la Fiera Letteraria - XV - n. 48 - 27 novembre 1960

Domenica 27 novembre 1960 L'ITALIA DEI PREMI * A Libero De Libero il "Città diMestre,, di ELIO F. ACCROCC,1 Se }3. poesia è l'elemento fondamentale della sua vita, non può dirsi che De Libero serbi alla prosa un ruolo se– condario. Suoi racconti ap– paiono da molti anni nelfa. terza pagina dei quotidiani o di nviste, e dal tempo di Malumore (la prima raccolta di racconti che risale al '43) al recente volume Il guanto nero, esaurito nella prima edizione e fresco fresco del Premio Città di Mestre, la narrativa non ba mai ces– sato di rappresentare per lui un banco di prova, di ricer- ~e iat~ral~~~•ai 1 ~~a1~~ Amore e morte (1951) e Ca– mera oscura (1952), e alla prosa di Valéry parente illu– stre (1955), sono da aggiun– gere - per dichiarazione dello stesso autore - il ro– manzo Uomo di notte scritto nel '29 e rimasto inedito, e l'altro in preparazione, Pa– teco. Una lunga professione di narratore, dunque, quella esercitata da De Libero con graduale approfondimento e nella .ragione e nella regio– ne del suo vivere,., e con la costante evocazione di visioni e sentimenti, emozioni e pen– sieri, che poi altro non sono che il caratterizzarsi conti– nuo e indocile di una espe– rienza scoperta di giorno in giorno. Queste le qualità messe in risalto dalla giuria del pre– mio, composta da Aldo Pa– lazzeschi presidente, Enrico Falqui, Aldo Camerino, Italo CaJvino e Ugo Facco Dc La– garda: premio che a Libero De Libero è stato assegnato domenica 20 novembre nella città veneta, in un salone del Pla.za. Mezzo milione per un libro di racconii. Un premio cordiale e semplice ad un tempo, senza clamori e fuori di ogni contrastante monda– nità, istituito dal sig. Arnaldo Settembrini per onorare la memoria della consorte Leo– nilde Castellani. za dall'interno della stessa \ 1 icenda, penetrandone anche il più inconscio significato. Il senso di meraviglia, il moto dell'animo e dell'intel– letto, il segreto allarme, che formano i lineamenti e le strutture stesse del racconto di De Libero, finiscono per apportare qualcosa di deci– sivo - uno scatto, a volte, o una prevenzione, un sinto– mo del riserbo interiore (si ,·eda, a chiarimento, e Una vecchia questione•) - a quello stadio di necessaria e interpretazione dell'essere•, a cui questo scriuorè ha ~mpre guardato con grande impegno morale oltre che lelterario. In prosa e in verso. Non saprei rileggere le pa– gine de Il libro del forestie– ro, di Banchetto, di Ascolta la Ciociaria e de l giorni dell'ira (il poemetto apparso !fat~e,"cK° U~~~:ri~e. d~ h~ darà il titolo aJ prossimo volume di poesie in cui verrà racco! ta la produzione degli ultimi dieci anni), senza tener conto di questa indispensa– bile e chiave•, necessaria a quanti si accostano alla poe– sia di De Libero, una delle più corpose, ammonitrici e scottanti dell'ultimo quindi– cennio. e In un'epoca tanto meravi– gliosa quanto empia, più che mai la poesia de\'e esprimere un supremo e resistente atto ~~~~ ;~: 0 ~nf~~~~e~raJ!~ dànno il segno di una co– scienza letteraria la quale non fa meraviglia se mira a interpretare, più che docu– mentare, la ragione del vi– vere. Interpretazione come im- Ef~~ g;:1~1 ~i ':11!~~: tratto, anche se doveva ar– rivare al 1960 per ottenere un premio tutto suo, intera– mente meritato con un libro di racconti, ma anche con un'opera poetica di alto va– lore civile e resistente sotto ogni riguardo, che i giudici del Premio Città di Mes1re ben conoscono e apprezzano nella sua giusta e profonda misura. LA FIERA LETTERARIA Rassegna di stol'ia a cura di GIORGIO DI GIOVA.i.YNI * Un congresso sul Risorgimento Quest'anno il c0ngresso di Storia del Risorgimen– to - il trentanovesimo, per la cronaca -, coinci– dendo con le manifestazio– ni centenarie dell'unità ita– liana, non poteva non ave– re un'agenda più nutrita e assumere un tono da gran– di occasioni. Per la prima volta esso s'è scelta una duplice sede, Palermo e Napoli, col chiaro propo– sito di onorare le due cit– tà. che stanno a rappre– sentare le tappe risolutive dell'indipendenza italiana. Si aggiunga, anche, che in onore dei congressisti si sono approntate manife– stazioni di contorno degne di lode. Cosl, a Palermo, dove la locale Biblioteca comunale ha voluto pre– sentare agli studiosi un saggio di esplorazione bi– bliografica tra le sue opere a stampa (libri opuscoli volantini manifesti giorna– li ...) conneSSe al periodo risorgimentale; e l'Archi– vio di Stato ha curato pres– so il MusPO del Risorgi– mento una cospicua raccol– ta di cimeli e di fonti do– cumentarie di altissimo in– teresse. Così, a Napoli. do– ve per gli auspici di quel– l'Archivio di Stato. si è po– tuta allestire un'altra mo– stra, e lJ Mezzogiorno ver– so l'unità d'Italia >, che re– sterà aperta sino a mag– gio dell'anno venturo. La ammirata sorpresa dei con– gressisti per il coacervo del materiale espostovi è stata grande: perché, oltre un'effemeriteca di inso– spettabile ricchezza, vi si sono potuti contare più di seicento documenti legati alle vicende più impor– tanti del Regno di Napoli. dal giuramento di fedeltà dei baroni verso Car:lo di Borbone. nel 1734, alla pro– testa di Francesco Il prima di lasciare la capitale alla volta di Gaeta. Gli studiosi. infine, co– m'è ormai uso di esplorare i luoghi che si riferiscono alle vicende storiche trat– tate nei lavori congressua– li; Si son visti offrire, gue- sta volta, un programma di escursioni senza prece– denti. In Sicilia, guidati del professor Falzone, or– ganizzatore del convegno palermitano, si son porta– ti a Marsala, Calatafi.mi, Alcamo, Passo di Rende, Monreale, che videro l'e– popea garibaldina; nel Na– poletano, invece, hanno ri– percorso, nei pressi di San– t'Angelo in Formis, i cam– pi di battaglia del Voltur– no e. naturalmente, dato che in quei giorni cadeva la ricorrenza dell'incontro tra Vittorio Emanuele e Garibaldi, non p0teva pre– starsi più felice occasione di :recarsi a Teano per la rievocazione della storica data. Ma dire che si sia trattato soltanto di un con– venzionale pellegrinaggio, sarebbe far torto all'eru– dizione e· allo spirito cri– tico di quegli illustri viag– giatori: che, non appena sul luogo. manco a dirlo. han cominciato sùbito a discettare con molta ani– mazione dell'esatta ubica– zione in cui av-venne il fa– moso episodio. E la dispu– ta che aveva tutta l'aria di protrarsi all'infinito, tra le opposte tesi che vorreb– bero l'incontro chi a Tea– no chi a Vairano chi altri ancora a Taverna Catena. è stata alla fine smorzata, se non -proprio composta, dal dotto colonnello Ferdi– nando di Lauro, dell'Uffi– cio storico del Ministero della Difesa, che. con la sua relazione: Aspetti. e ca– ra.tteTt militari delle vicen– de garibaldine del 1860, ha voluto precisare. sulla scorta dei risultati conse– guiti da specifiche ricer– che, che la vexata quaestio non può risolversi che in modo interlocutorio: e cioè adattarsi ad accettare le due tesi ,più probabili del– l'avvenimento come avve– nuto o a Taverna della Ca– tena o al ponticello di San Cataldo. Ma una perora– zione del colonnello-sto– riografo a non trascurare, nell'ambito della ricostru– zione storica, gli eventi mi– -uenb Bll3JQWaS ~ !:I P13l!f ranze d,l. liberazione di altri popoli; sull'atteggiamento delle grandi potenze in or– dine al moto unitario ita– Hano. E cerlo quello del Mez– zogiorno si raccomandava come il tema più valldo a proficue discussioni, non foss'altro perché da un quindicennio ha saputo po– larizzare 6U di sé i'atten– zione di una vasta sdrlera di storici. Del quali con– verrà citare il Romeo, lo Scichilone, il Brancato, il Romano, l'A!latri. .., che, più o meno, accettando le indi– cazioni del Gramsci, del Sal– violi, del De stefano, han– no saputo scoprire, nella composizione politico eco– nomico sociale del Mezzo– giorno, aspetbl inediti se non addirittura negletti. L'argomento però se è stato toccato a Napoli da Nino Cortese, e se ha avuto un accenno nel discorso dell'on. Lanza a Palermo, non ha trovato il modo di approfondirsi come meri– tava. Ma bisognerà pure riconoscere che, quest'anno, cadendo le feste centena– rie, 1 lavori dovevano ne– cessarlamen te porre in pri– mo plano lo studio degli atteggiamenti eUco politici delle popolazioni del Sud di fronte alla questione nazionale. E le trattazioni non hanno deluso per ori– ginalità e serietà di pro– positi. Ha cominciato il profes– sor Eugenio Di Carlo con: pre sulla consistenza ma– teriale e sipirituale della società siciliana ha parlato il professor Vlrgilio Titone: La Sicilia dal 1850 al 1860, mentre 11 professor Gaeta– no Falzone ha analizzato molto bene il carattere del Vol<>ntari.smo siciliano. An– zi, a proposito di quest"ul– timo, ci è sembrato che il relatore, soprattutto 1n ri– ferimento alle varie forze che confluirono nel gran calderone rivoluzionetio, si sia incontrato con talune tesi che il Maclc Smilh (presente anche Jui a Na– poli) ha discusso nella sua inquietante Storia d'Italia dal 1861 al 1950, edita con successo dal Le.terza. Un altro apporto degno di nota si deve al professor han– cesco Brancato: L'ammini– nistrazione oaribaldina e i! plebiscito in Sicilia, che ha ampiamente rilevato come l'ammin'.lsLra.zione garibaldi– na contribui alla caduta del sistema feudale dn Si– cilia e a fondare la premes– se per l'ascesa dei ceti po– polari. Per quel che riguarda la partecipazione degli storici stranieri., seppure ce ne sia bisogno, è apparso chiaro che H Risol'€i-mento italia– no non è fenomeno casa– lingo, che si possa spiegare con le sole rogioni interne di casa nostra, ma è, più che mal, un fatto europeo, forse il più dmportante del secolo Decimonono. Ci è sembrato che ne abbiano fatto !ede ae relazioni dei professori FI"iedrich Engel– lanosi: POlitique de., puis– sances con.servatricE?$ en 1860; Denis Mack Smith: Il ,-olume premiato acco– glie ventisei racconti scelti tra quanti l'autore ne ha scritti tra il '38 e il '56, ed ora pubblicati con illustra– zioni di Fabrizio Clerici nella collana di Narrativa italiana del Sodalizio del libro di Venezia. --------------------•, to mai opportuna. Purché La Sicilia nei RisOrgimen.to, anche se, poi, infervorato da quell'elemento passiona– le che sempre si stacca, con la ton.a del mito, dalla natura romantica di quella nostra straordinaria stagio– ne, l'oratore s! è scagliato contro quegli storici impie– tosi sempre pronbi a. rie– swnar pagine poco degne di stoo,ia siciliana. Ciò che ha fatto denunziare come certo spinlto agiografico non sia del tutto scomparso dai Risorgimentisti. E il Ghisalbert;i. più tardi non si è peri.tate di raccoman– dare mai ebbaste.nza contro il pericolo di deviazioni dello 51>iriio ormco, l'unico che debba .presiedere alla ricerca storiografica Sem- L'Inghilterra di fronte agli eventi Ha.liani nel 1860; Jaoques Godechot: La Fran– ce et lu événemen.ts ita– liens de 1860. Le quali lut– te potrebbero esser servite a rammentare che erano nel giusto quei nostri sto– riografi che, circa trenta' anni :fa, di ifronte a una concerione angustamente autoctone del Risorgimen– to, vollero reagire adottan– do, come osservatonio delle vicende italiane, non più soltanto Torino, ma le can– cellerie delle grandi poten– ze europee. - è doveroso ricordare - Pag. 5 TACCUINO JUEJLLO SVAGATO * Lapiccolapioie:ia * cli G/QRGIQ CAPRO/li Era già buio, e pim:Lgginava, quando per la prima volta, insieme con l'amico X, son giunto nella aittadina di Y, proprio sulla noce del nostro Stivale. Come. son delizjose, sotto la pioggia novembrina, e di sera, le piccole (d'uoo giusta dimensione wnana) città della va– sulla noce del nostro Stivale. A Roma come a Milano. quando piove e quando per giunta sta calando la notte, chi è per via non proya che un fastidio, il quale non fa che ag~ungersi al con– sueto :fastidio, e ella consueta fretta, con- 5eguenzo appunto del vivere in una grande città. Roma come Milano sono scarpe troppo grosse per il nostro piede (troppo più grosse delle nostre minime cure e in– combenze quotidiane), e forse è soltanto QUI (l'enOITnità delle distanze) ia radice d'un disagio che c'impedisce, nel più ri– soluto dei modi, d'entrare in dimesti– chezza o, se vogliamo usare una parolac– cia, di. familiarizzare, col volto delle so– lite (quali?) stTade, e delle oolite (ouali?) case. Ma in provincia, è tult'un'altra !ac– cenda. In provincia la scarpa è fa'bta su m1- SUI'3 del piede, e lo città aderisce in modo quasi perfetto al nostro non pro– me~ico Io. In Provincia ogni piazza, ogni via, ogni casa, ogni bottega, ogni chiosco di gior– nali ecc. ci appartengono, e allora com'è dolce veder piovere. e veder calar ia ~:t~su ~u~;eol~ ~: 0 f~~~• !s~~h= di certe locandfere, così diverso daJ so- 1lito compassatissimo volto dei soliti maftres - è la primissima volta che cl viene inoontro. Ero dunque arrivato a Y, cittadina del Sud mai i.n vita mia visitata, le quale per essere T"istretta (O SlaTigat:a: dipende dal punto di vista) nelle giuste dimen– sioni che ho detto d'une giusta Italia, nonostante o in virtù della pioggia, e nonostante, o in virtù, dell'imbrunire, co– me pochi altri lieux d'approche, reali o meglio inventaU, mi faceva sentire - e per!ettamente - a casa mia. Evidente che a Y tutti si conoscono, e ciascuno sa vita e morle e miracoli dell'altro, se ad ogni angolo di strada il decesso (il transito da queste a miglior vita) di Cecilia lnftriraghl., oome quello del Cav. Gastone Impellitteri, o della nobile anima di A:ostino Cecci.gnitl, che tutto dedicò alla FamigLia e alla Patria amatissima, può suscitare un gran ma– nifesto a grossi listoni neri e con croce adeguata ad ogni angolo di strada, dov'è scandito a caratteri aldini che a dare il tristissimo annunzio sono ecc. ecc., tutte persone che, nella grande città, sareb– bero pinchi pallini qualsiasi, e perciò del tutto insignif.icanli, nonostante lo spreco di Dot.t. e Prof. e Avv.: meni.re 11. è gente in vi.!ta., oltre che di casa, la quale sotto sotto gongola, nonostante il morto che c'è di mezzo, di poter figura.re ancora una volta, tra i presenti, grata m fondo al Defunto che, andandosene, gliene ha dato l'occasione. Fra i presen!l E quando ma!, in una grande città oomc Roma o Milano, un qualsiasi di noi riesce a sentirsi presente, tanlomeno se piove e se sta calando la 6era, il che scolorirebbe ancor di più il nostro povero nome appiccicato al muro, C05l come rende più dltf!cile distinguere le targhe dei vari filobus, e tram, e autobus, che con lmpazJenza aspettiamo per ragg:lun· gere i-1 focolare? E' che la città di Y dove 60!\o giunto, come ogni altra città di provincia, è abitata da anime vive, anziché de indi– vidui de!la semplice specie umana, che altro titolo non hanno, li più delle volte, all'infuori di quello della lor qualifica d! utenti del gas, della luce e dell'acqua, e alcun'altra nobiltà all'infuori di quella de1la loro iscrizlione all'Anagrale. E allora ... Allora, ripeto, com'è dolce vedere e sentir piovere, o vedere e sentir ca13T la notte, qui, in quest.a cittadina tutta nuova per noi e pur cosi cara, fra queste anime trospa.Ten tt che si conoscono una per una, anime magari anch'esse Lmpure - coi loro traffici e commerci e intrallazzi e piccole borie - ma tutte con un nome e un cognome preciso e che dice Qual– cosa, al contrario delle frettolose e ano– nime anime metropolitane. Sì, qui anohe la e !a.stidiosa pìoggie •• e anche ~•c. Inopportuno buio>, assumono un volto d 'intimi.là e d'umano ca.10:'e ~ nosciuto altrove, e giungono addirittura ad accrescere il piacere dello sta.re in famiglia, non f~ che per il desiderio che isp:rano di raggiungere (al ch!e-ro della luce elettrica e all'asciutto) e casa nostra•; dove, tra i parenti stretti, è sempre qualche amico ad aspettarci per Je solite - ma cosi distensive - quattro chiacchiere sera'li, mentre in angolo le donne (le e6ignore >) commemano in un fitto parlar sottovoce i piccoli e grandi :fatti della giornata. Se alle precedenti pagine narratfre di De Libero non ;;ono mancati i consensi di Ceccbi, Flora, Bellonci, Bo– ccJli, ecc., per la qualità del linguaggio, per la sensibilità dei contorni e per certo li– rismo popolano che però ri– fugge sempre dal facile fol– clore (come ha riconosciuto Cecchi a proposito di Amore e morte), in questi racconti de ll guanto nero continua a rivelarsi il segno di una peculiare elementarità de i personaggi inseriti al centro o ai margini di vicende che lo scrittore riesce a trasfe– rire ad un livello d'arte, sem– pre, in ogni pagina, senza mai sciogliersi nel patetico o nel gratuito. E senza for– zature di sorta, oggi quanto di moda e di troppo facile successo. gli elem-enti tecnici non trascurino o soverchino i fattori psicologici. Infatti, la guerra. come diceva Carlo De Cristoforis è pur sempre scienm morale. Una novità che ha ca– -rattenizzato beneficamente quest\Jltimo congresso è stata Oa mancanza di comu– nicazioni che, n~ annt precedenti, per la loro quantità e non sempre per l'originalità delle scelte e delle trattazion 1 i, bene ispes~ so deviavano il discorso dai temi centrali. rendendo confusa e inestricabile la economia generale det la– vori. Ad evitare, quindi, codesto inconveniente, lo ufficio di presidenza del– l'Istituto del Risorgimento, tenuto da quell'impareg– giabile studioso e organiz– zatore ch'è il professor Al– berto M. Ghisalberti, aveva predisposto che i lavori procedessero su poche e pe:rtlnent,i relazioni: -sul Mezzogiorno, da Sicilia e l'Italia al tempo del:l'impre– sa ,garibaldina; sugli aspet– ti militari e navali della spedizione; sulla figura di Garibaldi legata alle spe- I INTERVISTE IMMAGINARIE I Se mai, è la straordinarie– tà degli eventi entro cui si riverbera la vita ordinaria di ciascuno (autore e spettatore insieme) a infrangere la real– tà di situazioni e di senii– menti che ci rafforzano o ci liberano da incubi e da mi- ~er:n~e ~:e l~~mb°::a:fl noi stessi. De Libero mira a frantu– ma.re il giuoco favolistico, come tende a superare qual– .siasi ingorgo dell'allucinante vicenda umana, proprio ri– cercando una luce di speran- Figura Maya - (Mostra prece Iomblana - Roma) STORIA DELLA SUA FORTUNA POSTUMA * Jfisita a Le1Jiatano Buss1',.i alla porta dello scrittore Leviatano e, dal– l'interno, un cane abbaiò forte. Mi dissi: e Forse mi sarò sbagliato d'uscio. Che io sap– pia, Leviatano mi ha dato l'indirizzo esatto•· Poi feci un secondo pensiero: , Che Leviatano non voglia scher– zare, imitando l'uggiolare del cane?!•. Certi scrittori pos– sono ormai permettersi tut– to, anche lo sfiz.io di abbaia– re quando ricevono una visi– ta di c.ortesia. Mentre mi dondolavo idealmente fra questi due pensieri, il cane s'era messo proprio dietro la porta e abbaiava con più fiato. A un certo momento cessò di abbaiare e sentii vaga– mente che mi annusava col muso appofiiato all'uscio chiuso. Provai a spingere il bottone del campanello elet– trico e tolsi il dito di botto: era stato respinto da una scarica elettrica. Subito dopo aver emesso la esclamazione , Oh! •, il cane riprese ad abbaiare COI.Ileun forsenna– to. Ad un tratto udii dall'in– terno la voce di un signore che, con tono autoritario, ri– chiamò il cane e chiuse una porta interna. e Ci siamo•• mi dissi, questa volta è Le· viatano in persona che viene a riccverm.L Al rombo del cannone, che a Roma segna le ore dodi– ci, la pona si .spalancò e apparve Leviatano, raggian– te come un sole ricciuto. En– trai e fui colpito da un fano straordinario, inaspettato: tormen10, diurno e not– turno .... In verità non riuscivo an– cora a capire bene come mai Leviatano, famoso sostenito– re del pronome personale, io, in casa usasse il noi. In– curiosito cd anche per sape– re se il maestro avesse con sé quaJche ospite a me in– visibile, osai dire: e Mi tol– ga UD dubbio, maestro: per– ché, qui in casa dove, fino a prova contrarla, siamo ap– pena in due, lei dice sem– pre noi?». , Eh, caro amico, la mode– stia, per noi è una virtù squisitamente privata, anzi casalinga. Dico noi appunto quando sono solo o, caso ~i1;{rn~Ju~d~~ ?:~~~! tare. Anzi, le dirò che si è ~a ~t!~ feccii ti he~ noi, da solo naturalmente, provammo una specie di estasi capovolla. Pensammo a.I naufragare del Leopardi, al nirvana buddistico•· Dopo queste parole, Levia– tano si guardò la mano come se fosse una nobile inquilina del suo corpo e l'affondò, con dolcezza, nella criniera leo– nina come se cercasse qual– cosa. Capii subito che l'apo– stolo ;ivçva fatto wio sforzo sovrumano a dire ripetuta– mente noi; decisi quindi di parlare ad alta voce per rom– pe.re l'incantesimo della quasi solitudine. capisce bene che questo ~ per me un problema di fon– ~o. giacchi io sono sempre- - m fondo a tutti i miei pro– blemi. Nessuno più di me sa quanto costi l'alta tensio– ne politica ai nostri ai.orni•· e Maestro, provai a dire a ~~ftaba~a ~~~ola~~~1ct~ Garcia Lorca • ID Italia Leviatano, oontrariamente al suo modo di stare in pub– blico vestito alla buona, era in tait, come se la mia visita fosse una cerimonia. Pensai fra me: , E' strano; quando è fuori casa, Leviatano si ve– ste, di estate, da gelataio o da ricoverato all'ospizio, d'in– verno è quasi sempre avvol– to in equipaggiamenti sibe– riani..., notato, dico noi soprattutto quando lei tace e mi ascolta. Se invece dovesse parlare, sarei costretto a fare uso, e diciamo anche abuso di quel pronome personale io senza del quale potrei dimenticare che sono io a vivere. Fuori, cog,li aJtri, con tutta quella gente, con tutto quello che accade bisogna subito diffe– renziarsi e dire con insisten– za, magari con dolcezza: e lo! Con lei è un'altra cosa, è come se non ci fosse; e poi è in casa mia: sarebbe quindi scortese se io mi esi– bissi dandomi dell'io, e.eme mi capita purtroppo in pub– blico•. e Vedo che lei soffre e ciò mi addolora. Faccia conto che io sia una fo!Ja; si metta a suo agio, ml dica tutto, sono anch'io uno scriltore. Io penso, lo sento, lo vado, ho fatto un comizio, siamo in molti ad ascoltarlo. Ecco, qui c'è il mio amico Oronzo; c'è poi il piede destro, i miei bottoni vogliono ascoltarlo, maestro I li mio amico Fran– co dice che lei è stanco di scrivere e vuole ritirarsi a vita privatissima in una grot– ta dell'Appennino•· e Ah, noi questo mai. Io sono qui a baltermi per la causa di tutti i po,·eri. Sono anch'io un povero. lo non mi dimen– tico mai! Ha ragione. amico mio, la modestia è una vir– lù equivoca praticata da chi non ba nulla da dire. Io de– vo ancora dire tutto. Io pen– so che le cose del mondo do– vranno cambiare. Io sto scri– vendo un saggio sulla ingiu– stìzia: e un altro lunghissi– mo sulla ineguaglianza degli uomini e delle dita. Si, anche le dita, vede, sono ineguali. Bisogna livellare tutto il no– me dell'inconscio collettivo che io adoro. lo sono, e lei già lo sa. il solo cantore del– la miseria. Che farebbero i poveri senza di me e io sen– za i poveri? Le mie idee, a tal proposito, sono chiare, anzi chiarissime. Ecco, le leggo l'ultima frase che io ho scritto sul mio ultimo li– bro, dal titolo che ho tro– vato io, s'intende.: e Le mie meditazioni sul modo di volta a quelli che si dimen– ticano di pensarla?•· e Mai, doke: illniço ! Per mc essi non sono mai esistiti. Sarebbe bella se perdessi del tempo - e il tempo ~ prezioso - a pensare a tutti coloro che non si degnano mai di ri– cordarsi chi sono io e quel che ho fat!o per ali altri, e per me, s'mlende. Ormai io mi sono troppo affermalo nello spazio terrestre. Non c'è parallelo o meridiano del globo che non risuoni del mio nome. Ricevo lettere dai ~i continenti e da tutte le isole; e ho ammiratori e am– miratrici finanche sui tran– satlantici, Si figuri che quan– do a un americano si ferma l'orologio, immediatamente si è c.ostretti a pensarmi. E an– che tutti quelli, e sono mol– ti, che volgono il loro pensie– ro a Cristo, sono obbligati a La storia della fortuna di ~~~ ~~cofa~nta un La figura del poeta diven– ne popolare al pubblic.o ita– liano dopo e a causa della sua morte, avvenuta in con– dizioni cosl misteriose duran– te uno dei momenti più dram– matici e gravi della guerra. civile, avvenimento celebrato su quotidiani e riviste, come uno dei più importanti della li!tteratura internazionale. La prima volta che un critico italiano scrisse sul poeta, di ritorno da un viaggio dalla Spagna, a proposito di un colloquio avuto nella villa ex-reale di Santander sugli f~rt,~~~! de,~~~~~: re, fu nel 1935 sulla Gazzetta del Popolo (1): questo cri– tic.o era Silvio D'Amic.o. , Scri\'eva D'Amico: e Nella storia della scena europea dovranno parlare anche di lllllllllfllllllllllllllll'111111111111 ~ E' wclto ~ § m DANTE TROISI ~ ~ ::; j INNOCENTE DELITTO i; ~ .J~ ... J W, Copertina dl =u 0 ~ Fabril:io C!erid ~ : 0 i (Jn fl01)Ql'U!' d'oggi, nella ~ ~ _ contraddiuon~ tra iJ bi- gj;:,. ~ ! ~;~,/~!~e:'::,11:''::: o & .J ;: pa, ed il tt:ntatwo dr 1--;;;;: et ,.. .sennr.n • ~r.sonag,w •· ~ 0 <.>O ~ SODALIZIODEL LIBRO ~ ~ Lorca come hanno parlato di Gordon Graig mago, Stani– slawshiy poeta, Piscator de– monio, e delle sue esperien– ze•· D'Amico dedicava più tardi alcune pagine non be– nevole sull'opera teatrale lor– chiaila nella e Storia del tea– tro Drammatico•· che usciva nel 1938 in Hl volumi, e che recentemente, lo s1esso edi– tore Garzanti ha ristampato. Appan·ero dopo la morte, sulla stampa italiana, alcuni articoli in cui si giustificava l'accaduto, che im•ece a,·eva sollevato in Francia e in In– ghilterra una serie di polemi– che e di recriminazioni ver– so il governo spagnolo fino alla protesta ufficiale della federazione degli scrittori in– glesi che chiese dati esatti sull'esecuzione. L'anno 1936 vede per la prima ,-olla sulla Nazione di Firenze un artic.olo, una no– tizia cronistica, su F. G. Lorca. Per la prima volta, nel 1941, viene tradotl.'.l la tragedia Nozze di Sangue a cura di Etio Vittorini, per conto del– l'Editore Bompiani, nell'or– mai famosa collezione del Pantheon, volume e Teatro Spagnolo> (2), che suscitò l'interesse della critica e del pubblico. Ne parlarono da Carlo Bo a Mario Casella, accentuando il giudizio sulla traduzione, e illustrando la validità del testo lorchiano, che faceva parte di una tri– logia, come scriYerà più tar– di in una monografia Angel del Rio. sopra il tema del– l'ossessione sessuaJe. Elio Vittorini, possiamo ri– levare dalla critica, è riuscito a non contaminare il testo e a portare la traduzione at– traverso non una, ma di– verse posizioni, su un piano poetico che rispecchiasse le voci e le tendenze della poe– sia di F. G. Lorca pur te– nendo fede alla sua originale preparazione sui poeti mo– derni. Le canzoni del I, II, III atto del dramma sono state tenute dal Vittorini e su una linea che assume i caratteri, di continui echi popolareschi, come troviamo nelle canzorii dell'Andalusia e della Catalo– gna•· Il volume più importante, nella storia della fortuna del poeta in Italia, è stato quello che l'Editore Guancia di Mo– dena stampò nel 1940 Poesie (3) tradoue da Carlo Bo, con una prefazione che è uno dei testi più c.onosc.iuti sulla ·interpretazione delle poesie ' lorchianc. Questo volume ottenne un successo notevole e la critica si occupò, specialmente negli anni che vanno dal '43 al '47, particolarmente dell'epoca critica di Bo, c del teatro di Lorca. Successivamente oltre la traduzione di Vittorini Nozze di Sangue, l'Editore Bompia– ni, pubblicò, nel 1942, nella collezione Universale, sem– pre tradotti dal Vittorini il ff:f{: :en 1 f>i:i~:o ~re:! Amargo, e una breve prefa– zione che illustra la figura del poeta e che è rimasta co– me una delle pagine migliori della critica italiana su Lorca. Scrive Vittorini che e la poesia di Lorca è il rap– porto di memoria e natura, nostalgia e natura e diventa un'addizione inesauribile di un rapporto con 13. natura •· Dopo il 1946, la stampa italiana illustrava con saggi a articoli l'opera di Lorca, venuto alla ribalta interna– zionale come Paul Valery, Eliot, Campana ecc. Dal 1946 in poi sono usciti articoli e saggi su Riviste come lA Fiera Le.tteraria, Rassegna d'Italia, Dramma, Sipario, Oggi, ecc. Uno dei saggi più impor– tanti e che ha ormai conqui– stato un valore di testo, base per un'indagine sul teatro di Lorca e quello a lui contem– poraneo, è il saggio di Ore– ste Macrl, pubblicato sulla Ras.segna d'ltalitl, dal 5 maggio 1946. Citiamo semplicemente i nomi degli artisti, e dei cri– tici che si sono interessati all'opera del poeta dal 1946 a oggi. Franco Fortini, Carlo Bo, Oreste Macrl, Sergio Surchi, Giancarlo Vigorelli, R. M. De Angelis, ecc. (4) Lucio Ridenti, direttore della rivista Dramma inizia– va nel 1943 la pubblicazfone del teatro lorchiano con Noue di Sangue (fascicolo 410-411) tradotta da G. Vi– sentini. Successivamente usci– rono nel 1946(fascicolo 19-20) · lA Ca.sadi De Bernarda Alba tradotta da A. Recanati, e nel 1945 (fascicolo 12-13) Maria- na Pineda tradotta da N.N. Languasco. L'Editore Guanda iniziò le pubblicazioni sul teatro di Lorca nel 1942 con Man·ana Pinella, tradotta da A. Baldo, successivamente nel 1943 Donna Rosita nubile, tradot– ta sempre dalla Baldo; i due volumi contengono saggi quanto mai indicativi di Ore– ste Macrl sull'opera teatrale di Lorca e suoi c.ontcmpo– ranei del periodo Lorchiano. Ma la fatica di uno studio– so come Oreste Macrl non si fermò a questi testi e nel 1949 uscivano Prime poesie e canti gitani, nell'Edizione del– la Fenice (5) con un lungo saggio sulla poesia e sul– la cultura Andalusa. La fosca tragedia di Lorca Yerma tradotta da Carlo Bo nel '44 a cura dell'Editore Rosa e Ballar di Torino, e da Iacobbi, per l'Editore Se– colo di Roma, sempre nel 1944. Nel 1952 l'Editore Einaudi ba pubblicato tutte le opere teatrali di Lorca tradotte da Vittorio Bodini. La divulgazione dell'opera del poeta in Italia continua a cura di studiosi e di edi– fori. Viene annunciata la tra– duzione della prima opera teatrale Il malefizio della far– falla a cura dell'Editore Bom– piani. {I) Roma n-lX-1935, rar– ticolo è stato ripubblicato sul n. l9-21J del e Dramma• 1944, con dedica a P. G. Lorca. (2) Teatro Spagnolo colle– zione Pantheon, editore Bom- (contln~ pag. 6) e Lei certamente si stupirà di vederci in tait, non è ve– ro? • mi disse lui come leg– gendo il mio pensiero. , E' una vecchia usanza domesti– ca: il tait è il nostro pigia– ma. Sin da ragazzo, noi ab– biamo avuto un debole per questo genere di vestiti. Lei si stupirà di sapere che non poche volte, da giovanotto, andavamo al bagno indos– sando il frak di nostro zio. Un'altra volta, quando ci lau– reammo. indossammo lo sti– felius e andammo a letto cantarellando la marsigliese•. e E' un gusto anche que– sto, risposi io, ancora sor– preso di vedere la faccia (la luna piena dlsegnata dai bambini) di Leviatano, so– spesa sul tait indossato con molto e nonchalance •· - E giacché siamo in tema di confidenze - dissi - ancb 'io, quand'ero ragaz.zotto, avevo un debole per i panciotti di mio nonno. Erano talmente lunghi e larghi che uscivano fuori dalla giacca e ml da– vano la illusione di essere diventato UD uomo. In real– tà quei panciotti io l'amavo inconsciamente dal giorno in cui ero riuscito a svuotarli deUe monetine di •argento che mio nonno, quando li indossava lui, usava mettere dentro i taschini •· e Questo aneddoto è molto bello,. rispose Leviatano; lo inseriremo in uno dei nostri prossimi libri. Anzi, lo cite– remo senz'altro nel volume. Eh, caro amico, non ci stan– cheremo mai di dedicare le nostre idee e le nostre pa– role ai poveri di tutto il pia– neta. I poveri sono il nostro e Vede, la vita dello scrit– tore è qna vita difficile, di solitudine, di silenzio, di me– ditazione. Dicendo Noi mi sembra di essere in compa– gnia dei libri, del tavolo, del– la penna, delle parole, del tait, delle pantofole. Ah, que– ste adorabili J?antofole che hanno la pazienza di trasci– nanni, scusi il lapsus, di tra– scinarci da un punto all'al– tro dello studio, quando si fa le prove generali del modo con cui - io e miei piedi - dobbiamo camminare in pub– blico per farci umilmente notare dal prossimo vicino e quasi lontano•· Ascoltavo Leviatano e mi venivano a trovare le mas– sime più belle sulla modestia, sul silenzio, sul modo di passeggiare inosservati; e stavo perciò zitto, preso an– ch'io da un desiderio infi– nito di 5Ciogliermi nel noi. Leviatano, come avesse nuovamente letto nel mio pensiero, disse: e Perché non prova anche lei, quando è solo, a parlare ad alta voce e a dire noi? B' una emozio– ne rara. Ci si inabissa nel– l'inoonscio collettivo, senza essere visti da nessuno. E' più bello. Si riceve una spin– ta dall'alto in basso. Si ha la sensazione del naufragio. La prima volta che dissi ~fe~~iri ~ll~e !f::f::;:: /: ! 1 / i1ì:::ii· ~!ti!it1:~:~t:· :,irti~~ Io scelgo la libertà di pen– siero e il pensiero libero per accertarmi che sono io a pensare sempre ai poveri maledetti da altri e non da me, in un mondo che non può fare a meno della mia placida corrente di idee sul pane quotidiano. E' ancora un appunto che io metterò in ordine non appena mi sarò deciso a orientarmi verso la sinistra demoegualitaria o P~~ /: ;~~~~ra ul°J~r:nis;:_. zione rischierei di essere vi– sto e non visto, udito e non udito, letto o non letto. Lei ~~i!s:areLc~:t~o m!o c~~m~ot Posso perciò dire di essere l'uomo più pensato del mon– do, anche se io, qualche vol– ta, non faccio in tempo a pen– sare al mondo intero•· A questo punto squillò il telefono. Leviatano apri le braccia e, sorridente come una cordialissima nutrice - d'idee s'intende - mi disse: .. Sono costretto a c-one:edar– mi. E' certamente l'Ambascia– tore del Guatemala. Mi aspct• ta a colazione>. Quando fui solo, ml venne a trovare quella famosa mas– sima, scritta una volta dalla felice memoria di Mon taigne: • Nul n'est monstrc à Dicu • . ln fondo, mi dissi, anche Le– viatano è ormai Spinoziaoa– mente fra gli Enti univcrsa• li, con gli attributi necessari s'intende. ' IPPOGRIFO 111u111111111111111111111t111111111111 ~ E' u1clto lii RAMUN SBNDER ::; j I CINQUE LIBRI -' ~ DI ARIANNA ;; ~ ~ i Copertina d1 :S < O i FabrWo Clertcl ~ i= - e Artanna • /av1n-, mocltt _a~ ~ ~ ~ac,tmant!:nb,;:::. ~ ~ .J : amb1,uo • l'atmostua :>; ,(,..della c,,u.rra hl C1d u,r Z, Q ~ jo ~ SODALmo DEL LIBRO ~ ~

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