Uon esperieozn di circolo del cinema stante l'autonomia e la apertura a tutti gli orientamenti delle due Associazioni. Di queste Nuova Resistenza è nata da poco e si sta sviluppando, anche se a stento, per merito dell'iniziativa di un gruppo di giovani studenti, il cui fermento è promettente, anche se rischia di andare a infrangersi contro quegli sco• gli antiassociativi di cui parleremo appresso, soprattutto per la carenza di un rin• novato e forte orientamento culturale da parte delle forze politiche di sinistra an• cora in crisi di metodi e di organizzazione. Ma forse è bene parlare, io particolare, di quell'organismo interessante che è il circolo Amici del Cinema. Questa esperienza, a Ragusa, già conta due anni di vita, ed ha al suo attivo circa venti tre proiezioni di cinema « scelto » ( più dal nuovo repertorio che da quello di cineteca), qualche dibattito di scarsa riuscita, e una conferenza di Pio Baldelli sul cinema italiano più recente. Però, dopo l'euforia del primo anno, si è poco a poco persa ogni traccia del suo gruppo « fondatore », sicchè alla riunione di direttivo dello scorso settembre, indetta per discutere sulla attività trascorsa e per preparare la assemblea annuale dei soci, sono venuti solo il simbolico Presidente (sempre impegnato dalla sua attività di medico), l'Amministratore ( venuto solo per chiudere i conti e lavarsene le mani) e il Segretario ( il sottoscritto). Se dovessi fare un'analisi delle cause che hanno portato alla volatilizzazione del gruppo che doveva essere « dirigente », dovrei dire questo: a) le esigenze culturali della gran parte del nostro direttivo erano, più che limitate, legate ad una concezione della cultura e della vita associativa che definirei ancora ,e provinciale », nella quale cioè, anche se era sentito il nesso organico che corre tra cultura e società era negata però la possibilità o, addirittura, la capacità di interferire direttamente in tale nesso, ed ecco allora il cinema visto ancora e sempre come spettacolo (mi piace non mi piace), ecco neutralizzata iu partenza, come inutile, come noiosa, ogni discussione, ogni dibattito; b) conseguenza: il rifiuto, nella pratica, del lavoro di gruppo, l'unico lavoro veramente formativo, senza il quale cadevano come assurde, aristocratiche e cat• tedratiche le buone proposte ( in teoria) di redigere, i più preparati, una scheda, un saggio che illustrasse, come una piccola monografia tutto un ciclo ( es.: il cinema muto sovietico); c) la verità è che il lavoro di gruppo, la discussione, oltre alla preparazione e all'impegno individuali, costringono a un certo punto a smettere certe abitudini o direi meglio a mettere in discussione quell'abito mentale, quel bagaglio di idee tradizionali e di pregiudizi, insomma quel costume che qui dalle nostre parti, non essendo ancora avvenute trasformazioni strutturali di rilievo, non riesce ad essere scalfito, non diciamo dalla scuola (per la quale è pazzesco pensare a ciò e addirittura « immorale »), ma nemmeno dalla adesione ad ideologie e a partiti progressivi, adesione che pur andando oltre i limiti sentimentali resta il più delle volte non elaborata conseguentemente e criticamente in rapporto alla realtà. Da questa analisi ricaverei allora la: d) necessità di lavorare, pur non abbandonando il vecchio terreno, fio dove - 107
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