18 - Catania, con una partecipazione notevole al dibattito sulla cultura contemporanea che non mi pare sia stata mai sottolineata oè riportata con un qualche articolello nelle nostre pubblicazioni ( eppure era segno notevole di speranza). In realtà la Federazione Italiana Circoli del Cinema tentò di costituire una rivista, per l'appunto Filrncritica, ma quando essa, per una serie gustosa di falli che un giorno si dovranno raccontare, rimase in esclusiva al suo direttore, l'esperienza fu evidentemente considerata infelice e non più ritentala. I circoli del cinema da allora andarono impoverendosi e non potevano permettersi il lusso di finanziare una rivista. Logico però sarebbe stato il contrario, e cioè che una rivista o un gruppo di riviste si mellessero a disposizione dei cineclub. Questa impotenza ad allargare completamente la propria dimensione culturale si riflette io alcune deficienze delle riviste stesse e nella complessiva pubblicistica libraria. Da tempo si può infatti constatare una vera e propria decadénza della saggistica cinematografica, a cui viene sostituendosi, nei periodici, la nota più o meno impegnata e interrogativa, gli << appunti » su questo o quel problema ( la cui approfondita disamina si rimanda a tempi migliori, o a peone più preparate), la recensione di ampio respiro, le lunghe interviste documentarie, e così via. Da tempo i volumi pubblicati in Italia sul cinema dalle case editrici più serie non solo non tengono conto di piani organici sulla materia, ma scarseggiano anche di un reale storicismo critico. Va bene avere nuove edizioni della Storia delle teoriche del film di Aristarco e del Cinema Italiano di Lizza o i, ma sarebbe assai triste che la nostra saggistica non andasse oltre queste prove pur fondamentali. Scorrendo i cataloghi delle varie case editrici cadono le braccia. Qua e là qualche pamphlet sulla libertà di espressione, la ristampa degli scritti di Barbaro, la riunione intelligente e finemente speculativa di alcune analisi del Chiarini e del Baldelli che già conoscevamo attraverso le riviste. Direi che siamo a un livello di pubblicazioni di occasione, non di lavori assolutamente nuovi e organici che lascino veramente un segno. I critici francesi saranno storicisticameote meno preparati, ma hanno una editoria senz'altro più fervida. Basta pensare ai saggi io volume dedicati in Francia ad Anlonioni, mentre io Italia non ve n'è nessuno. Anche la collana assai pregevole di Guaoda ha rallentato la sua attività, e beo poco si può dire dell'annunciata iniziativa di Caoesi, di cui è uscito per ora solo un libro un po' troppo appassionato sulla Garbo. Le edizioni governative dell'Ateneo hanno perso ormai da tempo la loro funzione formativa e zoppicando io traduzioni, in ristampe, in lavori d'archivio, o io pochi libri di autori cattolici che escludendo il caso clamoroso di Lacalamita, giungono nei casi migliori ad una compitazione diligente, di tipo scolastico tradizionale. Lo stesso indirizzo seguito del resto dalla rivista del Centro Sperimentale Bianco e
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