La Difesa delle Lavoratrici - anno VI - n. 22-23 - 23 dicemb

L.., DIFBSA Df!:LL]g LAVOR ATRTC I COS1~ SE.l 'v1PL I C1 ?',1-tremmo schizza.re un quadret to di circo– !Nllza. ll giorno triste. la neve, il mendico vec– eli:ierello che stende la scarna mano , l 'impellic– lU.to signore che vi lascia cadere il soldino, ecc. Ma noi no11 vogliamo fare della letteratura, benchè riconosc iamo il valore morale della fa> vola e de l racc onto. quando l'h anno, s'intende. E ric onosciam o altresì l'indice contenuto· nel– l'esteriorità delle manifes tazioni. Perciò non sarà del tutto inutile oltrechè par– lare della dete rminante sociale e del risultato soci2:e del'.a beneficenza, 2ccenn are anche al– i 'abi to esterno che, nel benestante, assume tale eostum e. L'elemo sin a e la filantropia sono altra cosl:!.dalia benefic8nza, Jr.a hanno con questa una stre ttezza di pa:-entel a, _ se ne possono conside– rare espressioni collarerali , e quindi anche dì esse diremo un pochino. La prof onda e cronica indigenza economica tielle maggioranze di ogni paese e le necessità llli.teriali casuali e imperiose manifestantesi qua e ià, son o il fondamento e 1 ·occasione per ìl na– ~ere e l 'esercitarsì dell'elemosina. della benefi– cenza, della filantropia. La fame e il freddo di un vecchio. di una m::idre , ài un bimbo; l'infortunio di un lavora– tore: un artista che si dibatta doiorosamente e v2S1.ameme nel.e strettoie deila miseria che tar– ì"a le a!i del gt.:::iio; un cataclis ma geolo gico che Sl abbatt a rovinoso e micidiale su villagg i e cirtl; una invasione ostile; ecc.; mille e m!lle ~no. nell'attuale società, gli· aspetti e i casi in cu:i fa beI:a mostra di sè il buon cuore della gente per bene ... I! bimbo , la madre, il vecchio, saranno, per w.■ giorno, sfamat i e riscaldati, da un·a pietosa signora , ben calzata e ben nutrita, piena di ti– ìilOr di dio e di amo r del prossimo, la quale, 11~en do di chiesa, a-,:rà scorto i miserelli, od alla quale il parroco, informato, avrà riferito i aasi tristi. Coloro che avranno avuto la fortuna di essere circ ::mdati da questa carità cristiana, seiberanno imperitura riconoscenza alla eccel– leme signora. facendole grandi inch ini al suo passaggi:> e parlan,fone bene in ogni occasione, e la eccellente signora avrà acquis tato un titolo fii più per l'agognato premi o di un posticino in ,aradiso. All'operaio infortunato , i c.ompagni li lavo ro, ...____ _..acimolando colla consueta colletta. corrispond .e- ranno l'ammontare di u~ settimana o due di ,aga, al che il signor padro ne aggiungerà gene– r058mente di sua tasca altrettanto, permettendo così alla famiglia del disgraziato di campa re an– cor2: un mese. Il sig nor padrone, soddisfat~o co– me uomo , non sarà menq soddisfatto come im– ,rend itore: egli avr à con lieve sforzo conciliato l'indicazione della sua coscienza con le esigenre àeJ suo interesse; riterrà, insomma, d' aver com– aiuro inte;o il suo dovere morale e sOciale. Nè Pii di lui si preoccupe ranno gli operai, i quali ■on si prospetteranno per ciasc heduno la possi– ■iJità d'esser vittim e di uguale incidente, con re– lative conseguenze, senza che alcuna norma ga– rantisca loro assai più di quanto può occasional- 111entedare il buon cuore. Anche l'artista troverà indubbiamente I 'insi– ~ e me.cenate che lo accoglierà sotto la sua be– aevo !a protezione. Se l'artista darà seria prova .-i ver2ce va!ore (occorre una certa sicurezza per !Ripiegar e il proprio danaro ) egli avrà da calzarsi e, da cenare finchè produrrà. Ed il mecenate si t urà cura di far conoscere i prege voli lavo ri, aa.gari i capolavori , del suo illustre benefica to. Egli solleverà l'artista dalla prosaica 1operazione della vendita, ed esige rà cospicui compensi, co– me meritano i lavori, diamine!, snohe per po– ter continuare I 'i!luminato mecena tismo. V'è poi un discreto nume ro di persone a mo– do, nobili, pensionat i, possidenti , ecc., i quali non aspe ttano che un terremoto od un ciclone (lonta no da loro, beninteso), onde occupare di– \ crsame nte , cioè in generose opere di soccorso, il tempo altrim enti trascorso oziando alla far– nac ia. li loro civico coraggio li fa costitu ire su– Oiro in un grande comitato, il quale redi ge un commove nte manif esto alla citt adinanza; indi si metton o in giro per la questua, dopo di che si recano a distribuire il raccolto sui luogh i della sve ntura. Da dove, finalmente, ritorna no, orgo– gliosi del bene compiuto e del cavalierato gua– dagna to. Che dire poi ~folla beneficenza che soffoca, rnnt'è esuberante, quando si tratta di assis tere feriti, di soccorrere profughi, ecc., in conse– guenza di qualche cosa o di qualche fatto che produca appu nto feriti, profugh i, ecc.? Qu i la visione 2: nrn.gnifica ! Ed è anche graziosa ! Si– curo, perchè entrano in campo dame e dami• gel!e . Pe r la bisogna ci sono: la signora con– tessa. la signora baronessa, e via dicendo ; una elet ta schiera di donne belle, elegan ti, intellet – tuali, che si prodigano senza risparmio, come nessun ·altra saprebbe fare. Q uasi. quas i, si direbbe che certe cose , o cerri fatt i, ci vor rebbero, onde dare modo a co– storo di fare del bene . Se no, la vita fra le corse dei c::P:aìli e I 'ultim o romanzo, non sarebbe ab– basta nza attrae nte. In vece, pensate, quì si pre– sen ta un vasto campo ali 'attività femminile, del– la femmini lità arist ocrat ica e borg,hese s'intende per comp iere opere buone e sa nte e darsi net contempo onesto svago . Si corre, in automobi le, sor riden ti, al thè benefico, dove si raccolgono fondi per i pove ri colpiti da que sta o quella sven– tura : si avrà o:c asio rie, colà, di ammi rare e cri– ticare il nuovo abito e le nuove gem me della marchesa, e di udire o riferire l'ultima notizia piccante. Anche le cure al povero infermo dan no ia soddisfazione di una conversazione piacevo le col giovane e intraprenden te dottore. Questa è fior di benefice nza, anzi, più moder– name nte, di assistenza e solidarie tà sociale e naziona le. Un mezz o socialismo ! Forse perchè.. fra una carezza e un soldo, s'inst illa nei bene– fìcati il rispe tto all'or dine soc iale vigente e la rassegnaz ione alla volontà del signo re eterno. Infine , al civico osp edale che la tira innanzi a stento, che non ha disponibi lità sufficie nti per tutt i gli amma lati pove ri della giurisdiz ione , non manche rà il filantropo, nella persona del mer– cante arricchito, il quale , alla sua morte, teste rà in favore dell'isti tuzione per una cospic ua som– ma. Dieci poveracc i di più tire ranno - la cuo ia ali 'ospe dale, circondati, se non dall 'affetto do– lorante dei famigliari, dai paternostr i delle mo– nache, e il nostro brav 'uomo , che passò la vita a ven der cotone per lana, av~ il prop rio nome inciso nelle lapidi mu rate nell'atrio dell'ospeda – le. sicco me degno d'essere ricordato. Pe rchè sono poss ibili, ed in certo senso ne– cessarie, quest e man ifesta zioni: carità, be nefi– ce nza , filantropia? La risposta è sem plice: per– chè esiston o tanti esseri, sventurat i di condiz io– ne o di occas ione, i quali non possono, per ra– gioni finanziarie, fisiologiche, ecc., provvede re da sè stessi ai loro bisogn i, alle loro aspi raz io– ni, ecc. LA G U ERRA ROàlA1<ZO VI - ---- V SEVOL O D G A RTSCH IN - - .h &n Pl atonitc b - gridò con voce ch'io ..._ gi co·no~e.::•o. - Venit e! . . . . . . . ... l "u.mo di p ùlve re, sr-....opiettii, gemiti, evviva fl'enetic i...; c.,dore di f;ol .. ere e di sangue ; vi. lii pallldi, uomini ~trani e sconosciuti perduti u l 1umo j una mischia selviagg-io Grazie a l cielo q Je i mo :11tnt . si ric orda no eoltan to a tra verso una fitta nebbia. Q~a n· orf'La .mm·o n·oi, W e~tze·l. p 0 er ia ciuin: '16 voi a, crmduc eva iJ resto della s :rn. compa..– ~ia con tro i tu rchi, che li coprivano di piom– ~ . Quegta volta i cacc iato ri entrano in pabP &en pochi tur chi, che difend i::vario la pr,sizi<J– a.e, ebtJer rJ il tempo di fug~ 1 ire. La compaznia i ei ca -•ria ' o ·i a e-1a rerdJto in q·tPs~a batta ... glia cinquantadue uomini s 1i cecnto del ~ 10 1ffeft ivo. L'l n0stra comnaznia , chP aveva preso pochi '-c:cima parte alla battaglia per<lett,! soh::in 1 0 r O"hi 11omini. Ben cJiè i turrhi fosse ro stati batt uti su tut... ta la linea , noi non rimanemmo sulle posi– !don i. Q iando il nostr o gene rale vide u~cire d::il _pa.e~e i batt :1glioni turr hi r!li un i donr> gli al– h'i, Ja numero~a cavalleria. le lur .ghe file dt cttnn oni ri mase merad zliato. I turchi non • ono ~e~a nr> certo le nostre for ze disc:i-n11J :i.te li et ro ell alheri e se ave ..:sero s 1 pn tr> chP er:i. • o s~ati caf'cia1i d ~Jle vie nmfon<le dallP t0s– ee e dalle aie '11 che i:::ircondavan o il villagJzio , da eole quat tordici compagni e. aarebbet o tor- nati indiet ro e ci av rehbe ro echiaccta ti. B!Si erano tre volte più numerosi di noi. Alla aera eravamo di ritor no al nostro ac– campam en to. Ivan Pl atonich mi invitò a pren – dere il tJlè. - A vet<~ visto WentzeJ mi domandò . - Non ancora. Andute alla sua tenda e dite gli di venire <:on noi. E come un o straccio! ,1 Cinq 11nnta– due! Cinquanta due!" ecco quel che risponde . Andate a trova rlo. Un pezzetto di candel-:t r iscliinrava debo l– mente Ja t.cnda di Wentze1. Egl i era rannie– chiato in un ango lo, col capo ba.sso, e pian– r,ceva io ailenzio ... XXlll . UNA SCARA ~IUCCTA . Una frnmen~a pianu ra cope rta di ce."Jpugli, tutt'into rno C<Jlline ricche di alhP.ri. I f-Jcili rrrp i ano, Iuona il cannrrne, il fu– mo <:irron<h. una. delle coJJine e s<'rn<le IPn– tamente sulla pianura. A travPrso il turno una ma ssa scu ra si muove; se ~i osserva qu esta ma.~~:i. si vNJe che s comn1,nP, di pt,nli nr ri, <lPi quali gli uni stanno immobili. mentre gli a}fri si mll'1\.'0no e s avanvmo sempre. JJ battaglirine di ris"rva, sdrn.i:do in una de– prcssi<me del terreno, segue coi auoj mille oc– ehi la rna.c;sa nera. Es<\i avanzano, compag-n i, a·vanz ano . Ma perch è, a sua volta, è possib ile la esis ten– La di cotanta miseria, di cotante sventure, di co– tante difficoltà? A questa doman da non tutti san– no dare una rispos ta ch iara, preci sa, realistica. Noi per ò risp ondiamo sicuri : ali 'inf uori dei mali dovuti alla violenza della natura o alla fatal ità del caso, tutti gli altri sono dovuti ali 'egoismo feroce degli uomini, e più pr ec is'9.mente alla divisione della soc ietà um ana in nna m inora nza sfrutt atrice e dom inatrice, e in una maggioranza sottomessa e sfruttata . Ed anche- i mali de l caso o della natura non sono prevenuti, fin dove lo potrebbero essere dalle facoltà umane, appunto in grazia della denunciata ingiustizia sociale fon– damentale. Tale fatto, del dislivello e del disordine eco– nomico, innalzato a sistema di conviven za, com 'è oggidì è la fonte da cui rampollano i mille e mille fenomeni , del vecch io che patisce il fre d– do, del bimbo che soffre la fame, dell'artis ta immobi lizzato, del! 'ospedale in strettezze, ecc. Ad esso' dobbi amo la concorrenza capitalisti ca, le comp etizioni dei pote nti, le rivalità statal i ; quindi le guerre , con gli annessi e :.:annessi . Allo stesso fatto dobbiamo che la soc ietà non abbia pro vveduto, ad esempio, le local ità telluric he di scfentifiche abitazion i antisismiche; nè abb ia provveduto alla arginatura pode rosa dei fiumi; ...e via dicendo; così da evitare , o limitare il più possibile, i dann i delle violenze della natura. E ,gli dobbiamo la facilità degl i infortuni sul la– voro, per le mancate prevenzioni tecniche, per gli orarr sfibranti, per la relativa resistenza fi– sica dell"operaio al quale il misero sala rio non conse nte alimentaz ione adeguata. Tutti questi malanni, piccoli e grandi, indiv i– duali e collettivi, perm.:.nenti e occasionali, sono il terreno su cui nascono e crescono la carità, la benefic enza, la filantropia. Ma tali manifesta– zioni non ovviano per nulla i malanni stess i. Ne spostano qua.cuna, ne impiastra no qualch e altro , ne ritard ano un terzo, ne mas che rano un quar– to'. Ma la sostanza rimane. La causa prima non è toccat a. La b_eneficenza si rivela un panni - , celio ca!do. Difatti.. vi è sem pre più bisog no di beneficenza ! . I risultati della beneficenza sono quindi irr ì- - sori, sono erba trastulla, sono ironia. Non son o questi i provvedimenti atti ad accomodare la mal– connessa società . Reprimere, o intendere di re,. primere , o mostra r di reprimere gli effett i del - male , è empirismo. Bisogna risalire alle radict. Ma 2iie radici la ben eficenza non risale , per– chè è essa stessa espr ess ione di quel siste ma eoonomico che genera i malanni, e che si vale appunto della beneficenza per maschera rsi come p;-ima causa, per trasformare alla meglio l 'inda– gine dei sofferenti sino ad esso . I mise ri e gli sventu rati accetteran no come una fatalità supe– riore, ciò che invece risiede nei rappo rti fra gli uomini, e, per colmo di stranezza, benediranno il buon cuore dei signor i e dei felici ! Ebbene: noi vogliamo bandire questo falso buon citare ! Falso perchè si dimentica di volere abolita l'i ngiustizia sociale, di cui è anzi fer– vido sos tenitore, in nome del suo privilegio, eh 'esso chiama diritto, e rib ad.isce l'equivoc o concetto del! 'attuale soc ietà, il quale fa escla– mare ai poveri di spirito : come farebbero i mi– ser i e gli sventurati a vivere e solleva rsi senza l'aiuto fraterno e generoso dei ricchi? Noi vogliamo disperdere que sto triste trucc o che legalizza il furto di diec i compiuto dalla mano destra e benedice la rest ituzione di uno fatta _~alla mano sinis tra ! Noi vogliamo tutti gli uom ini uguali , di diritto e di fatto, se nza ricchi e senza poveri, senza gene rosi e senza biso– gnosi. La com unanza di opere e di ben i eliminerà o attenu erà a priori parecchie delle attuali sven– ture. Non ci dovrà esser più chi patisce il freddo Ah! p~r ch~ essi possano a rri vare ! Ma perché ten erci qui ? Col nost ro ri,.torzo la posizione , arebbe guadag nata ! - Ti puzz a la vita dunqu e! dice un vecchio ~l~ato ~o': aria cupa. - n est J. li col'ica to, po1chè 11 c1 ha_nno messo, e ri ngrazia Dio di essere ancora in te ro. -. Ma io, e.aro zio, tornerò intero . non ne dJ.!bi.tate - nspose un giova ne so ldato colla f~ccia nUegra. Me, non mi si amm azza. Sono già stato a quattro batta glie e non ho incas. sa~o !1l!lla. La cosa vi fa qua lche effetto su l P;!oc · 1 n 1 0, è ver~, m:i dopo non ci si pensa ,prn. !I nost ro s1gno r1110, lui sì che ci è per I~ prima -.:olta e. ro1s 1 sta racc omand and o l 'a,,. nima a D10 .. Ehi ! Signor ino! Signorin o ! - Che vuo i ? domandò un soldato niatrro daJla barba nera, stes"ì pr essn di lui. 0 ' - Non. facc iamo catlive figu re, signori no. - Ma 10 non ho affatto paura, mio caro. . - Ebbcn~! Tenetevi semn rc presso di me; 11 fuoco _m1 cono c;ce. Sapet e? C'era fr a n oi un volontari o che . al momento di atta.rcare (J~and o. fls~hiarono le palle, gettò sncco e fu~ c1Je e s~ mise a fl!gg ire. Mn. una pa lla lo col– se e gli tr a~e rsò 11 dor so: Inutile: è proib ito scapp :1re. R1s'Jgna esser fe<lrli. S; ò giu rato. - .Non tem ere, no n sca.pe rò - rispose il si– ~~;1,no a voce bassa. - Non si fuggo no le - Quest o. è vero; come lugg-ire la pnlln? E una cana glia ... Ah ! miei cari. io comincio a credere che i no,tri ~i fermano. Ln ma ssa nera infa tti si era. arr estata av- volta net fumo degli spa ri. ' -:- ~ ene, I~ fncilnfn. rir·o•nincin., si cominf'i a a !nd1et regg1are! Ma no, sì. nv nnznno . Salva,. teli, santa ma-dre pr ,tettrir'e ! And ia110! An– Cl)ra ! Er~o ! ecco!. .. Quanti feriti! Co:ne ca,.. <l?_no I Signore I... Non li raccolgono neppur ,pIU. - TJna palla ! un a paJla ! !u gridato d'un . provvi &0. e la fame, non ci dovrà esse r più il genio eh• avv izzisce per un miserabilC ostaco lo econom► .:ù , non ci dovrann o esse r più vittime dell 'uma-– no ego ismo, dell'umana best ialità . E per i man ineluttab ili, dov uti alla natu ra ed al caso, la società avrà organ i e funz ioni pre dispos ti, i• 11ia normale, a riparare e senare , se nza incita– menti, se nza preg hiere, se nza ringraziamenti, »enza onoreficenze. E 1.arà la società comun ista, il soc ialismo t Rago. Annonamanto annuo a!la"Difesa,, l. 2,50 . Intatti qua lche cosa avev a fischiato n ell'1t.– r1a. Era una palla perdut a che passava al di sopra delle riserve. P resto fu seguita da un'a l– tra, poi da un a terza. Il battag lione si agitò. - Una barella! grid ò un a voce. Una palla spe rdu ta aveva colnito. Quatt ro soldati con una barella si precipitaro no vers o il ferito. A un tratto piccoli profili d'u omini e di ca.– valli a pparv ero sop ra una collina, molt o lon. t~no dal pun to ,dove si dirigeva l'att acco; poi d1 là appa rve un globo di fumo denso e bian,. 00 Cùr'r'le la neve. - Ma siamo noi che prendono di mir a i briga nti I g rid ò il soldato allegro. Un~ bomb~ fischiò, crepitò. si udi una d&– tona.z1one e 11 soldato all egro si precin itò nel.– la p~lve re.. quando rialzò la testa, vide il si– gno rmo vicin o a lui colla fac cia contro te r– ra, le bra ccia tese, il collo irri gidito. Un a. pa lla gli aveva fatto un gran buc o ne ro ao– µra un occhio. xxrv. UNA NOTTE. Ml .eovviene: noi cor revamo att ra verso la fore,;;ta. Si_ ud iva no mia golare le pnlle e ca.. dere i ram, '.otli. Si segu iva un sentie ro a tr a... v~rso ma cch ie di biancosrino . I colpi di !Uoce diventavano più frequent i. Su l confìne della boscaglia si vedeva qua 6 là pas~nre qua lche cosa di ro sgo. _Un Q'1ov~ne soldato delh prima compagnia. r1rlr row (10 mi domando ancora com p e(Tli si ~ovas~e con _noi), stramazzò im nro v~isa"'mrn– L e,_ sen za ~Ire una paro l:i.; mi gua rdò coo-U occ~1 lar ghi di snaverito. Dnlla sua bo~a usr-1va 11n fi}o ~nltile di sa ngue SI. ricordo bene. · (Continu o:).

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