la Fiera Letteraria - XI - n. 43 - 28 ottobre 1956

Domenica 28 ottohre 1956 CA FTERA lETTERARTX ----------------;;-------------------------=:....:....:. - -- - --- -------------- ------------------- Pag. 4 Queste buone foglie pagheranno la dote di Pierina nuova commedia, i due atti in prosa Sto– ria vecchia, si iniziava, al Gerbino di To– rino. la carriera teatrale di lui con due successi: e al finire dell'ann,1 e agli inizi dell'anno seguente, dato fuori il primo vo!ume che egli pubblicasse, Scene e Com– medie, aveva un nuovo successo. Dopo di allora, non è più dato incontrare nei docu– menti biografici notizia dell'avvocato. C'è bisogno di dire che la casa dei Gia– cosa a Colleretto Parella, la casa dell'espe– rimento, la si visita, oggi, solo in omaggio al ricordo del poeta? Del poeta, fa men– zione la lapide sotto il medaglione che ne riproduce 1:etll:,,~ sulla facciata sopra lo stradale che viene su da Ivrea. I1 poe– ta, tutto espansione bonaria, domina nel– l'interno, dall'alto d'una sovrapporta del– la sala da pranzo: mezzo busto di pietra, dalla gran barba effusa e scorrente, cpme in certe statue di divinità J:Juviali. E qualche cosa di flll'viale c'era in Jui veramente, oltre che per la copia degli affetti - la quale doveva farne un esem– plare di virtù domestiche e di umana so– cievolezza - pei modi di parlatore e dello scrittore abbondevole, per la versati'1ità che conferisce ancor oggi aJ complesso della produzione del lirico, del dramma– turgo, del narratore, del conferenziere, del conferenziere, del giornalista, non so che aspetto di cosa alimentata da sorgenti in– numerevoli, accresciuta dal convenire di mille rivoli e affluenti, estuante per mille ramificazioni. Esemplare di virtù domestiche, ho det– to. Mortogli il padre nell'aprile del '78, egl1 si era da pochi mesi creata una fa– miglia propria, sposando, il 29 novembre dell'anno prima, una cugina in quarto gra– do, Maria Bertola. E via via che la nuova famiglia gli cresceva intorno in seguito aMa nascita delle tre fi®liuole, egli con– tinuava a cosbituire il centro ideale anche nell'altra sua famiglia, la prima, di cui solo una sorella doveva premorirglL Della copia degli affetti di lui nell'ambito dol– l'una e dell'altra famiglia fanno documen– to lettere inll/Umerevoli, strabocchevoli, alla madre, al fratello Piero, a1le sorelle Ndna, Teresa, Affialia, alle figliole. Peccato non esistano più le lettere alla moglie, che tanta parte ebbe nella perfetta poesia fa– miliare dell'uomo. Dagili affetti domestici, traducentiglisi in coscienza della propria responsabiHtà di fronte alle esigenze del. vivere dei suoi cari, era fatto operoso an– che in s.fere non strettamente attinenti alla sua attività di creatore: nell'autunno del- 1'88 lo vediilmo infatti lasciare Torino e stabilirsi a Milano quale direttore e do– cente nella scuola di recitazlone all'Acca– demia dei Filodrammatici e insegnante di letteratura drammatica e recitazione al Conservatorio di Musica; e a Milano assu- • meva anche la car1ca di agente, nell'am– bito dei piccoli diritti musicali per la So– cietà degli autori francesi, in seno alla Società degild Autori italiani. Durava pochi mesi all'Accademia dei Filodrammatici, quattro anni al Conserva– torio, e solo qualche anno di più alla So– cietà degli Autori, dopo averne assunto, temporaneamente, anche .i!1 carico gravo– sissimo del:la direxione. Lo spirito era ala– cre, ma la carne stanca. Motivava infatti cosi la prima ;rinuncia, quella al posto de!J'Aecademia dei Filodrammatici: « La xaig:ione fondamentale è stata questa: che il medico ognj giorno mi r.i:peteva che a seguire la souola serale mi sarei rovinato interamente. Già ognj sera tornavo a casa col viso affocato e con una penosa gra– vezza di respiro». Erano disturbi di cuore che i medici insistevano a diohiarargli di natura prettamente nervosa. « Sarà, lo cre– do, ma quando quella ruota 11 prende a girar troro><>, si sta male e Si ha paura ». Povero Giacosa! Si spense di paralisi car– diaca, il 2 sebtembre 1906, non ancora ses– santenne, nella casa nativa di Colleretto Parella. E non si era dato vinto ancora, impegnatosi, fra l'altro, dal '901, nella di– rezione della Lettu-ra, la x,i,vista del Cor– riere della Sera, che il direttore del gran– de quotidiano, il genero Luigi A1bertini, gli aveva affidata, fondandola. Esemplare di umana socievolezza, ho anche detto. Renato Simoni ml narrava di un tale, cui Giacosa aveva regalato non so pdù che. Imbattendosi nel donatore, quei tale usciva a dirgli: « Ecco Giacosa che sta gir_;rndo tutta Milano per incontrarmi e farsi ringraziare ». Giacosa apriva quella sua, bocca rosea entra la barba castana, le labbra arouate a un'e!II)ressione d'.i!lare me· raviglia, e liberava, ma solo dop I un leg– gero intervallo, la risata che gl,i saUva dai precordi, omerica. Era un suo caratterist.ico modo di ridere. Gli astanti entravano in uno stato euforico, fin da quell'iato dP.lle labbra, che prometteva loro la immanca– bile esJ;)'losione gioconda, n'ella quale tutta l'anima di lui pareva far9i manifesta. Si: aperto, fiducioso, curioso dei suoi simili, portato verso di loro dalla simpa– tia e, perchè no?, dal piacere di sentire che la suscita intorno a sè. Così miraco– loso nell'affiatarsi, da cattivarsi tulti, da far breccia ovunque, da trovarsi d'un colpo '– i,_~ * l!NA LETTEH l li\TEDITA }f,- se stessa. Nel 1909, cioè nove anni dopo la prima a Milano, e morto il suo autore da tre anni, la commedia aveva, a Parigi, auspice J'Antoine e la Dersenne, un suc– cesso con il quale si partiva, tra applausi e lacrime di commozione, per cento re– cite consecutive, e nel 1925 Firmin Gé– mier dirigendo il secondo teatro di Stato, la rimetteva su, come quella che i grandi critici parigin! avevano consacrata capo– lavoro. ({ Avrei bmciato tutto che ho scritto )) • • • Mio buon papà, ti so in letto per cosa leggera e voglio subito darti una buona novella. Stamani ricevetti una lunga let– tera di Vaccaneo (?) il quale mi annunzia che la Nuova Antologia pubblicherà nel mese di marzo la mia partita a scacchi. studiare, nella giustezza del pensare. Guardate, men– tre vi scrivo, ho le lacrime agl'occhi; ho già abbrac– ciato la Giuditta, e le ho detto che quell'abbraccio non era per lei ma per voi, ho preso in mano l'Anto– ìogia che ricevetti due giorni or sono, e mi son detto: qui comincerà, qui starà il titolo, poi il prologo, poi le scene, e vi saranno tante pagine, e poi sotto in fondo il mio nome - Giuseppe Giacosa - il più bello dei nomi che ci saranno là dentro. Che fanciullo! Che fanciullo! Eppure credo che sia con simili fanciulli che si fanno gli uomini -. Guai a me se non avessi provato un emozione• Avrei bruciato tutto che ho scritto fin ora. C'è chi vede il culmine dell'arte di Giacosa nei Tristi amori, c'è chl lo vede invece in Come le foglie. Certo, sono due commedie che continuano a resistere, sui palcoscenici. Traggono entrambe valore durevole da un motivo umano eterno, al quale hanno saputo dar voce persuaden– do e commovendo; ch'è poi il motivo del loro autore, nella vita come nell'eser– cizio evocativo dell'arte: il motivo della fede:tà ai domestici affetti. A far dram– matico il motivo è la coscienza della fa– talità della umana debolez.:ta la quale può tradire tale fedeltà o renderla va– cillante nel gioco d'altre seduzioni. E' la tragedia di Emma nei Tristi amori: è, in Come le foglie, la tragedia del disinte– grarsi della famiglia di Giovanni Rosani, cui non sorride alla fine altra possibilltà di lenimento che nella prospettiva della ricostituzione della santità dell'istituto familiare grazie alla reciproca intesa di Massimo e Nennele, destinata a tradµrsi in nuovo patto di fedeltà. E a me par .sintomatico, come indice del rapporto strettissimo ch'è ,possibile stabilire del– l'artista Giacosa con l'uomo Giacosa, quanto accadeva tra le quinte del teatro Manzoni di Milano, la sera de1Ia prima di Come !e foglie, dopo la fine del secondo atto che confermava il successo elettriz– zante del primo: Marr.o Praga, corso su, a sipario calato, sw palcoscenico, con tanti altri, e caduto tra le braccia di Giacosa che lo baciava con le lacrime agli occhi, si sentiva trascinare da que– sto in un angolo e ordinare sottovoce: « Prendi una carrozza, corri a casa, por– tami qui mia moglie e le mie figliole». Non è che un episodio di biografia ester– na, ma che raccoglie in sintesi tutta una intima biografia, dalla qual,;: è impossi– bile prescindere, guardando all'arte di Giuseppe Giacosa. Ancora. Un mese do– po la prima di Come le foglie, moltipli– candosi le richieste dellii commedia da parte dei teatri d'Italia e d'Europa, Gia– cosa scriveva alla madre: « Ho dovuto in– terrompermi per ricevere mille ·franchi d'oro, per la mia commedia in Danimar– ca. Da non confondere con la Svezia che ha già pagato. Queste buone foglie ca– gheranno la casa e la dote di Pierina». Bisogna sapere, che la sera della prima di Come le foglie, un giovanotto elegante passeggiava su e giù dinnanzi al Man– zoni. Non sarebbe entrato in teatro, per– chè non andava mai a spettacoli il 31 gen– naio. anniversario della morte di suo pa– dre. Ma gli si leggeva in viso l'ansiosa attesa dell'eslto della commedia. Era Lui– gi Albertini, che ;poco più di un mese dopo si fidanzava con la secondogenita del commediograio. « Queste buone foglie pa,gheranno la dote di Pierina >>, Ecco un altro eyisodio che lega bene con l'idea– lità domestica da cui è derivata Ja Ji.n;fa a Come !e foglie e a tutto il miglior teatro ,g,ia,cosiano. Eccomi dunque adagiato sulle pagine del migliore giornale letterario italiano ed ecco il mio nome in m_ezzo a quelli di Bersezio, De Amicis, De Renzis Eonghi, Visconti Venosta ecc. ecc. ' . Se tu sapessi come sono contento, e come provo vivo il desiderio di abbracciare tutti voi, di baciarvi tanto tanto, di dirvi a tutti che quanto ho fatto e faccio e farò di bello e di buono e di giusto è cosa vostra, perché senza di voi non avrei mai fatto nulla, e che il primo pensiero che ebbi nel leggere la lettera del Vaccaneo fu il tuo mio caro e buono e giusto papà fu il tuo mia buona e cara e santa madre; fu il vostr~ mie soavi sorelle, fu il tuo P!erone, Pieracc!o little child, che io cerco di imitare nella perseveranz~ dello Oh! un punto nero, ma nero! Non ho più un soldo E quando dico un soldo non parlo per metafora. Ho però nove francobolli da 20 centesimi. Devo andare avanti con quelli? Envoycz, envoyez e tout-de-suite. Un bacio a tutti, ami due ed a te tre perché sei in letto e fai di guarire subito e di venirmi a trovare. E' da un pezzo che non ti vedo. al centro d'ogni mondo. Giulio Ricordi, quando si tratterà di mettere d'accordo le esigenze di Puccini con quelle dei libret– tisti succedutisi nella labodosa gestazione di Manon, a ohi ricorrerà se non a Gia– cosa? Il tatto di Giacosa rimove.rà ogni ostacolo. Ne nascerà la fruttuosa co!Jabo– razione di lui con I1lica ai libretti della Bohème, della Tosca, della Butterff.y. Im– pensabile, una collabiorazione Boito..Fo– gazzaro-Verga. Ben rea'1e, invece, pur che nel numero entrasse anche Giacosa. Fo– gazzaro, andato a Torino la prima volta ohe cosa scriveva poi a Giacosa, suo ospi– te? « Non dimenticherò mai quei due gior– ni che furono, direi, la mia luna di miele letteraria. Un editore amabile, tante buo– ne e gentili persone che conoscevano il mio nome e i miei libri. Tutti fenomeni straordinaria per me, cose fantastiche. E ohi è stato il ma.go se non Giuseppe Gi1i– cosa? ». L'editore amabile era Casanova. Fino allora FQg.azzaro non aveva trovato editore, aveva pubblicato a proprie spese. Entrava in mezzo Giaco$a: e l'editore era trovato: Casanova si assumeva di pu•bbli– care Daniele Cortis e di ristampare Val– solda. Certo, la ricettività e l'e,pansione che portavano l'uomo sociale ad affi.afarsi rap"i– damente con quanbi avvicinava o lo avvi– cinavano, dovettero essere fattori anche della facilità di assimilazione e di espres– sione dell'artista. Niente, in questo arti– sta, di faticato .o roccioso. « Cosi mo!'bi– damente colorito» diceva il Carduoci, del martelliano di lui, cioè del metro in cui è tutta la produzione in versi del dram– maturgo, se si eccettui hl Conte Rosso, ch'è invece in endecasillabi. Era destino che questo giudizio, nato dalla sensibilità di artista del Carducci, non avesse la :(prtu– na di un altro, nato pruttosto dalla ira– scibilità professionale di lui. Ma io non so leggere queste tre parole <« cosl mor– bidamente colorito») senza pensare anche al Giacosa oratore, lettore: al Giacosa or– mai passato in giuddcato, dopo tli elogi che ne hanno fatto Federico de Roberto. Ludgi Rasi e Gabriele d'AnnU:llZio. Nè so leggere queste tre parole, senza vedermi tornar dinnanzi il ritratto dell'uomo. E non dico per le fattezze fisiche, che pur tanto tenevano della mol'bidezza, ma per l'anima che ne traluceva. E' l'anima che continua a tralucere dal– l'intera produzione di lui. Della quale gio– va 5offe.rmarsi sui due aspetti di maggiore portata: quello del narratore e quello del drammaturgo. Narratore non doveva essere solo nella raccolta Novelle e paesi valdostani, e in altri dine o tre racconti, dei quali uno bellissimo, La rassegna, ma anche nei due volumi Castelli valdostani e canavesani e Impressioni d'America, dettati il primo dal– l'amore deHa sua terra disseminaita di so– provviventi memorie medioevali, e l'altro da disposizioni deiJlo 5Pirito a,perto al co– mopolitismo e ai portati più a,ppaiiiscenti della modernità. Nell'interesse per le me– morie medioevali, del quale si alimentava anche ,tutto il teatro medioevale d.i lui, lo troviamo al passo con tubto un movimen– to di cultura animato dal g;usto del tempo per l'archeologia medioevale. E un segno della versatilità che conferisce, dicevo, al complesso della produzione di Jui l'aspetto di cosa alimentata da sorgenti innumere– voli, mi par d'essere pure nel felice con– temperamento di realismo e d'idealismo, i due· ismi dall!ora, cui si improntano le Novelle e paesi vatdostani e gli altri rac– conti non entrati in quella raccolta. Questa versatilità ha indodtto a non vedere, specie nel drammaturgo, che un riecheggiare di tendenze, senza storia. E' il luogo comune deHa critica cristallizza– tasi intorno al giudizio del Croce fino al primo tentativo serio di reazione dovuto ad un saggio di Mariano Rumor, il quale ha schiuso la via a re.visioni critiche del– le quali ml limito a ricordare que1la fatta, a tutto vantaggio di Giacooa, da un inten– ditore di teatro quale è Silvio d'Amico. Veniamo or dunque al drammaturgo, non senza rilevare che la vita doi Giacosa è nella sua più gran parte resolubile nel– l'attività di questo. Anche a considerarla nei suoi CJl.Siesterni, questa attività è tra– sferibile su piano biografico come storia delle cadute e dei truonfi delle singole opere teatrali (storia di butta una vita) e dei viaggi intrapresi dall'autore per met– tere in scena tali opere, in Italia, in Eu– ropa, in America. Memorabile fra tutti il so~iorno in America, al seguito della Compagnia di Sarah Bernhardt, pe, a5si– stere alle prove della Dame de Challant in questa o quella città degli Stati Uniti, nelle quali l'attrice portava il proprio re– pertorio, e poi al!la prima allo Standard Theatre di New York . Ho interrotto la seguenza del resoconto della produzione giacosiana a Storia vec– chia. Riprenderla ricordando anche solo il titolo d'ogni lavoro è sufficiente à dare un'idea della ifluvialità del drammaturgo. Del '73 sono le andate in scena degli Af– fari di Banca, di Una partita a scacchi, dei Fig!i de! Marchese Arturo; del '74, quella de,gli Intrighi eleganti; del '75 si rappresentano Sorprese notturne, Trionfo d'amore, Teresa; nel '76, Acquazzoni in montagna, li marito amante della moglie; seguono: nel '77 Il fratello d'armi; nel '78 Gli annoiati; nel '79 Luisa; nell' 83, La zampa del gatto e La Sirena; nell' 85, L'o– norevole Ercole Mali.ardi; nel!' 8ij, Resa a PIN • discrezione e La tardi ravveduta; nell' 87 Tristi Amori; nel '91, La Signora di Chal– lant (in veste italiana, con la Duse a To– rino, e nell'originale francese, con Sara Bernhardt a New York); nel '94, Diritti dell'anima; nel '900, Come !e foglie; nel '904, Il più. forte. Proprio solo riecheggiamento di ten– denze, tutto questo teatro, e quindi senza storia? Giudicando dalle esteriorità, può parere così, Un teatro indulgente dap– prima al prove!'bio drammatico nei modi di Musset, o alle forme, anche più in vo– ga, di Ferrm e Torelli e del loro ascen– dente francese Augier; poi intonato al gusto del tempo per la storia e la Jegigen– da medioevale, o per il realismo borghese di temperie meridionale potenziato da Bec– que, o per l'idealismo nordico trionfante con Tosen. Ma è apparenza ingannevole. C'è nella vita rii Giacosa una specie di impresa ferma, la quale .si esprime nel– l'opera come rappresentazione di una reai– tà secondo l'idealità a contrasto con una realtà da evitarsi. E c'è, per un fenomeno di crescenza. di maturazione dall'intimo, una tendenza a sentire sempre meno la distanza fra i termini del con-trasto, a far la sua parte di torto o la sua parte di ragione all'uno e all'altro termine, per cui la visione si iUumina di fatalità e di compatimento. Si pensi aJ triangolo dei Tristi amori. ove moglie, marito, amante riescono, tutti e tre, egualmenite compas– sionevoli nella ra1fìca del loro destino. Si pensi al tipo di Tommy in Come le foglie al quale non sappiamo ricusare la nostra simpatia. Si pensi alla stessa figura di Ce– sare N a1li nell'ultimo dramma, Il più. forte. Da questo punto di vista, noi non sap– piamo più SCOl'gere sO'lianto il rleche~ia– tore di tendenze, se02.a storia. Giacosa ha respirato, sl, con la pienezza dei suoi pol– monl ricettivi, l'aura de.i tem.pi suol, ma dando voce a un~ propria interiorità e se- condo questa evolvendosi. E anche a voler insistere sul rapporto con i ten,pi. vien da chiedersi come mai questo rieche,,ogia– tore di tendenze riuscisse ad essere anche un precursore. Poichè si pretese farlo pas– sare per un artista sempre al ba,Jzello del– la moda, vorremmo giusto domandarci quante volte, meglio che cedere alla mo.– da, non provvedesse a crearla lui la mo– da. Chè diversamente non si capirebbe come, dopo il successo clamoroso, per esempio, del Trionfo d'amore, si cimen– tasse in una commedia di tutt'altro ge– nere, Teresa, la quale doveva fruttargli un insuccesso altrettanto clamoroso. Cer– to, con i Tristi amori, caduti a,lla prima rappresentazione a Roma, ma destinati poi, da Torino, a correre trionfalmente butti i teatri d'Italia, provvedeva lui a mettere rJ. nostro teatro al ,passo con i tempi. Onde le imitazioni innumerevoli. Allora, e allora solo cominciava la mo– da, mentre colui ohe l'aveva !andata si volgeva, vedete un poco, a COffil!)Orrela Dame de Challant. Poi vennero i Diritti dell'anima che si pretendono ancora, dal– la critica la qua1e continua a intonarsi al giudizio del Croce, una concess.ione al gusto del pubbl1co per il teatro di Ibsen, mentre non sono che di precedente del– l'intimismo di Come· le foglie, cioè di una forma che verrà di moda solo vent'anni più tardi, quando l 'auto.re di questa com– media sarà morto da quasi tre lustri. Povero grande Ciacosa! E' noto ohe alla vigilia dell'andata in scena doi Come le foglie, attori, critici, amici facevano il possibile e l'impossibile perchè rin•uncias– se al cimento, tanto poco ne speravano. Egli tenne duro, e il pubblico gli diede ragione. Fu il più grande successo tea– trale dell'epoca. Nè :tìu trionfo solo do– vuto, come si disse, al fatto che .in quella commedia la bollg'hesia italiana del tem– po riconosceva, con felice compiacimento, PIERO NARDI "CERTA MALINCONIA SUA, E POI, QUANTA MAGGIORE, DI GUIDO! ... ,, * Colleretto,nel ricordo di Giacosa * COLLERE'ITO PARELLA, 7 vose, è a pochi passi; intorno questa ondulata pianura (ma Iberi, di tetti antichi e del ver– La voce del co.n!erenziere si stende il verdissimo Ca- è piuttosto una conca) di bre- de che copre tutte le opere si leva nell'aria fumosa della navese immagine d'una !un- ve orizzonte, dalla nebbia campestri, firme illustri, dal sala che appare più che bas- ga laboriosità compensata. che s'indovina anche nella Carducci al Croce, in ordina– sa. ~lacciata. h pubblico è .Certa ~ristezza che ~erpeg- bella .st3:gione qu!lnd?, nel ti rett!lllgol_i sui muri, sono quanto mai vario: scrittori, g1a nel! ~pera di G1acos~, P~~engg10, ~urna_ 1 !1!1lle de- !a ~estunomanza d'una s1m– critici giornalisti, sono ac- certa mahnco_nla su3: e ~1, cllv1 f~onzuti_ e ~1onh, coi;te patia che non è mai ve1;1ut!l canto a contadini con grossi quanto maggiore!, d1 Gwdo ln un mtermmabile scenano. meno. Quante conversaziom, baffi antiquati. L'oratore, O: Gozzano (an0'egl( di qu~stl! Ma .9uesto, ind_ubbi~mente, quante ris3:, <i,Uanto affetto, rio Vergani, parla con voce tl:rra. A J?ochl chilometn d1 è fa~mo, è motiv_o d _amore: q!lanta amicizia, 3:l co~petto pacata e chiara, pescando le distanza c è la sua cas_a, i;rre- qtie~t1 sono lmigh1 Df!l quali d,1 q_uesta natt1;ra ngogllosa e parole con ammirevole "p"ron-ceduta da .un o_rto g1ardmo s,1 ~1torn3:, nei quali torna lacrimosa che 11 Grncosa ,amò tezza 'rra quei contadini ce nel quale 1 meli straordma- 1 anima più del corpo. tanto! Sopra 11 canapè, una ne s~ra forse qua!Clino che riamente carichi fanno plo- La cerimonia in municipio grande carta della regionii, si ricorda ancora la figura di vere i. frutti ancora acerbi finita, un?' parte dei presenti formata. dalle ta'-'.Oll:tte del– Giacosa, che doveva essere a_marcire sull'erb?; la _custo- si ~rasfensce alla_ casa dello l'IGM mcollate_ ms1eme,. è fanùliare alla gente di qui: d1sce. una eccentnca signora scntt<:>re. ,:ranqwll?, coi::o- stata. oggetto d1 consultaZ\O– un omaccione una specie di che l(JTa per le stanze con un da, piena d1 memone e dm- ne, più che un vocabolario. Mangiafuoco, ' di Barbablù, cappellino_ stinto, mostrando timità, vi si ~e.spira un'aria In una sala che si trova es~t– ma buono cordiale simpa- con comp1ac1mento le polve- serena e fam1!Jare. In una tamente sopra questa logg1a, tico ' ' rose reliquie), paiono nasce- loggia, aperta da un lato alle chiusa da grandi vetrate, sul- N~n dobbiamo dimenticarci re proprio da questi luoghi di delizie del paesaggio canave- lo stesso panorama, le pareti queste qualità di Giuseppe apparenza così prospera, da sano, alla vista di grandi al- sono piene di fotografie, di ritratti, degli amici più. illu– stri di Giacosa: da Sarah Ber– nhardt a Giovannl Verga a Emilio Zola. E' questa una dimora dove non soltanto gli affetti fa.miliari si effusero :on l'abbondanza fluviale ca– ratteristica del Giacosa. In un'aitra stanza, ove è radunata la maggior parte degli invitati, un bambinetto, voltando le spalle al camino acceso, sale su una seggiola; ai lati della quale si dispon– gono due signore vestite di nero, di forme minute e coi capelli bianchi: una di esse è la figliola di Giacosa. L'im– paccio che il bambino dimo– stra al princip"io si dilegua subito a mano a mano ch'egli procede nella recitazione. So– no i versi che il Pascoli de- dicò all'amico, nella sua morte: Così! Così! la tua Parella !a casa tua, la tua Maria ... Così la morte è bella: non è partire, è non andaT {più. via ... MARIO PICCID PREMI L'Amministrazione Comuna– le, nell'intento di onorare il contributo che la città dl Pra– to sep;,e dare, con generosità di sangue e di spiriti. alla Re– sistenza, e di valorizzare ai– tresl l'apporto che Prato reca. con le sue istituzioni e i suoi traffic~ alla rinnovata vita de- Giacosa, se vogliamo avere la spiegazione dell'unanimità di consensi intorno al cinquan– tenario della sua morte: una simpatia che ancora s'irradia dal ricordo di tutti coloro che lo conobbero, una cordialità di cui egli fu prodigo con tut– ti. Non basta la sua opera. così popolare ai suoi tempi ed anche oggi, a spiegare tan– to affetto. L'affetto si spiega con l'affetto. e o N s AP EJ! o LEZ zA· [~~fi~{lJ. 1 t~;q:i I terario «Prato •· Poco "p"rima dell'inizio del– la cerimonia commemorativa, a Colleretto Parella. luogo natale di Giuseppe Giacosa, dal cielo rapidamente rannu– volatosi. è cominciata a ca– dere una pioggerella che ha costretto a rinchiudere ora– tore e pubblico nell'angusta sala del municipio, grazioso edificio costruito in stile me– dioevale. Ma era p,evisto che la cerimonia dovesse svol– gersi all'aperto, in una piaz– zetta coperta cli ghiaia e cir– condata di tranquillissime oase. · E" pertanto bandito. a cura e d .. ,• so ni· e delle ez elspese àel Comune, un coneorso "6.,11 g a~ar .lfl!I' Per un'opera di un autore ita- ~ • • 111t M liano. edita in Italia dai primo luglio 1955 ai 31 agosto 1956, · * nella qu;.le caratteri e· aspetti dell~ Resistenza. anche senza (Continua da pag. 3) le scene e se si legge nelle vecchie certe, come ho lètto pochi giorni fa, nel carteg– gio di Virgilio Talli. una certa lettera con la quaie Giacosa egprimeva il suo dubbio sull'opportunità o meno di affrontare ancora una volta il giudizio di Ro– ma ohe era stato negativo per lui (singolare coinci– denza: 28 anni d~po Roma negava il successo. mi spia– ce di dirlo, anche ai Sei personaggi in cerca di au– tore), in questa lettera Gia– cosa esprime il suo tormen - to: « mi comprenderanno, mi ameranno. avrà saputo esprimermi ancora? •· Pre– ferisce quasj chiedere 11si– lenzio 'sulla sua opera. Eb– bene. dopo sessant'anni guardate come questa tn– gedia, quelìtO dramma bor– ghese ha conquistato ancora una volta il pubblico Ero gli attori dei vecchi tempi. Forse c'erano troppi nlnno– li in scena. forse c'era trop– po una ricerca di quella-che per noi non fu la belle épo– que, ma Je me,Liocre épo– que, quasi un eccessivo fa– vore per un museismo del Liberty. Però la parola rii Giacosa pessò istantan2a– mente la ribalta, una ribal– ta come quella di oggi, dif– fidente e scettica, abituata a veleni molto amari, abi– tuata a tossici spesso equi– voci. Era la storia del do– lore di una famiglia e chi se non un uomo che fu con la famiglia esemplare come Giacosa poteva altamente soffrire per iJ dolore dellè famiglie altrui. Egli guar– dava alla famiglia come al microcosmo sociale. egli sperava non solo per sè ma · per tutti questo battesimo di bontà. Per questo, vede– re attorno a sè. come ha saputo dire nei Tristi amo· ri e in Come te foglie. que– sto microcosmo subire le insidie di un tarlo o appas · sire sotto un orecoce autun · no. dava a lui quel dolore senza il quale non esiste vera poesia. fiumi. le piene, i ghiacc:ai, sono cose bellissime a di:le in poesia, ma pesanti a ·.ri– verle e solo chi viene da una razza che ha saputo vi– vere una vita dura e pesan– te, come la razza da cui nasce Giacosa, può rifiuta re il nichilismo. può r:fiutdre iJ suicidio. può rifiutare 10 annegamento nel mare del– l'oblio. Il giardino dei ciliegi si chiude con una parola di morte. Come le foglie si chiude con una parola di speranza. E' la parola di Nennele: « Voi siete Qui e se tend~ste l'orecchio. qui!l– la voce che dièe speranza mi sembra che oossa anco– ra sorgere dietro a questi alberi. di là da quei ~an– celli, dietro a queste siep: • così come forse la ascoltò nel suo spirito de)la sua casa Giacosa al term\'.\e della creazione sua. L'inse– gnamento di Giacosa. <li {luesto grande poeta. è un insegnamento che è tutto ispirato alla ooesia sua. noi siamo lieti di essere qui 01?– gi a ricordarlo e a salutario come il più caro e il più buono dei nostri maestri. esservi manifestatamente di– chiarati, trovino interpretazione in quella forma che la com– missione Giudicatrice apposita– m('nte nominata riterrà artisti– camente idonea. L'opera potrà ess~re di narrativa come di linea, di storia come di cri– hca. Il premio è di un milione di lire, e sarà conferito con .olenne pubblica cerimonia nel Palazzo Comunale prima de1- io scadere del corrente anno. Giacosa e lllica., al tempo dei famosi libretti d'opera E' questo un luogo nel qua– le si sente di poter trascor– rere una vita intera, in una sorta di romitaggio rallegrato ogni tanto dalle visite degl: amici, avviluppato d'una noia lieve come una nebbiolim1 perennemente stagnante ed imbevuto d'una uguale tri– stezza. Nel vedere queste ca· sine basse, con la loggia del primo (ed ultimo) piano ri– piena di gialle pannocchie di granturco, con certi quadra– tini di terra davanti tutti fioriti, le immagini della cit– tà e delle sue seduzioni ven· gono cancellate quasi di pre– potenza. Uno spaccio di vini. nel quale si possa giocare a carte, nelle sere fredde e pio- 'a Milano la sera della pri– ma di Come te foglie nella interpretazione di Luchino Visconti. Forse una messa in scena persino troppo ac– curata: il primo Come ,e foglie era nato in una sce– na squallida, come usavano Si è detto che Giacosa è un precursore del teatro in– timista. Si dovrebbero dir..! tante cose. Però bisogna di– re questo: che è vero che a un determinato momento della storia del nostro spi– rito non sappiamo per quaii misteriose vie. al di sopra dei confini, dei monti. dei fiumi, uomini di lingue di– verse. forse anche di reli - gioni diverse. intendano un misterioso monito che arri– va da Colui. io penso. ::he guida anche i pensieri degli artisti. A1 di là dei monti, uomini lontanissimi che n~n sl conoscono scoprono le stesse verità : ciascuno le interpreta secondo il oro– prio animo: e non è da di– menticare Ja coincidenza per la quale con la stessa commozione l'immenso spi· rito di Cecov e il grande spirito di Giacosa si avvi– cinano così delicatamente alla tristezza umana. A aif · ferenza del russo il nostro Gìacosa è di questa terrd. Questa terra ha lottato per migliaia di anni. ha subito ore gravi. I suoi cont~,ii'lì rubano la terra ai sassi ocr fare il campo per il ìor::i grano, per la loro vite. 1 ORIO VERGANI Editori ed autori potranno concorrere inviando alla Se– gretena del Comune di Pra– to, Ufficio del Premio Let– terario Prato, otto copie del volume. 'Tuttavia è !asciata al– la. Commissione Giudicatrice, composta da Sibilla Alerà.mo, RCl')ertG Battaglia, Ugo Cantini, Armando Meoni, Silvio Miche– li. Ptero Jahier, Arturo Carlo Jemolo. Giuseppe Raimondi, Raffaello Ramat. Diego Valeri, Lemmo Vannini Segretario, Piena facoltà di prendere in e– same anche opere che pur non essendo state presentate al Concorso rientrino nello spi– nto e nel termini del presente bando.

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