la Fiera Letteraria - XII - n. 2 - 13 gennaio 1957

Domenica 13 gennaio 1957 T.A FIERA I F.TTERARTA Pag. 3 LO SCRITTORE E LA SOCIETA' * DISOORSO SULL' "ELIAS PORTOLU,, * DI GllAZIA DEL.EDDA DOVERI dipartecipazione * Esistono dei limiti che anche lo scrit- tore, come tutti, deve saper rispettare * d~ GUGLIELJUO PETRONI Ogni settimana, pensando che dovrà pur venire il momento in cui si potrà parlare dello scrittore e ciella letteratura secondo l'opera e riguardo all'opera, mi propongo di cercare argomento che finalmente si distacchi da quelli ohe'1:rattiamo da molti mesi sempre imperniato sulla collocazione dello scrittore hl mezzo altri altri; ma ogni settimana ancora mi ritrovo in quella scia trascinato dall'insistenza, non certo in– giustificata, con cui per ora lo scrittore e la società, lo scrittore e la politica, rimangono temi di molti, a cui molti si rManno. Questa settimana, per esempio, molti sarebbero gli argomenti importanti a cui rifarci, sempre jn questa prospettiva, ma voglio prendere l'avvio da uno che, in un certo senso, è marginale: Manlio Lupinacci, in uno dei suoi corsivi su « Epoca » ha dichiarato assru fr:ettolosazpente di non giustificare quello che succede oggi nella società letteraria, giacchè gli scrittori, per lui, sono una categoria che nulla ha di particolare ed in nulla differisce dalla categoria dei medici, per esempio, e che come troverebbe assurdo che i medici, come categoria, facessero delle dichiarazioni politiche trova assurdo che lo facciano gli scrittori. Questa affer! mazione sbrigativa, siccome ci sembra anche un poco grossolana, quasi si stenta ad attribuirla a certo garbo che Lupinacci· ha sempre dimostrato. Non mi sem1lra che in questa sede, tutta dedicata alla letteratura, si possa sentire molto le necessità di ripetere perchè uno scrittore, in rapporto alla vita. anche a quella «politica», non possa essere conside– rato come categoria, e nemmeno come individuo, nelle identiche condizioni di un medico. (Si badi bene, non è una questione di valori, ma di pura differenziazione: questo sia detto per i medici) del resto i lettori della Fiera ricordano che già più di una volta ci è accaduto di dire che non consideriamo lo scrittore un individuo privilegiato, ma un professionista come tanti altri. . Non è certo un argomento di polemica quello che ci pone Lupinacci, ma è certo un interessante argo– mento d'osservazione, specialmente se si tien conto che, comunque sia, ci giunge da un uomo di prove– nienza tutt'altro che priva di tradizioni, di educazione ottimamente controllata. · Dunque, se non è necessario metterci a parlare del •pernhè uno scrittore in molte circostanze è tutt'altro che estraneo alla vita civile del paese in cui vive e, oggi, di ciò che avviene nel mondo, non è però inutile domandarci perchè da una parte ci viene la negazione di questo dato di fatto, ed è assai facile rispondere: oggi troppa parte della letteratura, da noi ed anche in altri paesi, adempie i suoi, diciamo così, doveri di partecipazione sociale, in funzione direttamente po!ì. tica, direttamente in contatto con le esjgenze di par– tito, per non dire del dirigismo di partito; ed è qui che la polemica. se da una parte dà allo scrittore in quanto tale funzione di uomo politico vero e P{OPrio, dall'àltra gli viene ne'gata. Pura polemica demagogica dai due lati. Ma mettiamoci fuori della polemica. ricordiamoci ciò che non molto tempo fa ci accadde di dire sui limiti che, anche lo scrittore, come tutti, deve rispet– tare e, passando oltre, chiediamoci perchè mai, senza risalire al Risorgimento, ma solo rimanendo stretta– mente nel nostro tempo, gli avvenimenti più signifi– cativi, non diciamo della politica, ma del risentimento degli uomini contro la politica tirannica. il totalita– rismo d'ogni tipo, l'utopia oppressiva, è promossa sempre più o meno palesemente dagli intellettuali in genere e dagli scrittori in particolare. Evidentemente nel mondo odierno vi sono elementi tali, maturati in vari modi, non del tutto controlla~ili fino ad oggi con un esame scientifico dei fatti. i quali pongono lo scrittore all'avanguardia del riscatto dei Di-ritti dell"uomo e, se questa non è politica militante (per fortuna) è pure la politica del mondo che vuole riscattarsi dagli errori e dagli orrori cne ha cono– sciuto direttamente. Non stiamo ora a indagare sulla natura della condizione umana, a domandarci se questa particolare condizione è permanente in essa o è con– tingente,. se può essere superata o no, rifacciamoci solo ai fatti. Dobbiamo a questo punto citare nµovamente ciò che è avvenuto in Ungheria, ciò che forse sta avvenendo segretamente in Russia. benchè poco ne sappiamo, ciò che è avvenuto e avviene in Spagna? Oppure dobbiamo rièordare ciò che avvenne in Italia e la parte che ebbero anche qui gli « intellettuali » nella guerra di liberazione: non ci sembra il caso. Certo che, se sugli scrittori, oggi, la polemica po. litica può far della demagogia, la colpa è anche di ;9.Jcunesituazioni equivoche create da una parte di essi; mi pare pe:rò che tutto ciò serva soprattutto a ribadire il fatto che lo scrittore è posto per sua natura nel vivo dei fatti, anohe politici. e non se ne può sot– trarre. Gli errori, dove sono, sono gli stessi della società di cui fanno parte; ma anche in questo caso, se si volesse fare del campanilismo di categoria, do– vremmo ricordare che, alla resa dei conti, ed è di questi giorni, al punto di rottura, lo scrittore ha sen– tito da per tutto qual'è la sua vera responsabilità ed ha cercato di correggere, dove ce n'era bisogno, co– raggiosamente, la propria posizione. A me pare ~e tutto ciò debba significare molto, che debba costrin– gere anche i più polemici o restii a far mente locale. GUGLIBLMO PETRONl -~ Giova,nni Consola.zione: " Figura." Pubblicato la prima vol– ta a puntate nel 1900 sul– la rivista Nuova Antologia di Roma, e in .volume nel 1903; sotto~osto a qualche ulteriore ritocco di scrit– tura per l'edizione 1917: I'E!ias Portolu costituisce il primo alto punto d'ar– rivo della non ancora tren– tenne Grazia Deledda, nel– la direzione di schietto im– pegno etico da cui nel 1896 era nato La via del male: anzi, nel giudizio di talu– no, è esso il maggior li– bro della lunga e fortunata carriera di lei, coronai.a dal Premio Nobel nel 1927, e chiusasi a Roma vent'an– ni fa, il 16 agosto 1936. Com'è noto, trattasi del– la semplice storia di una tentazione d'amore, come altre ne raccontò prima e poi la scrittrice sarda: que– sta volta con sapore d'in– cesto, fra il giovine Elias Portolu e Maddalena, fi– danzata e poi moglie del fratello; una· tentazione, che tale si configura, a causa del pungenté senso di colpa con cui Elias la subisce, e variamente vi resiste ma senza mai usci-· re dal malefico cerchio in– cantato cli cui essa lo av– vince. Il romanzo consi– ste, non tanto negli aned– doti esterni della storia d'amore, bensì precisamen– te nella severa contem– plazione della lotta mora– le combattuta angosciosa– mente dal protagonista; con un atteggiamento mi– sto di condanna, e di pa– tetica comprensione uma– na, che nella prima edi– zione del' libro veniva sot– tolineato dai brani della Imitazione di Cristo pre– messi al romanzo in qua– lità di epigrafe, a sugge– rirne appunto la materia e il tono: e Tutte le volte che l'uomo alcuna cosa appetisce disordinatamen– te, tosto si trova nell'in– quietudine. Quindi è che prova sovente tristezza, allorché se ne astiene, e di leg~ieri si adira se al– cun gli resiste. Se poi tien dietro a ciò che brama, tosto il reato della coscien– za l'opprime perchè si ab– bandonò a.Ua passione che nulla· giova alla pace che ricercava>. Si era negli anni in cui, tacendo da lungo tempo il Verga, la scena letteraria italiana era splendidamente domi– nata da un solo protago– nista, il D'Annunzio, che l'intonava a tutt'altri in– teressi che religiosi e mo– rali; nello stesso modo che in genere il simbolismo e decadentismo, nella cui corrente egli si muoveva con la maggior arte euro– pea del tempo, non affron– tava una realtà da stori– cizzare' giudicandola, ma da evaciere semmai nel– l'indeterminato della mu– sica. e De la musique avant toute chose >, tale infatti durava ancora la ricetta poetica del Ver,laine; e un modo di applicarla era per il D'Annunzio dimenticare affatto i fermenti narrati– vi e introspettivi dei suoi primi romanzi. I! piacere, L'innocente, ecc., modu– lando quella musica e sine materia> nell'unica mate– ria dell'agreste o marino paesaggio. Nascevano così col nuovo secolo le grandi liriche che faranno ciclo nel Libro III delle Laudi, intitolato ad Alcione. l'an– no stesso dell'E!ias Porto-· tu in volume; liriche da cui rimane bandita ogni specie di psicologia. non– ché di meditazione o giu– dizio storico-morale; e in suo luogo è sempre e sol– tanto il paesaggio a por-' gere pretesto al canto. Da tale genere di espe– rienze, un romanzo come l' E!ias Portolu restava as– sente, in disparte; con un piglio, dignitoso insieme e modesto, come di chi si guarda bene dal mettersi avanti, dove lascia spadro– neggiare i più bravi a cui egli stesso rivolge un'am– mirazione scevra di invi– dia; e si contenta dell'an– golo d'ombra che gli per– metta di dire intanto, a chi ascoltarlo vorrà, ciò che gli importa nei modi che gli importa di dire. Non che la materia e i modi d'arte de.Ua Deledda rap– presentassero, nella let– teratura dell'epoca, un'e– sperienza sconcertante di novità; tutt'il contrario, si riallacciavano scoperta– mente al maggior filone d'arte del secondo Otto– cento, da cui aveva mos– so i primi passi anche il b'Annunzio prima di ve– nire scoprendo terreni più suoi: il filone cioè di un naturalismo dove la realtà · storica conservava tutto il suo peso, dove il paesaggio era la geografia, scenario alla storia, e dove il giu- - dizio di natura etica eser– citato sulla realtà era per definizione un modo di prenderne possesso, l'ango– lo visuale da cui guardar– la. Appartengono varia– mente a codesto filone ope– re come Madame Bovary del Flaubert, Delitto e ca– stigo del Dostojevskij An– na Karénina del Tolstòj, I Malavoglia del Verga; nella cui scia si moveva evident'emente la Deledda, donde il senso di cosa ri– saputa che davano le sue Invenzioni ai lettori me– glio scaltriti, e il pubbli– co onestamente borghese che guardava a lei invece, con un consenso che non le venne mai meno, qua– si rifugio e riposo contro l'imperversare scandalisti– co del superuomo D'An– nunzio. In quella cerchia, accadeva del resto alla scrittrice, non distratta mai da se stessa, di afferrare talora il suo tema con ri– lievo nient'affatto volga- ILDBAMMA D'UN AMLETO PAESANO * L'eccellenza del libro sta proprio nell'aura angosciata e assorta in cui fin quasi verso la fine il risultato del romanzo vecchio stile può lare il suo ({Ìù.oco senza riuscire a sperderla, anzt da~dole sempre nuovo, non motivo a svilupparla, ma pretesto a modularla musicalmente re; come nell'Elias Portolu appunto; talché, tutt'insie– me, era più facile starle alla larga che respinger– la nel llinbo dell'inesisten– te; e un modo di siste– marla nel quadro trop– po diverso della lettera– tura contemporanea, fu di farne un caso a sé, dedi– candole una grande scap– pellata ma di lontano, co– me tale che restasse fuori dalla tradizione di casa. Finché il premio Nobel, favorito magari da quel tanto di pressappoco che accompagna il giudizio de– gli stranieri sulle cose al– trui, si t,rovò a coincidere qui da noi con la fase di- di scendente della parabola del D'Annunzio (o del fa– natismo che anni prima aveva accompagnato la pa– rabola del D'Annunzio); e sorse allora dell'arte della Deledda un'interpretazio– ne rivendicativa, agonisti– ca: in cui quel suo rifar– si all'arte Ottocentesca che abbiamo detto, diventava quasi lunga confutazione del dannunzianesimo men– tre durava, e suo impli– cito, anticipato superamen– to. In tal modo, non man– carono critici insigni ad avvicinare la casalinga De– ledda alle turbinose pro– fondità addirittura del Do– stojevskij: critici di rico- * JJJICHELIS nosciuta autorità, come il compianto Momigliano; al quale app'artiene · il se– guente giudizio a pro– posito dell'Elias Portolu: e Forse è questo il libro di più alta e insieme di più solida moralità che sia stato scritto in Italia dopo i Promessi sposi>. Notevole invero, anche per il lettore disincantato di oggi, e a parte ogni ri– schioso accostamento po– lemico, sia al D'Annunzio, sia al Dostojevskij e al Manzoni; notevole riesce la carica spirituale dell'E!ias Portolu, chi gli si ab– bandoni leggendo; diciamo proprio la suggestione del- !"austera e religiosa mo– ralità, che l'epigrafe del– l'Imitazione di Cristo an– nunzia ma non esaurisce. Abbiamo già accennato che materia del romanzo è la tentazione d'amore, che il giovane Elias Portolu su– bisce nei confronti de.Ua cognata Maddalena, sen– za mai arrendersi anche quando travolto vi cede; chiuso nel cerchio d'orro– re del peccato e quasi sa– crilegio. familiare ch'egli sta commettendo, ciò che gli impedisce di agire co– me ragionevolmente do– vrebbe. rivelando prima delle nozze la verità e spo– sanào lui Maddalena. Im- UNA POESIA· lNEDJT A * L'auriga * di ENZIO CETRANGOLO Madre, se il giro ardente della ruota senza più freno ormai nè sosta, muove per la nuda rapina dei miei giorni alla meta sicura, che divide con urto inevitabile lo spazio polveroso dai tuoi limiti quieti, tu sarai già venuta su le sponde vicine del ritorno per attendermi. auriga stanco dopo breve corsa. e risanare il male del mio salto. Ti-ema il polso al sostegno delle redini, mi bruciano le mani per l'attrito, rasento a pena l'argine sui gorghi; attraversai le larve del meriggio. flussi calati nel tramonto, e sibila il flagello più acuto verso sera: trasporta l'età mia rapido carro come il tornado da improvvisi groppi uscito nel deserto guida i· cieli per corti voli alle stagioni ferme. Ma prima che scompaiano nelJ'ombra i corsieri del tempo stimolati da un impeto di forme dove il nulla si figura ai miei lati per le cose che mi vennero incontro, false o chiuse meraviglie fuggite alle mie spalle. nella tregua più lenta che precede la caduta riprenderò il sentiero su la marina e porterò alla pietra una luce che schiarì la tua veglia. Guarderò di lassù tutta rifulgere la china antica degli ulivi al mare per aprire la via della tua attesa; e nel miraggio estremo· salirai da rive mute di perenne verde tu forse a dirmi che i terreni giorni dove più non ti vidi erano fragile specchio di un'altra luce, a farmi credere mutato in fermo vero nella vostra dimora ster1ninata il nulla umano. Ma non potrò agitare altro che un fuoco di voti infranti: questa palma secca del certame veloce, la corona che preme il tempo sul mao capo e offri.ria a te "11 colle dove fredda l'orbita lunare si ripete, presso l'urna levata sul respiro del Tirreno contro il monte da cui scendeva il Sonno lento a cavallo con la benda nera dalle tue nenie tarde richiamato. E tu, come sparisce una visione d'oro nei veli bruni delle fiabe, te ne andasti col Sonno in lieve scàlpito una sera per tràmiti di nebbie lasciandomi nell'alba la memoria del tuo canto interrotto; e fu il mio crescere questo andare precipite per togliere una fiamma dai giorni consumati e donarla al tuo amore perchè .possa tu, Madre, illuminare la mia fine. Là in fondo ecco giacere ]ungo i lidi, che la burrasca affolla di gabbian,i emuli dello strepito marino, frantumi d'illusioni smisurate per le quali sperai allentare il corso e indugiarmi sui giochi alti dell'Iride: ma come in seni oscuri per celesti zone l'arco dell'Iride si perde. la mia fretta costrinse ogni stupore ·a lontani' trapassi in cerchio fisso. Davanti alla tua luce si raduna in cumuli deformi tutta l'ombra delle cose vedute al mio passaggio; e tutto cade in qu~sti ultimi tratti del cammino che mi piegò la vista in altri volti per trovare il tuo, giovane simulacro di bellezza: confusi volti, cercavano anch'essi sporti sul vuoto a chi sa quale assenza l'uno nell'altro inutile riparo. I miei tentati mcontri non disciolsero da ceppi ferrei questa solitudine che da te ho ricevuto, di non altro erede, o Madre, che di questa corsa ormai compiuta, come l'orizzonte già opaco mi prenunzia in segni certi; dell'ansia di vederti in qualche aspetto simile al tuo, difeso dalla fuga sorda dell'ora a una parvente gara, dove. ciascuno corre in solitupine. E non sa chi preceda nè chi segua, nè perchè gl'intervalli di deserto non si colmino mai quando pur sembra di mille voci la concordia udire o quella sola che ci mosse chiedere e offrire ascolto e rendersi straniera, straniera sempre o appena udita spegnersi se dava un suono noto e un'altra sorgere e in nuovi sguardi sfavillare inganni sui gelidi squallori dell'arena. In raffiche s'avvinco,.;o sul circo al passato le spire del presente balestrate agli scontri del futuro e nembi dal mutevole sereno vestono di sgomenti l'allegrezza; da poco vento furono disperse con levità di steli le lusinghe ohe splendevano presso il desiderio, e da vietate plaghe è ricaduta ogni torbida audacia nel dolore. E' questo il campo dove pure andaste voi coperti da anni innun1erabili, incorrotti dell'ombra abitatori, voi padri spinti alla vittoria sterile dagli stessi corsieri incontenibili che dalla notte vostra, ove anche me deporranno, risalgono l'insonne cammino a trascinare su le tracce da voi battute. non si sa fin quando, dal tumulto alla quiete i nascituri. E verranno migrando esuli ciechi da !onde scaturigini a piegarsi frustati sotto i colpi acri del tempo per erte e stretti valicl1i travolti da guide amare di pungenti strali, sempre soli tra varie moltitudini dell'unica semlbianza che rinnova e tramanda l'impresa timorosa di accendere una lampada e sospenderla alla foce notturna del tragitto. Tu Musa eletta dalla Morte, Madre, al mio canto, bu e:flfigie ricomposta dalla rovina, tu parola natl:\ da speranze più lunghe della vita e più brevi di un giorno, ma del giorno come il nostro adagiato sui sepolcri durevole favilla; tu potrai la mia sorte di pena benedire quando, unite le ceneri alla polvere comune, ci sapremo riconoscere. Forse la conoscenza è nel disperdersi, forse trovarsi dove manca un limite è possibile: nascere fu questo perire· nell'illimite, mancare a noi, vivere il nulla per entrare nel tempo a consumarsi nel finito, a cercare nell'essere la morte, a inseguire l'oscuro dalla luce: fu il tuo mancare, Madre, per la mia corsa nell'atrio immane sotto il cielo. Quando varcai l'entrata io mi restrinsi, nè g11adagnai lo spazio, intorno al termine; ma nell'ora che il numero dei giri più stretti chiuderà sul nero. vortice, non taglierò le briglie nel pericolo; giacchè come un abisso fu l'origine che mi diede una forma nella luce, un abisso è la fine, o Madre: vuota notte su cui si sporge la tua pietra algida, soglia aperta su l'ignoto. Soglia che attende il balenio dell'essere, visibile spari.re; .e almeno fosse, Madre, il tuo "\'Olto a .trarre la mia corsa, il tuo seno a lenire la caduta; nulla vedo di te, ma pur ti fingo segreta, forma viva del silenzio: come ai piedi dell'urna la cresciuta erba che piega il vento del Tirreno, se torna il suono dell'Autunno grigio, ia penserò piegata dai tuoi passi. ENZIO OETR.ANGOLO cc Come il tornado da improvvisi groppi ,i. Il tor– dado è una tempesta violenta che colpisce te terre de!. !' Africa occidentale: è generato da una striscia o catena di groppi, venti di mutevole direzione che si levano i-mprovvisamente e durano poco, frequenti ne! periodo di passaggio dalla stagione umida a quella secca. L'evidenza dell'allegoria potrd scusarmi la simi. !itudine peregrina. « Non taglierò le- briglie nei pe.-ico!o •· Le redini cingevano tutto l'auriga. che portava alla cinto!a un coltello pPr tagliare le briglie in caso di pericolo pedito di scegliere, sceglie pertanto di assistere alle nozze compiute, trascinato fatalmente all'adulterio, da cui nasce un figlio che vie– ne creduto del fratello; non rassegnato tuttavia, quasi cercando al di fuo– ri l'aiuto che cerca invano in se stesso, fino a giun– gere al rimedio eroico di entrare in seminario per farsi prete. Ma l'indecisio– ne e l'angoscia continuano a moralmente paralizzarlo anche quando. morto il fratello. potrebbe almen ora sposare la cognata e occuparsi legalmente del bambino; invece, J,lrOprio adesso accetta di ricevere gli ordini sacri: non sol– tanto per il timore dello scandalo che provochereb– be una decisione diversa. altresì per qualcosa in lui che lo tiene amaramente staccato sia da ciò a cui obbedisce come costretto, sia da ciò a cui pur vor– rebbe virilmente decidersi. Né cessa di turbarlo la ge– losia, ormai soprattutto per il figlio, che le vicende del– la vita coop-erano ad al– lontanargli vieppiù; finché anche il bambino muore: ma se la donna, diritta ed univoca nel suo sentire, disperata ravvisa in code– sta morte il castigo della colpa commessa, l'uomo in– vece vi coglie quasi una pace: infatti (così conclu– de il libro) e l'anima sua si trovava finalmente so– lai purificata dal dolore, so a e libera da o,e;ni uma– na passione, davanti al Si– gnore grande e miseri– cordioso>. Anche per chi non ha riletto recentemente il ro– manzo, che di leggerlo o rileggerlo ne vale la pe– na, basta il semplice sun– to a mostrare con ouanta finezza e ricchezza gli svi– luppi psicologici e narra– tivi si mantengono pari al tema, proposto dall"epigra– ie ascetica: cioè lo stato d'inquietudine. fra tristez– za e ira, in cui oscilla per– petuamente il dramma di questo Amleto paesa110. e che deriva dal desiderio mondano. per definizione inappagato anche quando appagato nei fatti. E al– meno ciò, per passar d'an– ni non si potrebbe non lo– dare nell'animosa scrittri– ce: la tranquilla sicurezza di sé con cui ella svolgeva il filo dell'altissimo tema. Fra i grandi romanzi del– l'Ottocento, che abbiamo innanzi nominato come presupposto della Deled– da, qui si pensa più pre– cisamente all'Anna Karé– nina del Tolstòj, al quale anche presiede un'epigra– fe religiosa, anzi biblica: e Mihi vindicta, ego retri– buam >; e anche l'eroina del Tolstòj. come Elias Portolu, nell'appagata pas– sione trovava risor&"ente angoscia e una specie di aridità che invadeva a po– co a poco la sua stessa passione; anch'ella in pro– porzione diretta della no– bile natura della sua ani– ma, cb,e · le impediva di aderire fino in fondo, con la futile irresponsabilità dell'appetito sensuale, a ciò che ella ben sapeva es– sere peccato ma non sa– peva rinunziarvi. Fra le due epigrafi religiosamen– te intonate, risuona in quella del Tolstòj una ll)a~giore secchezza di giu– d1z10 mori1le, proprio giu– d1z10-castigo contro ciò che vi appare unicamente col– pa e peccato; in quella della Deledda, un interes– se più mobile agli aspetti fascinosi per cui la colpa arriva a insignorirsi del– l'anima nostra. Sulla te– stimonianza delle due epi– grafi pertanto, e senza co– noscere i libri. si potrebbe dedurre perfino un più schematico e arido mora– lismo nel romanzo del Tol– stòj, un più vivace inte– resse della Deledda allo sp·ettacolo della vita inte– riore in atto, nella sua complessa realtà. E' per– sin ovvio avvertire che in pratica si osserva per que– sta parte tutt'il contrario. e ognuno ricorda quel ché c'è dietro il severo con– cetto di colpa, che sta nel– la epigrafe del Tolstòj: quale infinita sfumatura di esperienze interiori al rea– gente dell'amore colpevo– le: dove il figlio adorato e perduto rappresenta tragi– camente lo scotto della scelta compiuta dall'appas– sionata eroina, al pari del gretto decoro della fami– glia, porto di pace, al pa– ri delle ipocrite conven– zioni sociali; le quali pos– sono essere ipocrisia e luo– go comune nei meschini che le adoprano per con– dannare, ma da chiunque e comunque venuta la du– ra condanna, è -tanto po– tente ad abbattere chi la subisce, perché in lui me– desimo una voce le ri– sponde e consente Lo schematismo, e una certa · delusiva sommarietà del f tratto, si tocca invece con mano nel romanzo della Deledda, perciò tanto più stretto ai casi del perso– naggio, quasi per paura di perdere il tema movendo– lo in un tessuto più ricco: e basti il modo come sono rappresentate le due possi– bili soluzioni fra cui Elias si dibatte: diciamo nello schema rigido e contrap– posto dei due diversi per– sonaggi, Prete Porcheddu e zio Martinu, che diver– samente consiiliano il do– loroso ondeggiare del pro– tagonista sulle soglie del male. Più semplice il con– siglio di Prete Porcheddu: fortificarsi contro il pec– cato per mezzo della pre– ghiera, della penitenza e della rinunzia, cioé strap– parsi la tentazione dal cuore, fino a méttere fra sé e la donna l'irrepa 1 a– bile decisione del sacer– dozio; un consiglio, che nasce in ultima analisi dal concepire la lotta morale come lotta di cui la no– stra coscienza è il campo e l'oggetto, ma i combat– tenti sono il Male e il Be– ne, il Diavolo e Dio, ester– ni in un certo senso e fa– tali alla nostra anima. Ma: e Chi è il demonio?>, chie– derà zio Martinu: e Il de– monio siamo noi>. Perciò, prima delle compiute noz– ze fra Maddalena e il fra– tello di Elias, il consiglio di zio Martinu è che Elias agisca, dica al fratello la verità, scelga di fare oggi un male piccolo, piuttosto che domani uno grande, sposi lui la donna poiché si amano; e avvenute le nozze. come potrà credere zio Martinu che basti a Elias il fatto materiale di farsi prete per allon tan;ire la tentazione e il peccato? e Ma credi tu, Elias Por– tolu, che facendoti prete tutto finisca? L'uomo, il giovane, non morrà in te, potrai cadere lo stesso, e allora non sarà più un pec– cato ma un sacrilegio>. Sono due posizioni teori– camente antitetiche, facen– do capo la prima a una con'Cezione trascendente, la seconda a una concezione immanente, della vita mo– rale e cli Dio; non senza che resti dubbio a quale delle due consenta per parte sua la scrittrice, e forse a tutt'e due insieme: infatti. il senso della fa– talità del male incupisce anche zio Martinu. benché non fatalità di eventi pre– stabiliti fuori di noi. ma una fatalità che è una co– sa sola col meccanismo in– térno dei sentimenti del– l'uomo. E viceversa. nel CUQr semplice di Prete Porcheddu il sacerdozio dovrebbe valere contro il peccato, non già taumatur– gicamente, per sé. ma co– me stimolo e rinvigori– mento, nell'animo stesso di Elias. di quella parte di lui che vorrebbe fuggirlo. Così, quando Elias a un certo punto conclude: e No. la salvezza non è negli ostacoli fra noi ed il pec– cato, ma nella forza no– stra e ne.Ua nostra volon– tà>, e gli ripete bensì l'in– segnamento di zio Marti– n~ ma in tal termini non potrebbe non essere anche del prete. Quanto ai modi d'impostazione del dram– ma, ecco però come si pre– senta la situazione: a sug– gerire l'amletismo del per– sonaggio, c'è anzitutto la casistica di due opposti consigli, con estremissimo schematismo. quasi miran. do il racconto all'esempla– re rigore di un sillogismo in luo&"o del mosso pano– rama interiore che sem– brava annunziato dall'epi– grafe; sennonché tanto ri– gore sillogistico risulta sprecato, perché le due po– sizioni alternative e anti– tetiche si confondono in una sola, sfuggendo code– sta identità alla consape– volezza della scrittrice; e fra la tentazione d'amore da una parte, e dall'altra il superamento di essa in una delle due vie ipotiz– zate dai consiglieri, il dramma rimane inaccesso, appena sfiorato in sem– bianza di approfondirlo. E non raggiungere in fer– mezza di tono le ardue zone dove arriva effetti– vamente lo sguardo dei gnndi indagatori di ani– me, Manzoni, Dostojevskii, Tolstòi, pesa sulla pagina della Deledda come an&'1,l– stia e sgradevole limi te, in funzione del meritorio sforzo, ma illusione da un certo punto in poi, che costi la sostiene. Il difetto si rivela meglio in chiusa del romanzo, quando mor– to il marito dell'adultera, una nuova situazione si viene creando fra lei e l'a– mante. Molto bella infatti, diciamo appunto nel sen– so amletico del personag– gio, è l'intuizione per cui ora Elias si chiude tanto più in se medesimo, rifiu– tando di sposare Madda~ lena, pur tormentato di gelosia nei confronti del bambino; ma l'intuizione rimane poco più che enun– ciata, tanto meno persua– siva quanto più ardua psi– cologicamente per sé; e la pace che riempie Elias ac– canto alla salma del bam– bino, come contento di non avere al mondo più n!,llla ~r cui tormentarsi di desiderio, di gelosia e di amore, manca a render– la credibile che la scrit– trice la giudichi per quel che è, la spenta pace del– l'egoista, anziché sembra– r(! _coµsentire all'autogiu– d1z10 del personaggio, il quale vi si accomoda gra– to al e Signore grande e ~isericordi_oso > di avergli nsolto tutti 1 pr0hlemi con EURJALO DE iUICHELIS (Continua a. pag. 6)

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