La Difesa delle Lavoratrici - anno V - n. 9 - 21 maggio 1916

SPARTACO Di dove uscisse 1 come si chi.amasse quel lode inge.gno che sotto lo pseudonimo di Spartaco era rupparso ad un tratto nel cam– po leLterairio 1 come una nuova ,raggiante 1pro– messa, era rimasto un mistero anche pel di– rettore della rivista che aveva pubblicat e le su e novelle. Le.novelle, me1·aviglios e 1pe.r fo.rza di con– tenuto. per spunto lett era.rio , per pe rfe<Sione di forma, irivelavano un'a:nima verament e nobile ed una intel1igen.za poco comun e. !Stpi1J.·ate tutte da un senso squisilo Oli arte , avevano un fondo di mo1·a.lità ch e dov eva de.;;tare nell'anima del lett ore u.n interesse, un raccog lim ento pensoso ed una commo– zione vibrante. Doveva a,·e,r vissuto molto, e ipossede.re, con una @rande esperienza, una estesa conoscenza della natura umana , qu el– l'i znoto, che, pur riv elando le bruttur e del – ia sooietà, dif endeva str.enua1nent.e, e corag– gio..,~mente, chi per circostanz e dolorose, per ignoranza e ,per miseiria, era trascinato alla colpa, all'ab biezione, al delitto. E do– Ye,·a anche amare la vita quello scrittor e che. come il Oa.rducci, ne esa.llava la bel– lezza e la .bontà, inneggìankio alla pace e alla santità dell'anenire .. .-\ppan· e un giorno sulla rivis ta l'invito seguente .: « Spartaco è atteso domani, dal dir ettor e della rivista i,. Il giorno dopo si present ò in redazi òne un gio ,-inetto ventenne; egll aveva un viso rupe,i·– to leàle, una bocca ftresca sebbene contiratta da una piega dolorosa, occhi se.uri e scin– tillanti, denti ca.ndi\:liie sani. Vest iva UJI1 mo– desto abito da operaio, portava un berretto logoro che la.sciava scoperfva una konte am– pia. intelligente, su cui spiovevano in disor– din e dei riccioli castani . - Che desiidierate ragazzo? - domandò il direttore gua rd andolo con simpatia. - '.'.ti arnie chiama to ed io sono venut o - rispose il giovin ;;tto. - lo vi ho chiamalo ? Ma è la prima volta che ho il bene di vedervi .. Se non so n;;m– m-eno come ,i chiamate. - }.Ii chiam o Spartaco - ,ris pose il gio– ,·inetto con flranquilla semplicità. Il dir etto re balzò in ,piedi sorp,r€SO. - Spa rtaco? L'autore d elle novelle? :Via voi vi prend9te giuoco di me. Il raga zzo sorrise serenam ente, senza ri– sponde re prese un foglio di carta, vi scr isse il suo pse ud onimo e lo porse al dir ettor e. Bastò che questi vi gettasse uno sguar do perché ogni dubbio sparisse Ida lui: era fa stessa scrittura un po' rigida, un po' gros– solana. dai caratteri incerti di chi ha ,pas· 3ato poco tempo negli studi. - E pensare che io ritenevo questo Spar– taco un uomo dai capelli canuti e dall' espe– rienza. senile - mormorò gua rd ando il gio– vinetto con ammirazione e chies e : - .-'. rnt-e studiato molto? - Pochissim o. appena il necessario. ma ho assa i sofferto e il dolor e è un grand e maestro. - Il miglior ma estro anzi , se debbo giu– d icar e dai vostri scri tti. Y!a il vostr o nom e q ual'è? - Per chè volete sap erlo? Se io vi di cessi il mio nome 1 .-oi. for=:..,e. ri fuggir este- da mc con dispre zzu. sebb ene non per colpa mia sia coperto d'infa mia. LA DIBES A DELLE LAVORATRIGI - I ,·ostri parenti !mono dunque tanto colpevoli? - Non più della società che fu loro ma– trigna. - Qualunqu e sia la loro colpa, essa non può ri cad ere su di voi, tuttavia io com- 1,mndo e rispetto il vostro ri serb o. Questo nom e di Spa-rLaco, sotto il quale il pubbli co vi conosoo e vi aipiprezza, voi ra– gazzo lo copri rete di gloria, p erchè l'a vve– nir e vi è ,a,perto e col vost ro vod eroso i nge– gno far ete 1110100 strada. Ne fece molta infatt i, e la celeb~ità aveva già avuto per lu i i suo i sor,risi quando la gu e.,.,·a SCO[)piò turban dolo pr ofon dam ente e dolorosament e. Pure nulla mutò nella sua anima, ed· egli assistette all'immane flagello colla oolma se– reilla -e tranqui lla <li chi atten de sicuro il ritorno della bonaccia. dopo un furioso lem– poral,e. Ma p e,r l,a prima volta, si vilde respinto un suo rornanzo. - Ma perché? aveva chiesto sonweso al– l'editore. - Perchè voi vivete, e fate vivere i vostri ;personagg i f.uori della realtà, ,perohè vi osti– nate a gua rd are la vita con occhi miopi .. P er qu esto ,p,redicate la frat ellanza e l'uma– nità quando bisogna aizzraire l'odi o conbro il nemico.. par late di pace quando il .par– larn e è più che un de litto, u.n tradimento ,-erso la patria. . di te che la vita um ,a.na è sac.ra nel momento in cui ognuno ha il do– ver e di esporla, senza esitazione, cora gg io- sament e, per la girand ezza della patria no– stra. . Asse1rite di ama re la vosbra terra e non oaipite che iper amarla davvero bisogna amare, esal bare la guerra .. &parLaco ritorn ò a casa sconvollo e tur- 0ato; per u n a,timo fu tentato dal 1desi– de,I'io di gettare alle fiamme il manosc,ritto. Ma non lo fece... Egli amav a le sue pr odu– zion i, come creaLure de11iasua anima, colla stes sa adorazion e che una mad.r.e. nuLre per i suo i nat i. Quegli esser i oreat i dalla su a fertil e imag inazion e, quell e oreatul' e buone sognant i un'avve ni(f':er,adioso senza o~pr es– sion i o senza ingiustizie, eirano ,per lui 1 pal · pita-nti di vita, e ,rifl ettevano il_ suo pen – siero così. ch' egli non .poteva d1,strugg erle senza d istrugg ere parte di -sè stesso. OJ·a coi gomiti 1puntaLi suHa lavala, e la -sta reclin"ta fra le palme, egli pensava con ama rezza alle ,parole d ell'editor e. E.ra veiro ch'sgl i non amava la patri a? Chi osava dirlo? f>le.rchènon doveva amare la patria ,come gli altri e ,più klegli all,ri, se la desi– derava più buon a e sopra tutto ,più 1pro– gredila Slul cammino d ell'umanit à e della e-ivi,Ità vera? Oh! egli l 'ama.va la sua bella ter ra dal stw-lo fecondo e dal limpido ,ciolo... Avcebbe volu to ch' essa, 1più 11icca di !produzion e. de– stasse l'a:mmiirazionc delle alùre nazio ni .. Av,rebbe d esid,erato ch'essa div entala buona madr e•1 er tutti i suoi fi.gli, avesse lavoro e pane per tuLti •e non con tasse nè mendi can– ti, nè analf abeti, nè emigran ti. M1\GG I0 : Il mese delle .... rose! VOCI DALLE OFFICINE E DAI Ca ra Libera., P ochi gior ni or sc,1VJcapita i in un amb i ent e ch e son solita a fr equentar e. La propr ietar i a eh~ parla va con diverse con tad ir~e, m i aff er ra per un braccio dicewlom i : c(Gi un(Ji a pr opnsi tQ; ascolta tu che non credi all 'esi!;.tenza di un ente suprerrw. Qui nei nostri dint orni abùia– ™ una dona dannata che parla e non sa ciò che dice, perché poco dopo non ricorda le pa, rot e pronun ciat e. Nei suoi moment i d'ispira – :;ione chi ama inturM a sè la gent e, e scon– giura di non ascoltare i discorsi dei ~ociali sti che cr.,,nsi'yli an r.i di n ,:,n battezzar e i bamb ini e di nr.,,nand ar e i n chi esa; sCJg(Jiung e anr;he che dando retta a qu esti tr adit or i Si r idurra nno nPl suo stato ,,_ E lo propr etaria aueri che moll e donne s'i PraM convertit P ed avevano fatt o battezza r e i loro figl i . fo allora ri spQ.ri che eran o tutte favole ve– rom,ente indeg n.f' del secCJlo ventesi mo. E i fall i mi dieMr o ray ione; ché dopo qual– che giorno sepp i che quella disg raziata , col– pita tratto tratto da ali enazione ment ale, do. veva r,ssere accolla ~ per cura , n el man icCJmio. Ritornata da questa proprietaria voll i far – lP constatar e il fatto, ma ella mi accusi, di ostinat a incr edulitti ; e siccome io la ri mp r ove– r ai di fa vorir e lo super sli;ione , seauend o l 'e- 1,empio del pr ete e del padrone che abw ;ano dell'ignoran;a delle contadine .per loro torn a– cont o, essa infur iato mi scacciò dal 81.l(J nego. :;io insultandomi. Tu che n e dici? In att esa ti ri nara:io e ti saluto. rna ~irnpati zw.nt.e. Car a « simpat izz ante n, Xon hai osservato come anche: a mattino inoltrato il sole nun riesca mai a rischiu.L'aJ'e certi angoli. di vallate profonde le quali non ricevono la luce che molto più tardi di tu tti gli ahri punti cin:ostanti? Ebbene lo stesso fenomeno avviene per H ;pensi ero. Xon tutte 1e men ti r iescono a liberar si dai pregiurJjzi dei tempi passati ; anche vicino ai gra ndi <Pntr i, per esemp io nei cascin ali .delle: frazioni di Milano, tu trovi le povere do,me che condurono il figlio amma lato dalla don– netta che li seana, an zichè <lal med ico. Q:Jes.te creatu re mer ita no, non H nostro di – spre zzo ma la nos tr a pietà ; essi sono i mino – rermi della vita. L'na volta, nel hu io medioev o gli epil ettici e gli isteric i erano <:<,nsirlerati come ind emo– niati o, a se-conda dei ca..c;i, ispir ati dal buon dio. Quante ~ante :idorate sugli alta ri , per le appari r;ioni celesti che dkeva nr, di aver wvuto, sarebbPm ora man date jn nn istituto elinico se non al m an ir.om io ad dir ittu ra ! Quanti epilettic i, che ora si cur ano, allo ra. in – ,ece venivano man dati sul rogo come stre– goni e streg he! Abb iamo fldu da ne:] progresso uma no <:he r·ontin ua, ancl1e qua n<1o a noi, nrlla no, tra. irnpazirnza sembra che 'Si ar - resti. Ll BERA. Buon:.1 Liber:.1, È un fat to assai cur ioso che sollo ponao al lllQ aiu di:io. 0710 rnia compagn a di laf) ora – torio, recatasi ollu fJif1tfolPca rli Via Monfr P– do Ponti, rhiPsP ollo l1i11lfotec uria qua lche li- bro delta lV ern er. Fig urat i c01ne rima se quan.. do si senti rispondere che i lib r i della Werner si dovrebbero abolire perchè tedeschi; e non volle saverne d4, dar(Jlieli ! Che ne pensi tu di que~la lribliolecaria che fa part e del arupp o fem.,ninil e mciali sla? Coi mi(lliori saluti: Ester Rcnterosi. Cara JI:sleriua, In un tem.po in cui la vita umana non ha pjù nessun vaJore, neppure se è quello. di un pa dre di fam iglia, corn.e vuoi che sia apprez– zata la. vita del pensiero? No davver o che non mi fa me,·aviglia q1ie:lla biblio tecar ia ,che ri– nuta i Uhri della \Vern er, per chè scrittri ce: te– desca. l'}; una del gr uppo femmin ile socia lista., t u Dici; pwJ darsi che lo sia burocraticamente, ma certo non lo è mai stata. sinceram ente, rNt.lrnr.::nte. O ha ingann ato noi, o essa stes– <.;a si è inga nna ta, illudendo si di avere un a mentalit à e un 'anim a che: rea lment e: non /POS· siede; 11rrchè, aJia pr ova terribile dei fatt i, H suo cuore non ha sa.put o resilere alla raffic a d.i odio che imperversa, la sua ment e non ha saput o eonservare il giudizio sereno e jm-par – z.ia le. Ed essa assomiglia a quegli t< -snobs 1> che and a,vano in adorazione da vanti a Wa gner sr nza. forse capir nu lla nelJa sua musica, e <"he a.desso <:.i c~as iano alle suon atin e. degn e degli org anetti, di certi maestri non pr ecisa – mente tedeschi!. ... L'art e, la :--<:ienza, la letter atur a, sono int er– na zionali, and1e se qua lcun o non arriv a a compr enden~ q11p,;,;Ut r-lPmentari ssima verit à. LIBEI\A. Ma intanto, IJ)erchè bisognava ,pur vivere , egli avr ebbe segu ito il coosiglio d ell'editore, avr ebbe esaltato la. gue roa ... Ma non poteva, non pot eva ... La s.ua anima mi te, !!"i fuggen– te dall 'odio s·ang,uinario che ub ,·iaca ed a-c– cieca, sorgeva in uria sorda , um ana rivol– ta. __Non 1ma i, non mai, nemm eno per vi– vere, egl i avnebbe prostituito la sua int el– lig,e01za e la sua ani ma fino a ment ire a sè sLesso e .rinnegar ,e il suo passato e ciò che era stato, ciò ch'era anco ra l,a sua sup remR idealità. 1EJ1poi la rraffica sairebbe ,passata, e gli uo– mini ri di venut i buo ni ·e miti avr ebbe,ro ri– ce·rcalo il dolce poeta deHa ~,ace, della fra– Lenanza, della redenzione umana. E l'avr eb– bero ri trovato immutato ed immutabile; si– mile alla querc ia secolar e ohe sfid a impa– vida i colp i più violenti della più violenta temp esta .. Libera. LAFIACCOLA MIRACOLOSA Na rr a una vecchia leggiemda cinese che mig liaia l;i,'anni or sono i figli dell'Imp ero Celeste vivevano in una completa com u– nanza di costum i, di abitudi,ni con le scim– mie, ed aJfl-Checon alttri animali inf eriori. Una mattina un giovane nell' inseg uir e un an imale, una speci e di coniglio, s'allontanò tanto dai comp a.gmi che poi non ,·itrovò più 1-a via ,per ritornare f.ra loro. Continuò al– lora il cam mino fra le s\eiprpe senza una vera meta dete rminata, ma diri gendosi vBr– so il punto dell'orizzonte dov e o,,omi sera ve– deva il sole calare tira soffici nubi di un rosso sanguigno. Dopo mesi e mesi di via:g– gio , durant e i quali si cibò di ins etti e di e.rb ,e, arrivò atl una catena id~ monti che div~deva due mari: uno dall e tra spar enz.e c:rista llin e ohe riflettevano il tu-rchino pro– fondo del ci<>lo, l'altro dai ,rifl-essi cupi qua.si ne1ras~ri. Il ,piccolo cimese stava salendo il sent iero e-rto di una monLà,gna quando gli - atpparve una sce nai di una stranezza iinau– dita. S'a vanzava verso di lui un uomo bia n– co dai lin eament i d el volto puri ssimi e dal– l'esp ressione dellD sgua,fP/0 p:rofonda.mente dolce. Dal],e braccia, dal collo gli scende– va.no p ezzi di Una grossa catena i"rnfranta , ment~e da una lil,rga fe;riLa d el ve,nLre si scorge,vano le visoore .. In mano shring eva ,una fiaccola cbe man– dava lampJ di luce così vivida, così ab-ba– glìant e da abba cin.aire. Lo sf;rano ,personag– gio stac cò da un arbusto un ramo, l'accostò alla fiaccola mist eriosa: immediatamente il namoscello b,rillò p,iù vivido di un,a fiam– mata, allora l'uomo bian co lo porse al pic– colo cinese dicendog li: Ascoltami: da qualunqu e terra Lu veng a mi sei fra.t€llo, io Li consegno una scintilla d\ qu ella lu ce che ho raipito al sole per l'umaniL à. Va, prn·Lala al tuo paese . Con es– sa ri9Ple01de,rà n el].e menti di voi tutt i l'alba del progresso, ma ,' ricordate bene, ripetilo a tutti; qu el giDmo che voleste sott rnrla ad altri essa_mandereb be in evocabilm ente gli ull imi ·guizzi lasciandov i n"lle ·tenebr e. Det– to qu esto l'u omo bianco s'allontan ò ve,rso il bel mare dall e onde glauch e e il piccolo ci· nese allora , come pe.r incanto, riconobbe su– bito la strada ,per la qual,; era venuto e la ripr ese diirigendosi ve.rs.ooriente, l'orizzonte del sole nascente. •Era fatata davv ero q uella luce; la sua mBnte maturò in modo ,pro digi oso : ora egli CAM PI Cara Libera, Ecco i dati chieslimi per chiarire il fatto successo all'operaia niia amica. Come li dissi, tessitr ice da molli anni in uno slabili~ento dovette lasciare il lavoro perchè al settimo mesie di gestazione. 1l lavo1·0 fu la– sciato il (Jio rno 4 setternbre 1915, ecL il bam,.. bino nac que ti giorno 9 novembre; l'1lltinia ra• ta che vagò alla cassa Mat ernit à fu April e– Sell euibr e. Ma l'amica mia prima di la sciar e lo stabilimento chi ese al suo vrincipate se si tro vava in piena regola per voler poi riscu.o– lere il sussidio; e le f u, ri sposto, che rimanes– se a casa fi.d1Lciosa. Ecco quanto pot ei racco– aliu e. Caris sima, V. Scalabrino. L'arti colo /"° del regolame nto sulla cassa mat ernità dice che l'operaia che abban don a il lavoro, o ,viene lioenz-iata dall'ind ustriale negli ultimi du e mesi dì grav idanza, e questi scad ono nel semest re success ivo a quello per il quale ifu paigato o doveva essere pagato il contribu to, conse1werà tuttav ia il diritto al Russ;idio per quei du e mesii. Ma, siccome la tua arni ca ha lasciato lo 'Stabilimento il 4 set– tembre o si è sgravn.ta il 9 novembr,e, cioè cinqu e giorni dopo la proroga concessa da l regolam ento, 1per questa ragione essa ha per – duto il dir itto al sussidio. LIBERA. Abbonatevi ali' A va nti I

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