la Fiera Letteraria - XIII - n. 20 - 18 maggio 1958

Epif.anJ - e, come ripeto, non c·t nessun appiglio per dare lo stratto alle Lotterfa 11. u E lo dite voi che siete un prete? Ce ne me:-avigliamo. E il mestiere che eser– citano? Non basta? Già, voi le avete sem– pre à1!esc, le Lotteria. E che non li cono– sciamo i vostri discorsi'! Santa Mana Maddalena, Santa Maria Egiz.Ìaca! Con tutto il rispetto, noi, queste cose, non le abbiamo mai digerite 11. « Ufficialmente ... - disse calmo Padre Ep1far.i - quel mestiere non appare ... ufficialmente risultano casalinghe ... e non è dcth:, che vi sia anche una parte di ca– lunnia ... voglio dire insomma che alla Questura non risulta nulla ... e allora .. "· e( Ges:ù, Giuseppe, Sant'Anna e Maria - e:iclamò Donna Tommasina di rin~l– zò alla sorella - queste ono cose da farsi la croce nlla dritta e ali 'mmerao "· E in– falli si segnò rapidamente nei due sensi. ~ Dite a 11.,astro Quinto che ci metta. un po' d'olio: quello le conosce, no? 11. L~ vecchie tacquero e si guardarono. ,. Vo! credete?». Questa domanda fu rivolta' con tono diverso, calmo, da Donna. Clementina. 11 Lui giura d1 no ,1 disse se– ria Donna Tomma ina. ~ Dicevo per dire 11 fece abbassando il capo padre Epifani: e parve una tarla ruga che si ritirasse nel guscio. " Vi abbiamo tenuto in piedi tu.tto i1 tempo - disse Donna Clementina, con– servnndo l'improvviso tono pacato - se– diamoci e parliamo"· Padre Epirani conosceva quel muta~ mento di espressione: la curiosità ancora una volta aveva avuto il sopravvento sul– rirosa superbia delle vecchie. "-Vi ho det– to quello che dovevo dirvi 11. " Ma prendetevi almeno un caff'è... in– tanto !Acclamo quattro chiacchiere». « Mi dispiace, ma debbo proprio scap· pare: mi aspettano alli Bobbò per la con– (e-ssion-::!del Precetto. E ho la cartella piena di scartafacci di quei poveretti: suppliche, domande. cause ... eh! sapeste! ),. "'Le Lotteria dovrebbero stare al!~ Bobbo. Lu Signurc cu nni aenta! ,,. t'A: FIER'i\" TIT"TERaRI'.N HECITA INPARAD * llacco11to cli GILBERTO IIAZZI Alberlo Sughi: e Interno• "Lcl verità, scusatemi se ve la diciamo - aggiunse Donna Clementina - è che tutti sono bravi a chieder !avori: !"obolo per l'or!anatroflo, gli indumenti per i car– cerati, la statua d1 San Rocco, le Acca– demie del collegio, gli albi d'oro, le to– vailie del1'altare ... ma quando si ch1e<1e un favore, un favore che è giustizia ... nossignore ... le Lotteria hanno ragione. Le Lotteria! Ecco le gentildonne. le "casa– linghe ,i! Le De Luca, puah! Alle Dc Luca non si bada nemmeno >,. P:idrc Epifani sapeva benissimo che quel te tutt.1 >, era diretto a lui che avev.i. chiesto tutte quelle cose, e la coscienza gli rimordeva; non solo per essere stato troppo avido, ma perchè sapeva di non essersi impegnato .affatto per la questione delle Loneria. Padre Epifani era del pa– rere che il peccato rimaneva sempre pec– cato, sia se consumato nel centro del– rab1t.ato, all'angolo del palazzo De Luca, sia se consumato oltre la cinta delle vec– chie mura cittadine; anzi, semmai, la strettezza e la penombra del vicolo, la vi– cinanza deUa bottega di mastro Quinto rigurgitante d1 Santi, e· quei cro~eflssì, quei San Tommasi e quelle Sante Lucie dt ca.:-tapesta, senza occhi e senza colore, messi ad asciugare nei l?iccoli spicchi ai sole, contribuivano a mitigare Io scandalo, quasi a soffocarlo. Il 1?eecato avrebbe squillato alto nei dritti viali moderni, ol– trn la vecchia cinta di mura, il peccato sa1"<?bbcstato orribile e senza rimedio in uno di quel villini di Ialso moresco o di stile Liberty. "Voi Jate le cose più grandi di come sono - disse quando le vecchie si furono un po' taciute - quelle donne, in fondo, non vi dànno .alcun fastidio: sono qua sotto cd è come fossero a cento Padre Epifani alzò ancora una volta le sopracciglia, richiuse la sdrucita cartella di cuoio, so1·ridendo, e quasi senza vo– lerlo ripetè a mezza v oce le parole che aveva lelto nel V.an ,elo della mattina: 11 latroncs ef me ret'f'ice s praccede11f vos 11. "Adesso dite pure le male parole? Va bene che le Lotteria sono quelle che sono ... ma voi non dovete parlare cosi in presenza d1 gentildonne,,. Mostre Ron1ane * Pagliacci - * Scirra - Sughi Padre Epifani stava per andare via: altre volte aveva procurato guai per il troppo zelo; e le De Luca lo avevano messo in quarantena, con danno dei suoi orfanelli e dei suoi carcerati. Ma ebbe l'impressione di ritirarsi nel mezzo della mischia e, checché ne dicessero i suoi su– periori, egli era entrato nella Compagnia pc,r combattere, non per scappare: pensò che il Vangelo non era nutrimento pri– vato d<i consumarsi solo, curvo sugli al– tari, ma era erano da pestare in tutte le mole, anche le più pesanti e rugginose. Aveva già fatto un passo verso l'uscio quando tornò indietro e disse: 11 Non sono male parole, Donna Clementina, sono pa– role di Gesù, e furono pronunciate sulla soglia di un Tempio. Era un mercoledì, come oggi: mancnvano due giorni alla morte di Lui e sci alla sua Resurrezione gloriosa. Gesù, sui gradini del Tempio, raccontò alla turba la parabola dei due i:igli del "Jignaiolo; del primo che promise al padre di recarsi al lavoro e venne meno ali.a promessa, e dell'altro che disse " non voglio andare u e si recò sul campo spintovi dal pentimento. Ai Farisei che lo schernirono e di scro: "che vuoi dirci, Signor~ )1, Egli rispose: •·vi dico che i ladroni, i pubblicani e le meretrici vi precederanno nel Regno di Dio' )I' di LOBK'\Z.l 'l'U lTUII miglia ... chi le sente? )I. , « E come le difende! l• ringhiò Donna Clementina. E Donna Tommasina, bat– tendosi un orecchio con un dito: M Le sen– tiamo noi, Padre carissimo, noi le sen- · tiamo. Ogni volta che quei cancelletti !anno iih ... iih ... 10 m1 sento i brividi den– tro. Poi si sentono i passi di quelli che se ne vanno, e qualche volta fischiettano pure, gli sporcaccioni!"· « Dentro palazzo De Luca! Dentro Pa· jaz:ro De Luca! " borbottava per suo conto Donna Clementina e poi, rivolta al Pa– dre: « Voi lo sapete che Amalia nostra non sa nulla? E chi ha avuto il coraggio di dirglielo! Amalia nostra, Suor Geswna, crede che noi, certe cose, non le sappiamo neppure di nome. Ce ne verrebbe vergo– gna a noi, a dirglielo! Dopo che abbi.amo fallo tanto per guadagnare il Paradiso! 11. Padre Epifani alzò le sopracciglia. "Che cosa non sa? Non sa che Don Gennarino &i era venduti i bassi? 11 Domandò voltan– do5ti ora a una ora all'altra sorella. Don· na Clementina sbuffò senza rispondere-li, e Donna Tommasina si lamentò: "Questo sì, ma crede che ci siano botteghe, solo botteghe ... >•. 11 Meglio cosi ,,. « Meglio cosi un accidenti! lo, sta· cosa, voglio risolverla, ecco: mi voJ;lio ricom– prare i bassi, sono padrona ...? Siamo pa– drone, Mimma? >1. t• E già sorella mia! - piangeva la più piccola - ma adesso vogliono cinquanta volte tanto: c'è stata la guerra di mezzo! 1>. Le due candidate al Paradiso ripetevano un vecchio discorso che Padre Epifani conosceva a memoria. Donna Clementina non disarmava: (\ E siamo padrone di rovinarci? Di venderci gli oliveti? Lo faremo! Un giorno mande– rò l'avvocato qua sotto: teniti! Vi basta? 11 doppio? E doppio si.a! Ma andatevene. Mo' mo' dovete andarvene! E faccio di· sinfettare la casa ... )1. « Ma voi le avete mai viste que'ste ... queste signore? >1. • Ci mancherebbe! n accordarono insie– me le due sorelle su due toni diversi. « Dico: le avete mai viste? No! Appun– to: non si fanno vedere mai; si fanno i fatti loro, stanno sempre tappate in casa ... e allora ... sentite me, voltate gli occhi dal– l'altra parte e alfldatevi a Dio. Dio guarda nei palazzi, ai piani nobili e ai bassi..."· "Già, ma quando il canceJlo fa iih ... iih. siamo noi a sentirlo 1, disse Donna Tommasina. " E con questo che cosa volete dire·! )1 domandò Donna Clementina, puntandogli contro i:'ll occhi e i baffi. Aveva !"aria battagliera, ma cercava di vincere un ,·ago superstizioso sgomento che, a queUe antiche parole, di soppiatto, le si era in– sinuato nell'animo. « Non sono io che dico o che ho detto. Fu Gesù a dire cosi. In questo gli Evan– gelisti sono d'accordo >1. 11 E cosi, secondo voi, le Lotteria ci prec('dcrebbero... Adesso non ci manca che cl offen ete .., quello ci manca ... e poi che altto? ... 1,. L'aria era pt-oprio di 11- tigio. '( Non sono peccatrici diHerenti dalle altre. Anzi... vi ricordate l'ordine di pre– cedenza dei setti peccati capitali? Super– bi.a, avarizia, lussuria ... La superbia e la avarizia !anno d'avanguardia e battono il tamburo,,. Il Soldato della Compagnia, per quanto mal vestito e impolverato, continuava a combattere; e dopo aver vi– brato il colpo ne spiava J"effetto, non senza timore. Ma, per fortuna, sulle lab– bra della De Luca affiorò un sorriso di compatimento. " Padre mio, sarete 'nu sant'uomo, ma siete un poco scollato: ha ragione il vo– stro Rettore >1. Padre Epifani sorridev.a: t( Sarà, sarà, sarà 1, ripeteva avviandosi verso nn.res– so, seguito dalle ,ignuri11c, e si augu– rava che il colpo non fosse andato proprio a vuoto. A,,eva forzato la sua natura pa– cifica. e non voleva aver compromesso per niente qualche tovaglia d'altare o l"obob per i carcerati. Ma la sua mente telepatica gU faceva vedere il graneUo di senape che proprio in quel momento si era piantato nel cuore deUe vecchie zi– telle. GINO DE SANCTIS (0 Po,che aera nel 1111. io atro~amen– :o delfAqne/lo rra an~nuto. per e$atte:ui. m,11eott,x-entotta11tnsef anni pnma. Ma Pa– dre F.mfa11i. distratto. si ri/erim al corrente 1t anno dt Gra.:,o •= la Qual Gra.310 d c! resto. tra ,mpl1ctra nell'Avt·ento . «es.so d.dl 'At,ne/lo. (1) Cosi a Lecce chia/'1'1a no /e tetre ca.rcerl costruite dai Porbon1. * Lettera rontana: le ferite' e di JlrlRIO PltJtJHI In una conferenza tenuta tempo fa René Huy– ghe. insegnante di psicologia deirarte al Collège de France. citò una ispirata pagina di Paul Clau– del. adattandola a conclusione del suo discorso. Le belle frasi di Claudel erano dedicate alla perla: nata dalla carne viva. da un« ferita della carne. e attraverso gli anni componendo a poco a poco Ja sua forma perfetta. Ja perla vinà immortale. col suo puro colore. Ja sua freschezza e 1a sua bellezza: uscita dal travagJio e dal dolore d"una creatura essa non porta ,alcuna traccia delle sofferenze a cui deve la vita e le trasfigura nella sua eterna :serenità. Cosi l'arte. disse J"Huyghe. che nasce da una mancanza dell"anima o del corpo. da una im– perfezione. da una ferita, da un·aspirazione non !realizzata, d1mentic.;mdosi della sua origine com– pone Je sue visioni di bellezza. in quel mondo dove "'tout n'est qu'ordre et beauté. / luxe. calme et volupté >. Una ferita, dunque: il senso d'inferiorità e il continuo cocente dolore d·essere storpio, di Tou- 1ouse-Lautrec. si tramutarono nella sua opera in una ricerca continua. in una mitizzazione del mo- \ vimento visto in mille forme: la morbosa malinco– nia di Watteau. cosi mal capita. e quel suo senso pessimistico della vita. gli face~·an c.oHocar~ i su?i personaggì fo merzo a masse d alberi che h domi– navano e schiacciavano. e facevano scegliere al suo pennello i colori della putrefazione e del disfac!– mento; l'angoscia che ispira,·a a Bosch le sue vi– sioni e le sue figure allucinanti. permise alla sua fantasia di concepire e di realizzare un Inferno vero e pieno d'orrori. ma non riusci a fargli nPp– pure intravedere il Paradiso. che in un quadro famoso egli immaginò come una galleria in Condo alla quale splende una luce. ma tutta circondata daUe tenbre e senza che oltre la luce si possa distineuere nulla. A questi ed agli altri esempi portati dall'ex-consen·atore del Louvre. se ne po– trebbero aggiungere dieci ne. centinaia. migliaia: tutti gli artisti. forse? tutti gli scrittori. e i poeti? La tesi e indubbiamente suggestiva e contiene una buona parte di verità. seppure abbia il torto di essere formulata a posteriori e, !orse. di caricare un pa· le tinte. ~la prendiamola per buona, e non e difficile farlo. VisttJ sotto questa luce il recente convegno cul– turale di Cadenabbia muta un poco aspetto. A Roma accade spesso di vedere convegni delle per– sone più disparate: a volte ciò che le distingue e le unisce è un berretto. un berretto da alpino. per esempio: altre volte è l'età: son tutti vecchi al di sopra dei settantacinque anni: altre volte è una mutilazione: a chi manca il braccio, a chi la gamba. a chi tutt'e due. A Cadenabbia erano radunati dei fabbricanti di perle che esteriormente apparivano uguali a tutti gli altri uomini. e soltanto uno sguar– do esercitato o determinate circostanze avrebbero scoperto le caratteristiche comuni. Secondo le inte– ressanti ma non nuovissime idee deirHuyghe. co– storo sarebbero stati degli indi,·idui più o meno incompleti. e la prova poteva esserne il loro inte– resse ed il loro accanimento intorno a questioni che di solito non preoccupano allatto l'uomo nor– male: individui che un abnorme s,·iluppo aveva reso sensibili in tutta !"epidermide come lo e 13 punta delle dita dei borsaioli. grattata e limata fino a presentire il contatto prima ancora che sia avvenuto. e a trasmetterne la sensazione in modo quasi doloroso: individui di molteplici vite. che proiettano i tentacoli della loro mente in mille direzioni e con intensiti sempre variabile. che vh·ono coj loro simili ma da loro sono isolati. forse a causa della pre~nza dei personaggi che ciascuno ha inventato, e che. mostruosamente somiglianti al loro autore, gli stanno intorno, come ectoplasmi. Parlando. pare,·a che costoro alludessero 5em– pre. in maniera più o men coperta. a un male comune che tormentasse tutti. e· che fosse avverti– bile soltanto in forza del male privato che tormen– tava ciascuno; come i ricoverati d 0 un sanatorio che. qualunque siano la loro attività e i loro discorsi. non perdon mai di vista la condizione comune. Nella conclusione di quel magnifico libro che è le Memorie d'ottretomba. Chateaubriand. pros– simo alla .fine. si guarda attorno, fifurando ideal– mente d"essersi posto su un'alta cima, descrive il panorama che sta sotto i suoi occhi e .fa delle con– siderazioni. piuttosto pessimistiche. sul futuro del mondo: e Nulla più esiste ... ogni cosa e negata ... le tenebrose steppe in cui stiamo entrando ... una fama dura per un·ora. un libro invecchia in una giornata, scrittori si uccidono per attrarre ratteu– zione ... Tutti deplorano questa situazione; eppure le illusioni sovrabbondano, e più si è prossimi alla fine e più si crede di vivere... L'invasione delle idee è succeduta alle invasioni dei barbari: la ci– viltà odierna. decomposta, si perde in se stessa: non è stata travasata. bensì il vaso che la conte– ne,·a s·e rotto ... e L·esame si estende, con conclu– sioni non migliori. ma che colpiscono per la •loro vivezza: e ... La società è minacciata daffespansione deirintelligenza non meno di quanto lo sia dallo sviluppo della natura bruta: fi~uratevi le braccia condannate al riposo a causa della molteplicità e della varietà delle macchine: ammettete che un solo mercenario. la materia. sostituisca i merce– nari della gleba e della domesticità che sarà del genere umano disoccupato? che sarà delle passioni. oziose al pari d.elrintelligenza? •. A Cadenabbia. negl'interventi più acuti ed ispi– rati come pure in quelli più superficiali e dema– ,i:rogici, pareva cli notare una preoccupazione del futuro, non manifesta sempre ma sempre presente, la perla * abbastanza somigliante a quella espressa nelrac– corata e nobile chiusa delle Memorie di Chateau– briand. Sono somiglianze casuali, oppure sono due voci di un eterno. solito lamento? di quel lamento provocato dalla scontentezza di sè più che degli altri che dalrinconcludente clamore può giungere a purificarsi nella rotondità della purissima perla? Scopo di convegni come quello di Cadenabbia e di trovare dei punti di contatto e d'intesa !ra uomini di diversa formazione. di contraria ideo• logia. Questi pare che si siano trovati. tra contra– stanti aUermazioni di sciocco ottimismo e di com• pleto ma più sano pessimismo. nell'affermare la necessità di un ritorno all"interiorità: 1, O homo, noli foras ire. 111 te redi: i.n i,tteriore homine habitat vcri!a.! 1, (S. Agostino). Era la stessa conclusione a cui giungeva 1'.1oravia in un suo saggio del 1946 (pubblicato nel 1954): e Se è vero che le macchine dovranno permettere un giorno all'uomo di dedi– carsi per gran parte della giornata a se stesso e non ai problemi della produzione. se questo para– diso e possibile. noi avremo certamente l'abban– dono degli stupidi svaghi che oggi riempiono i margini dei tempi del lavoratore moderno e un ritorno massiccio alla contemplazione. ossia alla ricerca della saggezza>. Forse ne::isuno di coloro che oggi procl.lrnano rurgenza assoluta di simili pensa di cominciare l'opera da se stesso. La formula e esclusi i pre– senti•, di universale applicazione. vale anche in questo caso. ~la e già qualcosa che si pensi ancora alla contemplazione. ct,e la si presupponga ancora possibile. che la si desideri. A volte certe parole spariscono addirittura dal vocabolario. MARIO PICCHI

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