discordi, mi pare questa: il critico deve vedere se per caso il fa. vore della platea non colga nel segno, o fino a che punto il successo dipenda soltanto da motivi spurii. E allora compare il dialogo vero che porta all'arricchimento reciproco: il giudizio critico inteso come dialogo tra recensore e spettatore. Poichè, dunque, si dà il caso che lo spettatore abbia ragione, e torto il critico, oppure che entrambi siano irretiti da diversi pregiudizi, bisogna procedere oltre il paternalismo del metodo che, pur non rifiutando l'incontro, assume solo la funzione di illuminare. Naturalmente, anche qui resta sempre una parte di enunciazione. Ma la pedagogia del dialogo non schiaccia la preminenza del sapere e dell'esperienza dove ci sono, ché anzi maggiore è il rispetto quando sorge sul provato valore, e migliore l'assimilazione quando tutta la mente si è tesa all'indagine attiva, piuttosto che rimanere in una docile registrazione di conclusioni autorevolmente rivelate. Talora il critico cinematografico assume verso le opere non poetiche un contegno che oscilla tra la sufficienza e, di contro, l'indulgenza miope. Ma nei due casi: o che giudichi con la boria del dotto ignorando le ragioni positive dello spettatore, o che aduli lo spettatore per una malintesa indulgenza; il difetto sta sempre nel manico. In altre parole, egli si trascina dietro l'istruzione scolastica (l'aulico commercio con le opere cosidette « belle »).
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