giovane critica - n. 1-2 - dic.-gen. 1963/64

molti intellettueJi, net.i e cresciuti nell'opprimente aura culturale imposta dal fascismo, occa• sione di !ronde e di eresie ideologica. « ln quegli anni e in queUi seguenti - scrive il Varese nella prefazione al libro -, vedere e capire un film come O.ues.sione, che noi inseguivamo ne.I cinema appeno apparso, per paura che la censura - come poi avvenne - se ne accorgesse, lo tagliasse e lo proibisse, era un modo di uscire deU'Italie pubblica e u{ficiale •· Tali scritti sono appunto il frullo di un rigoroso cimento, fallo cli intelligenza e cli cultura, col cinema e con alcuni problemi cardine deUe teoria del CiJm, dal colore al CiJm senza allori, dei rapporti tra testo letterario e riduzione cinematografica all'incidenza estetica della peculiarità tecnica del mezzo. Sin dalle prime battute il Verese, nel quale evidente è l'origine e la formazione idealista, dissipa le inclinazioni e le manie formaliste e iscrive la sue allenzione ai problemi dcUa forma e del linguaggio cinematografici in una considerazione e valutazione del (ilm tull 0 altro che anguste ed estet.izzanti. Così le riflessioni sul colore sì appaiano, per le loro pregnanza, ad altre analoghe cli Eisenstejn: « Bisogna dinnanzi a ogni !ilm e colori, domandarsi la necessità, la insostituibilità del colore». E viene fatto l'esempio di Enrico V, di Laurence Olivier, nel quale il colore diventa arricchi.mento e penetrazione espressiva, serve a sondare ed attivare la materia narrata. Lo stesso dicasi per queU'invito che permea di sè tutti gli scritti a una critica sensibile aUe • visività » del film, ai suoi concreti dati di linguaggio e all'intima qualità d.i es.si e per quella con• tinua me garbata polemica contro la critica che volgarizza il suo compito in una riduzione roz. zamcnte contenutista dei lilm: • contro il voler giudicare di un film secondo l'apparenza sociale o populiste dei contenuti •· Peccato che neU'esemplificazione e neU'effrontare le singole opere il Ve.rese si lasci prendere la ma.no da un culto del fra.mmento, da una devozione e condiscendenza di fatto per le « sequenze che si verrebbe tentati di gustare staccati » che frantuma e i.mmi• serisce il giudizio critico disperdendolo in miUe rivoli e minute notazioni e che rende di debole complessione molti articoli, ormai corrosi e ingialliti da.I tempo. All'attenzione del lettore od.ierno si ripropone ancore attualissimo invece lo se.ritto lnvolu:ione dialettale del cinema italiano (anche se assai difficilmente condividihile resta l'assuefazione, che vi viene falla, cli un film come Bel,. li.,sima a queUa filmografia di compiacenza bozzellistica e di esteriorità dialellale cli cui Due soldi di speranza fu il capostipite e il vertice artistico) che giustamente il Varese indica come « il mio commiato e i.nsieme il mio ma.ni.festo di poetica e di critica cinematografica ». Pio 8ALDELLI (e cura di), « I compa&ni » di /Ilario lllonice//i, Bologna, Cappelli, 1963, pp. 190, L. 2500. Il volume, uno dei più ricchi e interessanti dell'utiJe e talora - come in queslo caso - indispensabile coUana dirella da Renzo Ronzi, consta di un ecceUente seggio introduttivo di Pio Baldelli (Il problema della narrativa cinematografica popolare), di un'inte.rvista col regista l\fonicelli e cogli sceneggiatori del mm Age e Scarpelli, deUa sceneggiatura e di alcune note d'ambiente apposte alla sceneggiatura da Augusto Monti, aUa cui consulenza Monicelli è ricorso. C'è stata in Italia, si chiede Baldelli nel seggio suddello, une narrativa cinematografica popolare? e, in caso affermativo, quali ne sono stati gli intenti e le caratleristiche? « Preva1. gono tre punti di vista. Per il primo lo spettatore appare come un personaggio-messa do scaldare e gonfiare di zelo o di visioni eroiche ed edificanti: enfasi pelloruta ed austera, discesa demagogica di schemi e mitologie, opere non 'popolari' ma sul popolo. Lo spettatore è sempre minorenne per il secondo punto di vista, lo sfondo che più gli addice il presepe pastorale: in - 113

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==