giovane critica - n. 1-2 - dic.-gen. 1963/64

moderna, è difficile avere e alimentare certi interessi se tutto procede con iJ solito monotono ritmo; la scuola non è che un mezzo per ottenere un posto da impiegato dello stato ( per avere la sicurezza del « pane del governo ») e spesso i professori sono ben poco interessati alla materia che insegnano; ancora più spesso si sentono provvisori perchè, come tanti altri del resto, vogliono andarsene via al più presto ( ... ). In un clima come quello che ho descritto, mentre cioè già si andavano delineando delle scelte culturali di fondo, mentre già si accendeva una problematica che vedeva da un lato laici, democratici progressisti ( in senso ancora vago e generico) e dall'altro cattolici moderati - restando isolato il gruppetto di fascisti dichiarati -, ben presto doveva porsi, come difatti si pose, il problema del « partito ». Insisto su un punto: la maturazione era lenta e avveniva per gradi, come ho già lasciato intendere; sicchè c'era una zona opaca e non ben lucida di generico antifascismo, progressismo, democratismo, con particolare attenzione, per ovvi motivi, ai problemi della laicità dello stato, della libertà nelle sue varie forme nell'àmhito della tradizione « radicale », della laicità della scuola. La direzione di chi si trovava in questa zona di sensibilità era inequivocabilmente verso i gruppi di democrazia laica e di « terza forza ». Inesistenti a Vittoria il PRI e tanto più evidentemente il Partito Radicale; del tutto insignificante sotto ogni aspetto il PSDI. non restava che il PSI, verso cui però non mancavano riserve, sospetti: in realtà si commetteva allora un errore che è tra i più comuni, purtroppo, si sarebbe voluto cioè un Partito Socialista che non fosse più socialista, ma un partito di opinione, di « intellettuali illuminati » e chiaroveggenti ( ...). Ma se da un lato c'è questo da dire, dall'altro bisogna dire che i parllt1, a loro volta, rimasero del tutto ( o quasi) sordi a questo fermento che pure era di proporzioni e di significato evidenti e non trascurabili, ove si pensi che per tradizione il Liceo ( da cui provenivano i più) è sempre stato scuola di classe, frequentato da giovani di famiglie borghesi, qualunquisti o fascisti, nutriti di luoghi comuni verso il mondo operaio e addirittura verso gli stessi istituti democratici. Né il PCI né il PSI seppero intuire questa situazione, anche perchè probabilmente troppo presi da altri problemi. Ma d'altra parte quando alcuni di quei progressisti in senso vago penetrarono il senso di certe scelte e fecero intero il passo che li separava dall'adesione al marxismo, con tutte le implicazioni che una tale scelta ( se meditata) comporta, nemmeno allora i partiti operai diedero un 'esperienza pregnante al giovane, essendo letteralmente inesistenti gli organismi giovanili di partito e riducendosi le rare riunioni di sezione a stanche rimasticature delle polemiche che trovavano la loro sede naturale altrove. Il partito fu così il punto di arrivo di un'evoluzione svoltasi al di fuori di esso; e fin qui non ci sarebbe niente di male; tutt'altro. Tutto il guaio sta nel fatto che il partito rimaneva un punto di arrivo, vale a dire non un e< punto e a capo », ma un « punto e basta » ( ...). Non ho parlato degli « anziani », fino ad ora, appunto perchè del tutto trascurabile fu la loro funzione. Le eccezioni sono appunto marginali e riguardano in modo particolare iJ mio professore di lettere del Liceo. Sono convinto che egli - 101

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