giovane critica - n. 1-2 - dic.-gen. 1963/64

Bilancio della critica nei primi noni di queato dopoguerra. 22 - Mi sia consentito, per il confronto con la situazione odierna, di riportare un passo di un panorama della critica cinematografica che ebbi occasione di scrivere nel 1954 per la rivista Società ( n. 5): ccE' esigenza dei nostri tempi di sottrarre le figure poetiche al limbo delle pure idee platoniche per immergerle invece nella vita donde furono tratte, ristabilendo così i rapporti intercorrenti tra la storia e l'invenzione poetica. Le vie per tentare di precisare questi rapporti, le vie da seguire per storicizzare la poesia sono varie e complicate: dalla via delle ' poetiche ' a quella dei legami culturali e ideologici, dalla via psicologica a quella stilistica, dalla via storico-letteraria a quella storico-politica. In questa congiuntura del cinema italiano, la critica potrebbe acquistare un peso non secondario: occorre però che irrobustisca il metodo di indagine, che parli in modo molto chiaro, che si muova con concretezza, mirando a correggere gli errori ed a rettificare le manchevolezze. Il sospetto di superfluità sulla funzione della critica si fa invece ogni giorno più insistente. Nell'accreditare questo sospetto, il critico grossolanamente contenutista talora va di pari passo col critico che si tappa il naso ogni volta che intravede l'arte alle prese con la politica. L'uno e l'altro svolgono un lavoro che resta estraneo alla concretezza delle singole opere d'arte. Il secondo con una critica tutta segni marginali che può approvare o biasimare fotogramma per fotogramma il film, ma solo attraverso l'addizione di questi segni ottiene un giudizio generale; il primo con una critica che viene presa dalla paura del testo e si limita a discorsi che non riescono mai ad entrare nel merito, che girano attorno all'opera. L'uno e l'altro indugiano, a guardar bene, in recensioni di carattere impressionistico, con un tono di aggressività, che si esprime come rancore o come disgusto. Nell'esegesi dello pseudomarxista dogmatico appare sempre una ambiguità di impianto, una eccessiva semplificazione dei rapporti tra dato ( storico) e invenzione ( poetica): per es., lo pseudomarxista sostiene che Riso amaro, Miracolo a Milano, Il cappotto, Fabiola, Vivere in pace, La spiaggia, Non c'è pace tra gli ulivi, sono realistici perchè vi compaiono personaggi ' positivi ' o 'popolari '. Insomma, dalla ricostruzione storica trapassa al testo poetico attraverso un processo implicitamente deterministico; perciò resta l'impressione di due indagini più giustapposte che compenetrate perchè, mentre giustamente si condanna il punto di vista per il quale sembra che l'arte esista come sospesa nel vuoto, non si arri va però a capire che l'arte è qualche altra cosa, oltre che la rappresentazione ideologica delle forze di classe della società. Di solito la narrazione critica viene privata di certe indispensabili articolazioni: tra il film e il tessuto storico non si pone una gradualità di trapassi e di indicazioni intermedie. Il procedimento con cui, in questo caso, il critico organizza la sua materia è pressapoco questo: delineazione de1la fisionomia politico-ideologica di un periodo, sche-

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