giovane critica - n. 1-2 - dic.-gen. 1963/64

100 - Quando nacque il circolo giovanile di cultura, poi intitolalo a Galileo Galilei, non si avevano esempi concreti di veri circoli culturali: fu quindi tutta un'invenzione nostra. Lo statuto, in uno dei suoi primi articoli, sanciva che il circolo non aveva pregiudizi di natura religiosa o politica e noi andavamo piuttosto fieri di queste posizioni liberali; in realtà ben presto l'orientamento generale, e in particolare dei dirigenti. fu laico con punte di anticlericalismo. C'era pure un ristretto gruppetto di fascisti; ma pochi cattolici, sempre preoccupati di arginare la frana ideologica dell"associazione, in realtà incapaci ( e questa è una cosa che mi è sempre dispiaciuta) di recare un reale contributo a un serio dibattito di idee. Si preoccupavano eccessivamente ( e ne nascevano polemiche interminabili) di non ammettere in sala di lettura L'Unità o L'Espresso e poco o nulla cli discutere su un piano che non fosse di polemica spicciola. Quasi ogni settimana dunque ci si riuniva per ascoltare relazioni sugli argomenti più disparati ( da temi scientifici a problemi di attualità o di letteratura o di cinema), oppure si ascoltavano dischi di musica o di poesia. Il circolo era abbonato a Sapere, Il Ponte e, sempre per quella mania dell'equilibrio ideologico, a La civiltà cattolica ( mai letta da nessuno); avevamo una piccolissima biblioteca formata attraverso donazioni - per lo più di libri inservibili - di professori e « notabili » cittadini; alcuni pochissimi li avevamo comprati con i fondi del circolo. I soci versavano un contributo di cento lire al mese e nemmeno sempre. La prima iniziativa che fece grande rumore fu la conferenza cli un professore sul tema " I giovani, oggi »; il tema era così vasto e fu trattato in termini così generali, che nel lungo dibattito che ne seguì intervennero molti giovani, i quali colsero l'occasione per sfogarsi di cose che da tempo si tenevano dentro, trascurando del tutto di dibattere le Lesi dell'oratore. La conferenza sui giovani fu un avvenimento cittadino e ne riportammo un po' lutti uno choc, avendo provato grande soddisfazione a parlare pubblicamente dei nostri problemi e a discuterne coi nostri professori. Sull'onda di questo successo si tennero altre conferenze sull'argomento. Ricordo che persino il gruppo giovanile della DC ci tenne sopra una specie di dibattito. In realtà non avevamo assolutamente chiaro, come ho detto, il problema che dibattevamo; era una scusa per guardarci attorno, giudicarci e, specialmente, giudicare la scuola di cui, per diversi motivi, molti erano insoddisfatti, trovandosi d'accordo solo in questo: che così andava male, ma in realtà molto confusi su come dovesse andare ( tra le soluzioni più richiamate ricordo: abolire il latino, creare maggior vicinanza tra professori e studenti ecc.). C'era dell'insoddisfazione, dell'ansia, della curiosità, che se non avessero seguito questi sbocchi, forse, chissà, ci avrebbero portati ( alcuni almeno, se non tutti) a finire come tanti altri nelle sale da bigliardo, habitués dei caffè, instancabili passeggiatori per il corso, in attesa di andar via, cioè nella città, a Milano. Che cosa sarebbe successo se non ci fosse stato il circolo? Non so rispondere perchè è vero che non si può fare la storia ( o addirittura la cronaca minuta, come quella che sto facendo) con i se; ma se devo fare una congettura, devo dire che forse sarebbe stato molto diverso. In una piccola città come la mia, dove i libri, le idee, i film arrivano con un ritardo sempre più incompatibile con la società

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