La Difesa delle Lavoratrici - anno III - n. 23 - 6 dicembre

Il ladro sacrilego '( Caro Don Atti lio, in questo paesello non occo rr erebbero medicine , ci Yorrebbe sem– pli cemente un po' più di condi m ento nàlla polenta.. Yed ele . la gente sa rebbe sana co– me corallo se fos.se meno tden utrilal ,i e m en– tre d iceva quest.e psr ole il m edico volse lo sgua rdo gi ù, in fondo al paese, aJ di fa del– la grand e prateria dov e bianc he_ggiava la vasta fatt oria del signoi- An tonio. Don .-\llilio laceva , .a.veva \',ainima piena di })E'J1Sieri .grav i. tenibilment.e gravi . In quei gio rni per i mise rabili del suo pa ese aYeva chiesto soccorso danaro ai sign ori, ma troppo poco aveva ottenuto. Oh! era .stato davv ero ir risorio ciò ohe essi. i ric– chi. ,1.vevano daito.. <( Dona t,e il su perflu o ai pove ri n ave va supplicato in uno spasimo di pietà dal pul– pito, nelle lesti solenni qua ndo oltre alla folla dei contadini s'aKhmaYano in chi esa anche i fittaibili. i prop r ietar i del paese: ma la sua invo cazione d' a.more. di pie tù s',era infran ta contro una gretta ava rizia. cont ro un geli do egoismo . Pensa,·a ora tuLte queste cose, ,a,le par o– le del dottore. e. chi s~ perché, la sua chie · setta già tanto amata gli ruppa.rve in que l mom ento com -e un fred do recinto dove tut– to era irr evocabilm ente mort.o. Uno sl,rano rumor e colpi tutt i e due . Il medico e il pr ete si volsero e vide ro veni - 1~ verso di loro di cor sa un gruppo di ca– Tabi niB-ri. Il maresci allo fermatosi disse : I( I contadini . que lle canaglie, ic:Laa,no l'as – salto alla fattor ia del signor Antonio , il lo· ro capo già, sarà T ita. . ma addesso la p~– gheranno caTne sa la ta! Il medico ebbe un riso amaro e gli ri– spo se: " Già met tete lo col muso all'infe rr iata .. è un gran br iga nte .. pensat e che stamat– tina gli ho spedito la moglie e un fi,glio all'Ospedale dei pellagros i in città ! Il m.,u·escial lo scrollò le spalle indifferen– te é!.llontanandosi co' suoi uomini. Poco dopo si udirono degli spari , poi il prete Ju chiamato in gran fretta ad ass i· stere degli agon izzanti. tra i qu al i c'e ra T ita. Gli ultim i raggi del sole, attrav erso le ve– trate a colo ri d ella chiesa , avev an o rifl ess i di fuoco . Don Att iliq da un·o ra er a là ai pied 1 i della statua d el suo S. France sco d'Assisi . Pr egava? med ita.va? chi lo sa! Era là im– mobile come incosc iente , sentiYa il cerv el– lo ,in fiamm e. In ta,nto negli angoli della ch iesai a poco a poco si all ungavano le om– bre, a poco a poco si fac eva buio , solo un ultimo raggi o di sole venne a posa rsi sulla grande stat ua del Santo , e a llora le gem– ffiB degli an elli, delle collane , de<?li orec– chini che i credenti ave,·ano depos to in– torno al simuhcro. come rin graziamen to di una graz ia ri cevuta , sfa villarono fulgid e. Il prete ebbe una st r 3.n.a all ncin azion e ; Oh il -;:rrande miracolo! La statu a s'era anima– ta, non era più l'i dolo che la supe rsti zion e umana cophva di gemme e di fiori , era lu i. i l poverello d'Assisi ,·ivo che gli pa rlava. " ~ on lo compren di c...'le qu est'o ro in tor– no a me è uno scherno? non lo senti che a.desso poi in qu esto perio do di dolore e di fam e é anz i un atr'oce insulto• Dillo , dii · lo a tutti che io. io il poverello d'Assisi che benedisse il fra tello lupo, io impr eco cont ro voi tutti che am mucchiate oro nelle c.hi- ese. su i falsi si mulacri . ment re mille e millE:- creat ure muoiono di fame. Oh rip e 4 APPENDIC E 29 Pagine di vita :-:on soltanto nel Veneto c'è la Vandea! Oh, quella, alle porte di Milano, ove il prete è il vtr o padrone benchè viva più ritiralo e sia più .i;,ruardingo!... Allora, neppur pareva ammissi bile a quei poveri paria, la ribell ione al proprieta.r~o. al parroco! Ricordo: entravan o allo stah 1/1mic-q to alle sei del matl inù e ne uscivano alle set– te di sera, con un breve intervallo al mezzo– dì: e molti lavoravano di notte per poter poi ded icare il mattino al lavoro dei campi, dor– mendo , solo poche ore del pomeriggio. Quan – te leggiadre fanciulle, dopo pochi mesi di la– voro allo stabili.mento, si facevan pallide, gial– lastre, smunte! Anche molte bimbe lavorava 4 no, per trenta centesimi al giorno! ~i si strin– geva il cuore pensandovi. E quando parlavo a qualcuno di organiz zazi0ne, di resiste nza, di diritto del lavoro, mi guardavano cogli oc– chi lucidi per la giustezza delle cose che loro dicevo. ma pa revan loro così strane, che mi consid eravano come un po' esaltata e su.ssur 4 r avano fra loro: u E socialista"• ma sen za capire il significato dell a parola mislerio (;rt che incuteva loro un certo terrore supersti – zioso e della quale, io stessa del resto, non comprendevo tutta la portata. Non sa pevo che cosa fosse il socialismo. Avevo sentilo nomin are Marx, Engels. Las– salle, ma nulla sapevo delle loro dottrine, del– le loro teorie. DJJJO sposata, p: co avevo potut o LA D,F ESA DELLE LAVORATRICI t.elo al mondo il mio dolore. la mia male– dizione ! Che 1,vn _•nne poi? 11 prete non lo sep pe nrni . L a chiesa era u.vvoltai nell'ombra del– La notte alta, S. Fr anoesco era ancora lì1 l'igid o nella sua statua di fredd:w pietra , so– lo gli occhi gli sembraivano sem p,re vivi e che lo guardava.no fr ugandog li nell'anima .. ed egli allo ra aveva obb edito ! DaJl, 1, vrn dit a di quei gioie lli ave va rica– Yato rnolto, molti ~sim o da n.awo e così tutti i poveri del pae se a.veva.no avu to pan e a sazietà. <( Non rin graziate me - i1Veva lor o detto - perchè è S. F'1·ancesc o che Ye lo 1d'ona )). N·elk:i sevPra sal1. dell'ar civesco vado si trovavano di fron te. lui il pove ro prete dal– la tonaca scolorit a e il grand e principe del– la chi,esa, il vescovo .d'alla croce d'oro che gli pendeva su l ipetto e dal prezioso anel – lo gernm -alo. « Avet e ruba to i gloie lli della chiesetta. de l vostro p,1,ese, .a;vete spog liato il sa.ero si 4 mu lacr o del patr ono dei vost ri pa.rrocchia – ni! Tutt o dov,ete restituir e alt r im enti vi de– nuncerò come ladro sacril ego ». Don AUilio non si scosse sotto l'at roce in– sult.o. Fi ssò la fred da figura iera tica del Vescov o e e.almo ri spose : e, Fat elo, oh fatelo! ed io là in tti bllnale, a.i giudici e al popolo che mi ascolteranno dirò della m iseria ter rib ile dei miei conta – din i, cli qu ell'a ssa !Lo cli affamati alla fatto– ria di un ricco egoista, d irò di qu egli spari, di quegli agon izzan ti, pa rl erò della visi o– ne in quella ter ribil e notte nella mia chi e– setta, ripeterò loro le parole cli lu i, del po– verello d'Assis i! )). G 1USE PP I SA Nlono LA_NOONI. Non l'elemosina, on ilfurto: vogliamo il diritto. Ca ra ma.dre, Ho ricev ut.o la· vostra lette ra, e mi fa pe· na vede1•vi così di sturbat1. P,erchè cred ete a tu tto que llo che vi dicono, bu ona donn a? Vi dicono che i social ist i rubano senza scru– poli, che sono ladr i di mesti .ere; e voi sub ito pigliat e que lla bagg ian ata come verità di f.e– cl1e,- e dit e.: u Oh povera me! quel benedetto figliol o si sara dunque messo a. r ubar e, ora che è un soci.a,lista! )). Ma peI?,sate se io posso fare, o solamente Questa è la civiltà per la qualeil proletariatodovrebbedare la pelle ! leggere: mio marito s·impa zientiva quand o rni vedeva in mano un giornale. Qualche vol– ta portava a casa il Secolo e più Spesso il C1priere della Sera , del quale era fervido am– rniratore. Io ne leggevo le append ici e piu volentieri gli articoli scient ifici, le varietà; di tado, gli articoli di fondo, chè m'i'rldispelti– vano. Quando vedevo intere colonn e dedic: :i.te a cerimonie religio~e. a commemor azioni chie– sa stiche, dicevo a Beppi: Va', va'. il luo Cor– riere è l'orga no ,Jella plutocrazia e quello an– the del Vatica.no - in fondo, essi van sem– pre d'accordo, sebbene non sembri, come i ladri di Pisa. Egli era un anticlericale fanfarone, rumo– roso, ma.ngiaprrti; un antire ligioso, ma ciò rion gli impediva di gioca r alle boccie, l'.lle r'.arle r:on qualche prete a invocar dio spesso e volentieri a conforto di qualc he sua tesi: un anti clericali smo da mìl'ita ri, bestemmia to– re, ma pronto a riegare secondo le circo 4 stanze. Al mio bimbo io intendevo di non dar a1cun pregiudizio; di allevarlo assolutarne nle libero, nel culto del bello e del buono, con meto do raziona.l e, acci?-. esplicasse la oropria jndivi– dua.lilà senza subire ]mposi zioni e violenze morali. '!-.1'a intan to mi domandavo avvi lita, scora– ta, come avrei ootuto guadagnar il pane per loro e per me e trovavo la forza di vivere, di lottare , rosl indebolita com'ero. La responsa – bilità mi pareva cosi grave che, m'auguravo di morire, lanlo mi sent ivo impari al com– pilo. P iuttost o di far le cose alla peggio, di tra– scinar la Yila coi denti, di veder distrutto ogni sogno d, 1,Pne, di brrntà. cH pprfezionr , meglio !Tlori rr. mi ripetcvJ. Edu··ata. fìnernen - te, come avrei potuto a.dai.ta rmi a tante cose br utte, volgari, cattive, ingiu ste? Fin allora , io non ero vissuta , asso rbita com'ero stata da l mio sogno di redim ere l'amor mio: ca~ duto il sogno, la mia vita, era s.oezzata.. Avevo dei disturbi, forse nervo si. e pensa– vo esser min ala da un male misterioso e ciò non mi dispiaceva . 11 bimbo era presso una fam iglia: andavo a prend erl o e Io ricondu – cevo a sera. Un dì, che la mia ,-unica era assente, entr ò niio marito, col fucile a traco lla, lutto infan – ga to: - Ho delle pernici e delle beccacce, mi dis– se. Son venuto da le, perchè tu sola sai cu– cinarle bene come voglio io e farmi un a buo– na polenta. Io ero flo!orosam enle sorpre sa e non sape– vo che co:;;a dire. - Intan to parler emo dei nostri figlioli. Con– verrà pu re pa,rl::irne, aggi unse. Mi parev a cli far ma.le tt.d accettar lo. Che dirà mio fratello? •- chiesi mollo turb ata. - Ciò non è ]f!ale. Potevi scri vermi. - Tuo fra.Lellonon c'entra, ora. Fa quel che ti dico e parl eremo. Mi pr emeva 1rn.rlare dei bimbi e m'a rre si e preparai il pranzetto , ma ero agitata e mal– content a.. Egli si dimost rava affettuoso e pieno dì te– nerezza e di premur a. - Mio frateilo e mio padr e m'invita no en– trambi a casa loro , lìnrhè io trovi un'occu– razione, gli Jiss i. M<t io mandai già i miei docum ent i 111babbo perc.:hèmi procuri un po– sto li presso, proseguii. Penso di condurr e me– co Arturo. La bimba è trop po piccola e con essa non pot rei adempiere al mio officio di !n~!lgnnnte In 'JIJC<;to prim r-. rc1iodo, ;iricor[t psnsa,re, o qu el mod o! E Batti sta , e Lor en– zo, e Giuseppe, e tanti altri ope rai che con o– scei.e.. pensai.e un po'! E ch i ve l'ha dett o in fin dei conti, da credergli su bito su lla. paro la? Quel br.aw' uo mo del sagrestano , che si mormora abbia tenuto mano a rubare al– l'altar e della madonna, l'anno pa ssa to! qucl vostro buon vic ino che più d'u na volta , per isbaglio, vi ha prnse le uova delle vostre ga lli,ne ! E com e la sapeva lui, il brav 'uomo? L-o legge,va sulla ga zzetta , mi avete dett o. Grazi e tanto! Quante volt e avete sen tito di– re da,l pret e che i gio.rn ali infi.nocchiano la g·enle con delle frottole! E allor a? E' per chè su qu el giorna le c'è su stam pata una croce? Buona donna! se baslasse quello' Non avete sentiLo dir e che qu asi tu tti i bri– gran ti po rtan o croci e m eda glie benede tte oon grande di vozione, e sotto hanno pugn ali e pistole? Lasciamo andare il sagrestano e il suo mise rabil e gio rnal e, e asco ltatemi bene , buo na mamm a. Quello che v'hanno detto è un.a malvagia e goffa bugia. I socialisti non soltrunto non vog liono il furto; ma vog liono , anzi , che la gen te non possa. nè r ubare .nè esse re de rubato , e che v•enga a pe rd ersi per– fino l'id ea del rubar ,e. Dit e un po': non è forse vero che adesso Lante volt e 11 pov ,ero contadino si riduce a dove r rub acohia.re qua lche pannocchia, qua.lche fast ello di legna , qu.aùche braccia– ta d'erba , per campa -re la vitaccia? E i pa droni , dite , non ci .fanno, anche lo– ro che son ricch i, certi tiri .birbo ni, abu – san do ,dlella nost ra igno ranz a? E c&rti buoni posside nti, tu tt i di chiesa, se possono ruball"Sì coll 'a r.atro un solco di terra , o portare il loro confin e più vic ino al– la st rada del Comune, non lo fanno forse volonti eri? E i negozi anti , dii.e, che non rubano pro – ,pr i.o mai? Voi ridef.e eh? voi che avete se m – pre da. li tiga re, o par il pes o, o per la mi su– ra, o per il c001to o per chè vi dan torna per Roma!.. Sì può <lit.e ohe ora non si può f.a.re a meno di r uba re : ch i n on ne ha , perchè c'è la m iseria che lo spin rge, e chi ne ha trop– po, perc hé.. più ne ha e pi ù ha gola d i ,vern e. San t.o cielo! ,non .passa giorno ch E non si senta di re: (( Han no ar restat o il taJ. comm end ator e, il tal cava liere, il tal baro – ne ; fann o il pro cesso al ta l banchi ere, al tal deput ato, al ta l sena tore; il minist ro ta le ha rubato i fondi d el terr emoto e l'avvocato suo figlio ha rubato dei gioielli ... i>. Non si parl ai che di rubar e! O com .e vol:ete, dunque , che i sociali sti insegmino alla gente a ru– bare? SarebbB com e insegna.re ai gatti a rampicar e! Adesso il mo nd.o è così fatto che si sente fino a dir e : (( E 1 galant uomo chi la fa fr&n – ca; e la fa nno fra nca quelli che la fanno g,ro ssa » . Hrunno m esso in pr igion e il pov e– ro diavolo, clh.e innocen tement e av eva ta– glia t.o un a: b ra ccia ta d'erbacci a per l'asi no in W1 fosso, un ragazzeU o che avev a ru ~ bato una pagnot ta per fame, perfi-no un po-– vero cretino che avev a mangiato erba in un pr a to no n su o; m entre i ladr i di mili o– ni scmo in libe r tà, e gli st rozzi ni, ebte i o cattoli ci no n imp orta , f.anno in pace il loro mestie re. E poi sentii.e: lasciando in pace i ladr i prop r io di pr ofess ione, non vi pare, ma m– ma, che il contadino che produc e tanta gra– zia di dio e man gia. così male , il mur.atore che fa i bei pa,lazzi e viv e in una soffittac– cia, il tessitor .e che tesse tante maani fiche stoffe .. e va stracciato, non vi pa r;, dico, che non a,bbiano qu ello che loro spetta? Co· me va che qu elli che producono tuLto res ta– no senza part e, e quieHi che non pto ducono nulla hann o l'ab bondan za!? convalescente <::omes~mo, ti sa rei taa.1tograta se ti occupas si di lei, non solo pagando re– gola rm ent e il men sile, ma sorvegliando, an– dando spesso a vederla, informandomi minu – tru~ente ?ell a ~ua sa lute, dei suoi progre ssi. Prim a d1 partire pel Venet o, nalw·aI.me nte andrò a vederla, a baciarla , a persuadermi che essa è. b.en tenuta, a r accomandarla a queJla famiglia ove si trova. Cosl fu convenuto Per la. ca.sa ., egli ri,_i disse, che aveva Iascia– t<;>, lutto ~ome prima e facess i io ,dei mobili ci.o ?~e nt enevo opportuno. Gli raccomandai d1 nt1rare dalla lavandaia la bianc heria· le cose più belle che avevo voluto serba re e ~al– vare dal na ufrag io. Dopo pochi giorni seppi d'aver ottenuto un, posto in un paesetto pr esso Oderzo. Mi recai tosto a A'lilano. Con gran de sor– presa trovai la ca.sa vuota. Egli aveva vendu– to lutto, fuor degli oggett i dj cucina. La la– van daia mon paga ta, aveva trattenuta la bian – cheri a. .Non ayend.o denaro , lo m an dai degli ogp-r--t– ti ca-sa1rng111,pur cli ritir arla . Promise che l'avreb be rip ort ata, ma tratten ne una cosa e l'altra . I ~ri~i passi da sola eran duri; ciò non contnbu1va a darm i animo . Andai a trovar la mia biml)a che stava beni ssimo è dovetti parti r in fretta chè la scuola sarebbe inco– minciala. Mio pa dr e m'a ccompagnò e per i f)f'imi mesi fu stabi lito che il bambino rima– nesse presso di sè. Io non aveva che il vestito che indossavo: il mio volto era palli dissimo l'aspe t.to sofferente; non avevo ancora 28 ann i' Mio pa dr e sa r:ilibe partito; io sarei rim a~ ~ta sola, a pen sione, in una piccola trattoria. ?-.1i si stringe \·[: il cnore. (Contimta }.

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