La Difesa delle Lavoratrici - anno IV - n. 6 - 21 marzo 1915

DUE UCCELLINI DELBELGIO Una sera, in una delle nostre cillil. del Sud , un treno d i rifug iali belgi era ent rato in stazion e e i poveri ma rtiri , uno a uno, d iscendeva no lenta mente, estenuati e stu – p iti , su que l piazzal e sconosciuto ove dei Fr ances i li attendevan o per accoglierl i. Porta nd o con sè qua lche oggetto pr eso a caso, essi eran o sali ti in quei vagoni senza neppur domandarsi OYe li avrebbero con– dotti ; essi eran o montat i nella fretta d i fugg ire, di perd uta ment e fuggir e da van ti all 'orr ore e alla morte. davan ti al fuoco , da vant i all e indi cibili mut ilazi oni ed all e -violazioni sadiche, davanti a tu tto ciò ch e non semb rava più poss ibile su lla terra , e che invece coYava anco ra. pa re, nel fondo d ei pietisti cerrnll i tedesch i e che lutto ad u n tr atto. s'era ro,·escia to su l loro paese e al nos tro ra me un ult imo vomito di bar– ba rie origin a r ie. E'ssi non aveYano più nè villa ggi o, nè focolare, nè fami glia ed arri– vava no là senza mèta, come dei ri fiuti. e lo spa,· ento e la desolazione era no in lut ti. V' erano moll i bam bini. delle pic cine, i cui genit ori s'era no perdu ti in mezzo agli incen– di o all a ba tta glia. E anch e delle nonne, ora sole al mondo, che eran o fug gite senza sa– pe re bene il perché . non tene nd o più a vi– ,·ere. ma ~pinte da un oscuro istinto di con– sen 0azion e: la loro fisino m ia non esp r im e– ,·a più nulla. neppu re la disperaz ione, co– me se ,·eram ent e la loro anima fosse pa r– ita e la loro testa si fosse Yuotata. Due piccini . perd uti in qu ella rolla dolo– rosa . si teneYano str ett i pe r mano: due pic– coli mas chie tti, eviden temente frat elli : il maggi ore che av eva forse cinque ann i pro– te 2"geva il più gio vane che poteva avern e tre . Xessu no li recla mava pe rr hè nessuno li conosceva. Come av evano essi compr eso che biso gnarn sali re su quel treno . anc he essi. per no n mori re? Er ano vestiti con u rop rietil e por'arnno r!elle cal zette di la– na: si indo\"inava cha dov evan o apparte ne– re a fami2"1ia mo dest a ma accu rata ; senz a dubbi o essi eran o figli di uno di que i su– blimi soldati belgi cad uti eroicam ente al cam po dell"onore, che ave,·a do,·u to av ere per essi. nel mome nto de ìla mort e, un su– p remo pensie ro di tenerezza. Essi non piang e\·ano. tanto era no di– strutti dalla fatica e dal sonn o; a s'.ento si tenevano in pie di. Essi erano inc apac i di rispo nd ere quan do li inte rrogav ano. ma sop ratutto non \"Olevano sepa ra rs i. F inal– mente il maggior e, st ringe ndo semp re la sua ma no su quella dell'alt ro. nel timo re d i perde rlo, prese tu tto ad un tra:to co– scien za del suo compit o di prot ettore e tr0\'Ò la forza di pa rla re alla sign ora del bracc iale. che sera chin ala Yerso di lui: - Signo ra, àbse e:gli con una Yocina su pp liche\'Ole e già a metà add orm ent ata, sie Jra . non ci me ttono a do rmi re? Per il momento. era tu ~to ciò che ess i atl!:.-ndev2..;o d,..11a r1ieta um an a: che qual– (·uno ,·oic:.:::semette r li a dor m ire. Subito fu– rono cor ica ti. insieme, ben d istesi ed ess i s·addorm!.:ntaruno su bi lo, tenendosi se m– p re per mano e str etti l'uno all' alt ro, piom– ba'.i nel medesi mo istant e tutt i e d ue nel– .a tranquill a in cosc ienza dei so nn i infan – lili. .. l na vo.tta, è orrnai multo tem po. nel ma– re della Chi na d urante la guerra due pic– coli uccelli storditi. due minuscoli uccellin , erano a rr ivati non so come a bord o della nost ra Cùrazz;, ~1. nell'appa rta m ento del no– str o amm iraglio. e. tutto il gio rn o, senz a ehe del res·_-0~ rn:ssuno ce:rcasse d i spa ven ta rl i, essi ,,rano volati da un a pa rte all'al- APPENDICE 36 Pagine di vita - Sali ro domatti na da te, mi disse; ti r im– borserò il viaggio, ti consegnerò alcuni bollet– tini del 11onte per bia ncheria tua, che serbo an cor a. Ti ~criverò ogni settima na per darti notizie dei piccini. I bimbi dormirono tranquilli e ~orridenti ~r tutti i l>aci rhe la mamma aveva fatto 1~– ro, sapen do di do\'e r part ire presto la matt i– na; ma come poteva d.c,rrr1ire la povera mam ma? J miei pùH~ri f1iccini! La mia cara Rinetta! il mio bell A r1 uro che faranno sen za la mam– ma? Hanno pianto' ! piangono? la. rammenta no, la vogliono? Che vuùto dispe rato! Io mi aI!on– tanavo prc,prio da lùro ed essi si sarebbero svegliati e non av rebbero vista la mamma r l'a– vr ebbero invocata iDvanr.J! Qua nta pena! lo risentivo centuplicata la ~offerenza loro e, :1 qual unque prezzo, avrei voluto rimed iare; ma er a ancor più inso~teni bile lo stra zio del pen– siero che si sarebbero abituati, che m'av rebbe– ro dimenticata , che ad un'a ltra avrebbero da.ti qu ei baci ch'eran miei per supremo diritto, che for se.. un dì, io sarei stata per essi un·e. stran ea ... Che terr ibile reazione ora, al sacrificio impo– stomi! Come feci a non is\·egliar il mio Artu ro, a non dirgli quel che aye,·o in cuore, a non LA DIF lfSA D5LLE LAV◊RATfileI tra, agg rap pa ndosi alle corn ici o all e piante ver di. Venuta la nott e, io li avevo_ di mentica li, quand o l'ammira glio m i fece chi amar e. Era per most ra rm i. con tenerezza, i due picco– li visitato ri che eran o and at i a coricar si nella sua cam era posan do su un fra gile cord one di seta che pa ssava sopra il suo leLto. Yicinis sim i l'uno all'a ltro, diventati due piccole boll e di pium e che si toccavano e con fond eva no qua si, ess i dorm iva no sen– za il minimo timore , com e sic ur i della no– stra pietà ... E qu ei poveri piccoli belgi, add ormentati l'uno accant o all'al tro. mi ha nno fatt o pen – sa re a i d ue uccellini sp erdul i in mezzo al ma re della Chi na . .Er a bene la stessa fi. r_luc ia e lo st esso son no innoce nt e. P IERRE Lo-r. (Oa/ fra n r<·.se' . Lepremure delpatrio governo Il pad r one. Capisci Ghila? Ora tutti ma n- 0cran no lo stesso pa ne. li gove rn o d i cu i i tu oi soc iali st i dicon o sem pr e ma le, ha provveduto a far gius tizia. La domes tica. E an che lei signor padr o– ne ma ngerà d i que l pane? Il padrone. E come no? I sac rifici li san– no far tutt i per la ma dre pat ria. Già : per vo i che ci siete abi tuat i non è un sacrificio mangia re pan scuro , ma lo è per noi , per me che non sono abituat o ! La modesti ca. Si consoli. sign or pa d ro– ne, che lei ne mangia così poco di pa ne. rhe non val la pena di pensarci! Il peggio invece tocca a me con quelle bocche mai saz ie che ho a casa, an che se il pan e è ne· ro ... Col ma rito disoccu pato bisogna mi– surare il cent esimo ! Il pa dron e. :Ma di amine . an cora d isoccu– pat i? Pos sibi le che non riesca a trova r la– ,·oro? La domestica Si figu ri con qu el po' po' di cr isi che c'è.- È roba da ri dere , se non da pia nge re, cercar lavoro I Il vadrone. Via, via, adesso siamo alla vigilia di gra ndi cose. Non bisogna pia– gnu colar e così. An diamo verso la gue rra . E allo ra il lavoro salterà fuori ! La dom estica. Già .. ma intanto ? d iceva– no che si doveva no incomin cia re certi lavo – !'i, ma eh~ la provin cia, il govern o o che so io non può dar nulla ! Il padron e. E si capisce.. c'è ben al tro a pensar e. Bisogna badar e alla sa ldezza della pat r ia .. La domesti ca. Bella sal dezza. se il mio uomo non si regge sulle gamb e! Non si po– trebbe tener sa lda la patria in du e ma– niere? Il padron e. Voi non capile nient e dei gra ndi quesi ti dell'oggi .. La domestica. Ah , sì, sig nor padr one! :-lai non sap piamo legge re bene tutti quei giornaloni che lei legge a tavo la. E se sa– pess imo legge rli , d io mio, qu ei soldi ni sa– rebbero tant o necessar i pel pane, e poi poi.. coi nosti·i cruc ci non si può sta r d ietro al le cose com plicale. Che cosa vuoie ? Siam po– vera gente ! Ma insomma, senza pretend ere di sa perl a alla lunga , m i pa rr ebb e prop rio che se questa pat r ia c'è da sa lvarla insieme. pove – ri e r icch i, bisogne rebb e alm eno m angiar – lo tutt i un bocco n di pan e.. E giacchè il govern o vuol dar e a tutti lo stesso pane, !lerchè non può a tutti dar e i mezzi per compe rarselo? '.'!on le pa re signo r padr one? Il padro ne . Mi par e che fai tr opp e ch iac– chiere. Portami una bottig lia e sarà me– glio !.. Peri scano o -restino le reli gioni, dur er à eter– na l'union e dei lib ~ri spiri ti , che n ell a lenta evol1t.:.ione flr>ll e cosci enze sping e gli u omi ni a m:uover e senza posa 'in 11cw:.i, a salir e le ar – due vette della civ ilt /i. SOUVARJNE. Bisognerebbeaffidareletrattativeadue madri: un'italiana e un'austriaca dirgli, al mio bimbo precoce: Svegliati , ascol– tami, bimbo : la tua mamma va \·ia, \"[l via lontano. Neppur rruella donna òormi : alle 1~ de] mat. tino passeggiava gi à sul corridoio. Scesi per vedere se i bimbi dorm ivano. Essa n.veva gli occhi gonfi di pia nto ed era stravolta. Le do• mand ai che avesse . - Non mi sento bene rispose. - Se ha bisogno di qualc he cosa , mi chia- mi, 1ipetei. - !\"ulJa, nulla , replicò. ?\011 riw:icivo a compren dere tale ~un. soff<>. renza. Pensai di non essere stata serena nel mio giudi zio, mi ri mproverai un po' di a11imo– sità, che istint ivamente sentivo contro di lei, mi r ipromisi di \·incerrni, di tratta rla r.on dol– cezza e benevo lenza nel conge darm i. :\1io ma– rito non si \"ide. Com.presi ch'ella gli doveva aver fatto una scena per impe dirgli di trova r– si ~c,lo con me. Era tardi: Hnd ai a vedere i miei bimbi e non osai svegli:uli, li badai lie– vemente, ma il mio cuore era così stretto chf' uscen do scoppiai in un pianto Cùnvulso. - Non si angu~tii, eHa mi disse, io li tn r() con cura. e gliene scrive rò. Soffocai il p ianto e scesi. Mio marito aspettava: Vieni oJJa sta– zione? gli dissi, - Vengo anch' io allora, disse Ja donn a ri soluta rnente. E i bambin i? le domandai sorp re~a e disgu. stata di quella scena. .\1io ma rito clt"io avevo ,.-onosciuto cosi pl'epotente , sembrava l'um iJis– ~ir.ao ~eno. \li consegnò una busta, mi disse poche paro le in fretta e pregò un wnico ch·era. con Jui di accompagna.nni. - Benissimo, dissi io. Vi raccomando quelle mie creatu re! Avevo il cuore gonfio. Sapete dove abitano? doma ndai a quel signor e; mio marito mi disse che aveva affittat o un bell'ap– pa rtamento ma che non era ancora in orcline non potei comfffend cre dove. - Credo abitino n. Cesano .\laderno, mi disse, brià da qualc he tempo. Non aggiunsi alt ro; ma poi, sola, nel vagone, mi bevetti tutte le mie lag rime. Come avevo potuto lasciar i miei bimbi? E potevo pensar a tutti i lorn bisogn i con una scuola così pesante e una paga così me– schina? Avevo il diritto di tr ascurarTI o la– sciarli a mani mercenarie e disput ar li al pa – dre loro? E forse la loro grazia infantile non l'a vrebbero commosso, non avr ebbe a lui dato il senso vivo della responsabili tà , non avr ebhe, conquistand o la sua tenere1,,2,a, insegnato a lui. la misu ra, la sa ggezza, l'obbligo di da.r degli esempi buoni? E quella donn a. che sa rebbe sta– ta per loro? ,\v rebbe saputo sostituire la ma– dre, senza offendern e il ricordo, senza permet– terur la dimenticanza'! Così pensavo, i,ensa vo, ritorn ando a casa. Dopo qu a.Hche gi"Orno rioevevo letAera da lei, ove mi d iceva che i bimbi stava no beni ssi– mo, che la chi amava no orm ai t( mamma i, che nulla aveva sofferto per la mja lont ananza, <·he già pili neppur mi ramment avano, che mangiava no, U$civano, giocavano con loro, sereni e lieti. In q-urlla lettera c'e ra del veleno sottil e. Mio marito scrisse a suo cugino, e la dose velenosa era ancor più forte e la viltà ... più , ile. Si lagnava che il cbrr edo dei piccini fosse VAKIETA' EDUCAZIONE SESSUALE Ho sentilo ancora una volta Pio Foà, l'il– lustre fisiologo , ['apostolo de lla edu cazione sessuale. Colla sua par ola fac ile e piana , colla su a lumi nosa fede nel bene ci disse alcu ne cose cons olanti. ,Disse che ormai l'ar gomento è di ventato di dominio pubb lico: Si ri conosce la neces– sità di par lare alla giov entù d i tutto ciò che rigua rda la ri pro d uzio ne della specie, dei per icoli ai quali essa va in con tro , se l'istin– to non è regolato da un a alt issima moralità ; delle mala tie sessuali e di tutt e le loro spa– ventevoli consegue nze. La santa croci ata cont ro le mala ttie ses– sua li con tinua e vanta gg i se ne so no g ià avu ti : da qualche tempo nella n<istra Ma– rin a le ma lat tie sess uali sono in notevo lis– sima d im inuzion e grazi e a una severa pr o– filass i e ad una buona istruzione impar tita eia perso ne degn e dell'alto comp ito. Spe– cialme nte fra il personal e dei sottoma rini (personale ben pa galo e per ciò int eressato a mant enersi il posto) si hanno ri su ltat i ot– timi. Ma quante, qu ante tri ste zze non ci d isse egli ancorai La guerra , nel fard ello dei suoi atroci mal anni , porta un aume nto, un d ilagar e impres sionante di mali vene rei. Questo è il frutt o dell'es perenza secolar e. Chi sa per 1ual e oscu ro istinto di conservazio ne della specie, il solda to che ha visto la strnge in– torn o a sè si abba nd ona alla carn e! (com e dicon o i preti). Noi non sappiamo: certo è che le ma lat– tie sessua li, in tempo d i gue rr a hanno la r– ghi mezzi per diffond ersi. Constatiamo il fat to, non foss'all ro che pe r aver magg ior– me nte in orr or e la guerra, se ce ne fosse bisogn o. L'esercito tedesco (il prof esso re non ha parlato che d i que llo) pare sia già in uno stato im pr essionant e. · Del res to, an che in tempo d i pa ce c'è po– co da consola rsi in proposito! Ho letta, non rico rd o dove, ques ta poco all egra e, speria– mo esa gerata , sent enza: Un terzo dell'uma – n ità è stata malata di ma lattie sessuali ; un terzo lo è ; un terzo lo sarà. Certo, però, c'è da tr emare per i nost ri figlioli quando li vediamo da crisalid e tras– forma rsi in farfalla. Ma noi pot remo esse– .-e relat ivam ente tranq uill e se nell'ed uca rli avremo fatto il poss ibile per farn e degli uomini sani nel più ampio senso della pa– rnla . Pa sti fru gali a base di fru tta e ver– du re; pulìz ia, a ria , luce, moto ; esclus ione assoluta del vino, del caffè e di ogn i alt ra sosta nza eccitan te : ecco l'in disp ensabil e per fabbr icare dei sistemi ner vosi sani atti a dom inare e regol ar e gli istinti sess uali quan do si sveg lieranno ! E: nostro assoluto dove re sorvegliare che i nostr i bimb i non prendano di qu elle abitu dini morbo se che rnnno dal su cchiar si un dito fino a ben peg– gio! Ed a qu esto pro pos ito, attent e ai com– pagni dei vostr i piccoli ! Att ent e an che ai gra ndi ai qua li li affidale. Il vizio e la de– genera zione lianno talvolt a as petti tanto se– d ucenti! Badiamo a tenerl i lont ani da spet– tacoli, figu re, scri tti e d iscor si scor retti e no n sarà male anche per noi se sco mp arir ù dalla cir colazione la ba rzelletta grassa e la canz on e scurri le ! Abit uate li alle lavan de, ai ba gni d'a ria , d i sole, a i ma ssagg i senz a fals i pud ori. Non cercate di masc herar e con leggeri de e fan – doni e i falli della perpetuaz ione della spe– cie : se su lle pri me sar ete cred uti. non fa– rete alt ro che acu ire la rea zione che, o to– sto o tardi , avve rr à. Vi sa rete alienata la cosi misero, rattop pato: un mucchio di cenci. aveva detto la signo ra. l\1i ribellai. Non pote– vano aver un corr edo pri ncipesco, quan do i l padr e a,·eva bruc i~ta o impegnata tutta la ro– ba di casa . lo facevo la maes b·a e... soltanto la maes tr a. Non potevo esser ricca come un a go– vernan te, gli scri ssi. Le loro lettere mi dç1.vano delle crisi di spas imo. Il pensiero dei bimbi era un a tortu– ra. Deperivo giorn alment e. Ancora feci uno sforzo di volont à: procurai stordirmi. L'impor– tante era che essi stesse ro bene j n salut e, ch'io potessi vederli appena finita la scuola. Le letter e dir adarono ; ricevett i un pacco di fo. tografie mie e de' miei, di cui alcun e tag liuz– zate, da lui serbat e dal tempo lonta no, poi più nu lla. Col pensiero affrettavo i giorni e le la– grirne. L'esser di visa da l ma rito, il non andare alla messa era, anche in quel paese un a col– pa grave. Il segr eta rio comun ale, il pr ete non tralasciava no occasione cli farmelo capi re. Si faceva la dott rinetta al matt ino, prop rio nelle ore di scuola, pe rchè i ragazz i la diserta ssero. A11e mie rimo str anze, il prete m'avea risposto che il solo in segna:mento util e era quello del catechi smo. Non poten do agir e cercavo conforto nello studio, e qu esto mi a priva nuovi orizzonti. Tutti i prob lemi sociali si affaccia vano al mio pensiero e m'a ffaticav a la mente un as – siduo bisogno .di ri~erca. Come avrebbe pot u– to la donna 1:ven~1c~re i suoi dir itti, difen– der e la_ prop ri a dignità e libertà? trova r Ja forza d1 supe rare ogni confl itto? (Continua ).

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