Fine secolo - 2 marzo 1985

ODISSEO, EROE DEL LABIRINTO ~----------------------------- di Gioachinò CHIARINI ---------------,.--------------- Q uali terre ha visto, in quali ha sostato l'Odisseo omerico nel suo decennale viaggio di ritorno in patria? A quali luoghi pensava il poeta quando f; narrare al suo eroe di mangiatori di loto, di gigan– ti da un occhio solo, di antropofagi relegati in plaghe nel– le quali «i sentieri della Notte e del Giorno» eran tanto vicini da quasr toccarsi? E la terra dei Feaci? Lo stupefacente realismo del racconto omerico, delle sue descrizioni ricche di particolari apparentemente non fan– tastici, ha da sempre fatto sognare, da sempre ha indotto ascoltatori e lettori ad immaginare come reali, e perciò come identificabili, quei mari, quelle isole, quelle terre. <<princiress(' in ogni porto ... » Nei circa ventisette secoli che ci separano dall'Odissea, sono state piu -diottanta le ipotesi complessive di identifi– cazione, pressochè infinite quelle relative a singoli luoghi. Tra gli antichi, i piu limitarono la navigazione di Odisseo al Mediterraneo occidentale, ma non mancò chi l'esten– desse alle acque del Mar Nero e chi, addirittura, a quelle dell'Oceano. La fantasia dei moderni fece anche meglio. Ai primi del Settecento il teologo danese Jonas Ramus identifico Odisseo con Odino e ambientò le sue peregri– naziòni nel Mare del Nord. In pieno Ottocento, l'utopi– sta inglese Samuel Butler sostenne che l'Odissea era ope– r~ di unà poetessa di Trapani, la quale vi aveva descritto i luoghi, a lei familiari, delle coste ed isole siciliane. La questione omerica ridotta ali' osso Il nostro secolo segna un ritorno piuttosto deciso alla colloca1ione nel Mediterraneo occidentale, ma è notizia recente che l'ingegnere iugoslavo Aristide Vucetic, mo– rendo novantenne nel 1975, ha lasciato un manoscritto di ben novemila pagine contenente la soluzione definitiva dell'enigma: presto sapremo (la pubblicazione è data per imminente) che Odisseo compi le sue peripezie nelle ac- 4ue e sulle coste comprese tra Hvar e Dubrovnik, cioè ndl'Adriatico orientale (solo l'Ade fa eccezione: in Italia, "ulla costa padana). Anche l'archeologia sembra confer– mare, al millimetro, le scoperte del Vucetic: nella Grapce– va Pilja, ad esempio, la grotta di Hvar in cui Polifemo I avrebbe divorato i sei compagni di Odisseo, sono state trovate ossa sparse di "sei" (non di piu non di meno) esseri umani. Il reperto parrebbe contraddire la testimo– nianza di Omero, o meglio di Odisseo, secondo il quale il Ciclope, durante il fiero pasto, «non lasciò indietro nè interiora, nè carni, nè ossa o midolla» ( Od. IX 292 sg); ma è probabile che l'eroe, al suo solito, avesse un tantino esagerato, e l'entusiasmo dei gia numerosi partigiani del Vucetic è alle stelle. Intanto, i fratelli tedeschi Hans-Helmut e Armin Wolf, che gia nel 1968, dopo nove anni di ricerche e perlustra– zioni nelle acque di Sicilia e Calabria condotte col sussi- · dio di anemometri, portolani e carte nautiche e con la collaborazione di omeristi e sovrintendenti, avevano rac– colto la loro ricostruzione dèi viaggi di Odisseo nel volu– me Der Weg des Odysseus ("La via di Odisseo"), incorag– giati ·dall'inverosimile successo ad esso tributato (nel 1982 ad esempio, in omaggio alla, loro localizzazione, il Golfo di Squillace è stato ribattezzato 'Riviera di Nausi– caa'), dopo altri anni di navigazione circumsicula su mez– zi messi a loro disposizione dall'Universita di Messina, si sono fatti coraggio e hanno ripubblicato, integrandolo, il succitato volume col nuovo titolo Die wirklicheReise des Odysseus ("Il vero viaggio di Odisseo") (1983). Nella foto in alto: Coste e terre visitate da Odis– seo nel corso delle sue peregrinazioni, secondo le oltre 80 teorie elaborate io 27 secoli. (Da Armin und Hans-Helmut Wolf, Die wirklicbe Reise des ODYSSEUS, Miinchen 1983) Al centro: una stele eretta a ricordo dei Feaci nel golfo di Squillace nel 1974 Io b~: Tentativo di Ludwig Weniger (1912) di illustrare la descrizione omerica dello scudo di Achille (Iliade, XVIII, 478-609) Il buon senso degli antirealisti Naturalmente non mancano, nè sono mancati, letterati filosofi e geografi del tutto contrari a questa specie tutta particolare di ~accia al tesoro'. Gia il grande Eratostene, nel II secolo a.C., ebbe ad ammonire: «Troverai lo scena– rio delle peregrinazioni di Odisseo, quando troverai il ciabattino che ha cucito l'otre dei venti». Eratostene ave– va capito che le in,dicazioni di rotta -peraltro assai scarse– del testo omerico (giornate di navigazione, punti cardina– li, gioco delle correnti marine, direzione ed intensita, ap– punto, dei venti) hanno lo stesso identico carattere degli altri, innegabilmente antirealistici, particolari del raccon– to (metamorfosi magiche, stature sovrumane, mostri con sei teste e dodici piedi, convegni con divinita maschili e, soprattutto, femminili). Un carattere, cioè, essenzialmen– te mitico e fantastico: a prescindere, dunque, dai luoghi reali che il poeta può aver avuto presenti in questa o quella descri~ione, nonchè, e ancor piu, dai luoghi della tradizione poetica precedente ch'egli può avere utilizzato. Credo che un tale orientamento, oggi condiviso dalla fi– lologia piu avveduta, possa essere Ùlteriormente rafforza– to con nuovi e sostanziali argomenti. Un punto nodale del secolare dibattito tra 'realisti' e 'antirealisti', riguarda il valore da attribuire, in generale, alle descrizioni omeri– che: se cioè, oltre all'evidente realismo dei particolari sin– goli, sia in esse riconoscibile anche un significato d'insie– me, di carattere, questa volta, simbolico, La poesia come pittura Com'è noto, la descrizione di manufatti istoriati (abbellì- . ti cioè da raffigurazioni umane o divine, da storie reali o piu spesso mitiche) fu, in tutta l'epica antica, campo di prova obbligato del poeta, delle sue capacita 'pittoriche'. Omero dovette gia in antico la sua fama di 'piu eccéfso tra i pittori' alla descrizione dello scudo di Achille fabbri– cato da Efesto nel XVIII dell'Iliade. Celebri diverranno anche la descrizione dello scudo di Eracle nell'omonimo poemetto pseudoesiodeo, quella del doppio mantello purpureo di Giasone negli Argonautica di Apollonio Ro– dio, quella del drappo nuziale di Teti nel carme 64 di Catullo (con le vicende di Teseo e Arianna), quella dello scudo di Enea nel poema virgiliano (coi futuri destini di Roma), quella delle tele tessute e istoriate a gara da Ate– na e Aracne nelle Metamorfosi di Ovidio, e altre ancora. Lo scudo di Achille però, diversamente da quanto avvie– ne per quelli di Eracle e di Enea (nonchè per il mantello di Giasone), non viene descritto come opera compiuta bensi nel suo farsi: Efesto fa entrare in azione i mantici, fonde bronzo stagno oro e argento, sistema l'incudine, si arma di martello e tenaglia e inizia l'opera («Erano cin– que le zone dello scudo, e in esso / fece molti ornamenti coi suoi sapienti pensieri. / Vi fece la terra, ecc.»): fabbri– cazione e descrizionecoincidono,e terminanonel medesi– mo istante. E' un particolare importante, e andra interpretato. Una rapida ripassatadello scudo d'Achille Ma veniamo al s.oggetto rappresentato (lo scudo è roton– do, la descrizione delle cinque fasce, o zone, procede dal centro alla periferia, cioè dall'umbone all'orlo). Nella pri– ma fascia, al centro, terra e cielo e mare (probabilmente, trattandosi dell'umbone, terra e cielo inclusi in un cer– chio diviso esattamente in due, il mare tutt'attorno); nel– la parte piu esterna della fascia, il sole e la luna piena «e tutti i segni che incoronano il cielo» (ma di tutti questi ·segni' -si trattera, in particolare, delle costellazioni cir– cumpolari, le piu importanti per il contadino e il mari-

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