giovane critica - n. 1-2 - dic.-gen. 1963/64

14In realtà, sebbene raggiungano le edicole dei massimi centri italiani, anche per le sei riviste laiche parole come « tiratura limitata » e « cerchia rislretta » sono di prammatica. Per Bianco e nero e Cineforum il problema è senza peso perchè alle loro spalle stanno, rispettivamente, il Ceolro Sperimentale di Cinematografia e la Federazione Italiana Cineforum, che non lesinano contributi e abbonamenti omaggio. Per le riviste indipendenti è dolorosamente diverso. Vorrei essere smentito con una documentazione adeguata ma le cifre prevedibili riguardanti la loro diffusione sono del tutto fallimentari: per sei testate esisteranno si e no diecimila lettori paganti, parlo di quelli che richiedono le riviste dal giornalaio. Si badi che la stessa persona può comprare più riviste e quindi il numero degli appassionati di questo genere di pubblicistica può essere anche inferiore. Ci sono, è vero, gli abbonati. Diciamo in media, che si superi il migliaio per ogni rivista. Alla fine dei conti la tiratura complessiva non andrà oltré le ventimila copie. E poichè quattro delle sei riviste sono bimestrali, mentre le due che sono mensili pubblicano spesso numeri doppi e anche tripli - evidentemente è assai difficile arrivare a dodici numeri all'anno, non uno di meno - andremo molto vicini alla verità quando diremo che io media la tiratura mensile di queste riviste è di circa dodicimila copie. Sarebbe senz'altro ingiusto confrontare questa esile cifra con i milioni di copie che i rotocalchi sfornano settimanalmente; e tuttavia la constatazione può servire come un indice statistico della estrema impotenza organizzativa di questa 5tampa di opposizione. Si controbatterà che sono stati proprio i rotocalchi, con l'enorme massa di notizie sullo spettacolo che essi cooteogooo, a spingere la critica cinematografica impegnata nelle riviste di « élite ». La morte dei quindicinali Cinema e Cinema nuovo sono soltanto, si dice, la conseguenza di questo fenomeno; inoltre, - ci si consola - tutte le riviste di cultura hanno tu-ature limitate. Il problema però è un altro: non si tratta di confrontare la nostra tiratura complessiva con quella, per esempio, delJe riviste letterarie ( anche se il confronto andrebbe sempre a nostro grande svantaggio); il problema è, dopo averlo riconosciuto, individuare nelle sue cause effettive il fallimento organizzativo delle riviste di cinema, che non può essere altrimenti che organizzativo e culturale insieme. In realtà la giovane e la vecchia critica italiana di forze ne ha persino da vendere. Tutte però sul piano personale. Basta vedere come una testata importantissima, quelJa di Cinema nuovo, sia riuscita a conservare, meglio di tutte le altre un'organizzazione redazionale effi. cieote, nei suoi limiti funzionale e omogenea. Basta vedere l'entusiasmo con cui critici di professione collaborano alle riviste specializzate, quasi sempre rinunciando a veder compensato il loro lavoro. Basta vedere l'ottimismo di non pochi tra di noi che non tenendo conto degli iodici assolutamente negativi dell'editoria

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