La Difesa delle Lavoratrici - anno III - n. 11 - 7 giugno 19

CA RITA :\farin e.:rasfinita dal dolor e e dalle lung he veglie al lett.o de,J mari to infer m o· ma il çolp o ricevuto quella n1a1:itìna l'av~\-a an– nientàta. Ognì primo gior no del mes e essa, vinc en– do la natur ale timidez ·z3, e la ripugnanza irrndta per tutto ciò ch e le pareva umil iante, ; si "Tecava éÙ palazzo del nrnrchesì della. Fa- 1 ,a, per aver e dal maggiordomo l'assegno ' mensile che l'apparente generosH.ù di quei , signo ri , accordava a suo ma.rito, 3.Illmalutosi qaa ndo era al loro servizio . Anche quel primo marzo all'ora fissata :\1aria bussò all'a rislocratic~ porton e, e fL; ·-strana.mente sorp resa., ucfendo dai domesli -ci ,che sarebbe stata int rodotta. · anziché dal maggio rd omo dalla stessa signo ra Mar chesa. La nobil donna, abbigliala con un1 sfar– zosa toil ette da casa , era nel suo ricco bou– doir. stile Luigi _:-.•v. e app ena Yide din an-zi a sè la moglie del suo e.."< cocchiere, le ùisse di punto in bian co: - ).li dispiace, cara mis, ma sono c-oslret– ta di sospendere il sussidio mensile a vo– st ro marito. J\laria ebbe un sussullo e guardò este.rre– ialta la marchesa. Questa conti nuò in tono glaciale: - Capi rete bene che, essendosi egli ri– fiutato di con fessa rsi dsl sacerdot e che io ' mi ero data premu ra di mandargli, e persi- · stendo nell'errore e nella impenitenza. si è re.so immeriternl e dei nostri ben efizi. P arlo anche a nome del signor march ese, il quale è pienam ente d'ac cordo oon me. La povera donna , pallida come una morta, fissaYa il suolo, senza fiatar e, e l'elegante beghina con voce radd olcita soggiunse: - A meno che YOi, da bu ona moglie cri- -stiana, non lo persu adi ate a ricredersi, o al meno non mi prome ttiate cbe in ex tre– mis chiamarele il pr ete, affinché lo ricon– cili con Dio e muoia in grembo di santa ma– dr e chiesa. In tal ca.so , s·intende , resle reb– •b1,ro le cose come sono. -· :'\on posso promette r nulla. perchè io non iarò mai cosa cont raria alla volontà di mio marito - rispose dignit-0s1ment e :Ma– ria. E l'altra di rimando : .- Quando è cosi ,·'anerlo che, d'ora in avanti non dO\·ete fare più nessun assegna – mento , udi me. nè sull a mia iamiglia. - Ho in teso perfettamente , signora mar– ch esa - balb ettò la donna e inchinawsi usci in fretta , ma non tant.o. da non udire le ultime parole della marchesa: - - - -- -- - - Superba! Sono po\·eri e superbi! La pia rdam3. era indignata perchè il de– 'naro, onriipolent e, non aveva pagalo l'or · goglio di una miserabile creatura. :Viaria giu nse a casa trafelata con un no– òo alla gola . Il malato riposava; essa si bu t– tò sur una oodia e dette libero sfogo al do– lore e alla rabbi3. per la patita ingi usti zia: - Eccoti , mio pow ro .-\!berlo - mormo– ra,·a fra i singhiozzi - la bella ricompensa a tutta una vita di lavoro e di abnegazione , alla lua onestà.. l.llo zelo scr upoloso nell'a– dempimento de' tuoi doveri di servizio ! Que– ste buone qualità erano riconos ciut e e ap– pr ezzate anche dagli illustri tuoi padron i, ma ora, dopo l'atto della tua libera coscien – za , banno cambi3.lo opinione , e irritati di non r-oterti opprimere anche nel pen siero, si vendlcano lascian doti morir di fame. L'infermo svegliatosi chiamò con un fil di voce: - Maria , sei slal.a là'? - Sì.. ,, - Hai ~uto? - Si. ... - Oh! i nostri buoni signor i! Vai subit o 4PPE:S.DICE Pagine di v ita E,..,.li mi s·d\.·ventò colle ma.rii alla g',Ja .... Ero <...r.,rPresa: J1er r1uanto lo sapes., i '-'?I.gare, ~io mi pare va che supe rasse ogni prev1s1one. Fir– mai senza una parola la quitanza. Appena egli se n'and ,:,, mi guardai att.orno istupidit a. E quasi senza darm ene ragion~, istinti vamente , mi avviai verso. il suo u~ c10 che in quelle ore del pomerigffI~ er~ ch!uso, solit ari o, in un'aula del .\funic1p1? s.ilenz10sa, lont ana dai rumori, a pochi pa ssi d1 là. Fin almente ero sola, con me ~tessa, ~'Jla co! mio ricordo, sola colla mia nausea. :vf1 buttai sul divano e mor devo i cuscini per soffoc~re il singh iozzo; una crisi nervosa , spasrnod1~a mi contorceva tutta. Raccogliendo tutte le rn1~ forze prO\·ai a calmarmi, ma i1 pensinc, si confondeva, sentivo di dir forte del!e pa!·o1.e senza senso, sentivo che mi perd evo 1rrem 1.:;s1- biJmente, che il mio cervello non potev'.1 soste – nere l'urto. E anco ra, con tutte Je mie for:..e volli pensar a mi a madre che· era a~c?ra 1~ treno. E cosi mi si abbatterono un po. 1 1,1erv1 e stetti ore ed ore con un )amen~ d1 b1mb~ malato che mi calmava, che asso piva un po la Umsione spaventosa di poco prima. ~ alzai LA DfF ESA DELLE LAVOJ;IATIUCI ~ pagare il conto al farmacista e al mac el– laio. E' un pezzo che aspettano. - S,, si, non dubitare - e menire ra.ssi– cu raYa il marito ingannandolo pietosamen· le 1 pen-sava sgoment a al modo di far fronte ai foro impegni e di tir are inn3nzi alla me– glio. Col suo mestiere di sarta Maria gua da· gnava meno, perch è l'assistenza all'inf ermo ,_ le illIDpediva di esser pun tual e con le esigenze d elle clienti, le quali egoisticament e impa · !lÌenlite, la phnlarono quasi tu tte. ,Come fare? Imparò la strada del Mon te di Pietà e vi portava ora un capo di bian– •cheria, ora altri oggetti, finchè ebbe spo– gliata la sua casetta. di lulte quelle cose utili e care, accu mula te con tali sacrifici e fa– bièhe. Maria però non se ne rammari cava. Su qu esto duro calvar io di priv12ioni e di sacrific i, il suo spirito indip endente e fiero aveva trovato sè stesso . Ella era orgog liosa di poter sop perir e alla tranquillità e ai bi– sogn i del suo Alberto , nei pochi giorni eh, gli resta vano di vita, senza essere costretta di ricorrere all:1. alt.rui pietà, alla cinica piefa, di coloro che non conobbero mai lo strazio della mise ria. VrITORIA MARIANI RAMBE _LLI. Un' operaiaad un' operaia u Le ragazz e che non credono " è il titolo dell'artico letto di un giorn ale cattoli co in ,oui una tessi tr ice, tale è la firma , giu dica a modo suo le ragazz e che non credon o e met– te in evidenza i danni e le conseguenze della miscredenza religios a. Le ragaz ze che credono nella religione, sono, pu rtroppo, ancora in gran de. maggio– ranza. Le altre a cui si rivolg e l'art,colo son quelle che hanno trovato la bellezza e lo sco– po del\~ vita nella vita stessa . La mia anima di miscredent e ha trovato che oggi la vita ha ideali e lott e, basale su Bu one massaie, sapete t:Oi perchè 'il pa ne vi vosta parecchi centesimi al chilo più di quan to non dov reste paaarlo? . Sapete , voi perch e in It alia pagluamo .lo .:;uc: chero tr e volle tan to di quanto si paaa in alt n paesi? . . .. Sapete voi che sono qu esti famosi da:n do(Ja• nali che rendono tanti milioni allo Stato e tan. to servi.:ii a certe cricche di proprietari e di afiari sti, e che si ripercu otono sul vostro ma . aro bilancio dom.estico ? . Si tenta ora di smantellare la fort e::a dt r,uc. sti predat ori delle risorse del paese, si _tr atta di all egyer ir loro un po' la cassaf or te.. i\fa la cosa non è facile come si crede. Gill la lotta e incomincia ta alla Camera: si denunciano le la dr erie e le vergogne dei for– nitori di anni all'ese rcito (i sideruraici ) i quali in ricambio dd favo re che lo Stato rende loro pr &teoaendone le industrie dalla concorr en:a ,:he bar collavo. ancora provai a un dar un alt ro indirizz o al mio pensiero: ... - la mia JiimiJa :... che avesse freddo di sotto? che sof· fri~sf> per la pioggia ch'era caduta in quei gior – ni? Perchè non l'avevo io ben coperta? Dovevo adùrna re Ja sua tomba. Le avre i portati tanti ta nti fiori. Le avrei fatto fare un ritr att o in i.smalto e poi uno, grand e, gra nde. Avrei fatto un bel quadro ricamat o in seta, con tante paro le, tutle quelle che le volevo dire, tutte que1le che avevo in cuore:. tutt e quelle tanto dolci che le avrei dette, string en– domela al seno. se fosse stata ancora con me e m' .avesse ancora chiamata: Ma... mamm a! E pensavo a quel movimento cosi frequente della sua. m.anina sul mio braccio, della sua boc– rh.ina arida, del suo occhio su pplichevole, che chiedPva da bere . Ave\·a soli 15 m es i... Era quasi buio .... :\Ii parve da e~ser _a.lJba• stan za calma, per affront are la Iure, il ru· more· la \"i!'}ta di lui; henchè quaJcJ1e cosa deo– tro ,r;i dicesse che invano tentavo d'inganr v1r– mi di tacitare di fuorviare la mia pena: era un~ piaga grande, profonda, sconfinata eh~ non si poteva cicatri zzare; ena l'a bisso: e m1 prendeva cùme un gra n deside rio di ur lnre forte forte flnchè uscisse dalla gola tutta l'a.n– goscia tremerrùa, tutto il respiro. - Ma andai all' albergo quet a, queta: Beppi mi rimpr overò perchè 1a min estra era quas i fredda. - Pr o– vai ad inghiottir la. - Entrò un bimba coela· nea deUa mia ... Avevamo parlato tante volte coJJa madre di lei, dei progressi delle nosi re piccine... un principio super iore di giustizi a, a cu i po– tere dar e la parte migliore dì sè stessa . Il nostro amor e per chi soffre e lavora non si quieta nella speranza che nell'altra vita ogni sofferent e avrà. un pr emio. L'am ore peì di· seredati si traduce per noi in tanto ardor e di lavoro perchè venga ~nche nella terra il giorno della felicità e della giustizia . I nostri desideri indiscr eti sono quelli di migliorar e per tutti le condizioni di vita, di lavoro , d'imp edir e che una magg ioranza di uomini lavori e stenti per una minoranza di privilegiati. La nostra non è invidia, è un sens o di di– sint eresse, e un crescent e bisogno di giust i– zia. Le sofferenze degli alt ri, le m iserie e le umili!tzioni diventano dolore nostro. Dice a noi la tessitric e credente: (l Voi nel diY-ertim ento non siete mai fe– lìci » . No, cara tessitric e, non siamo mai felici, e questo è un nostro vanto. La felicità, come la int endete voi , è la ras segnazion e, un po' anche l'indiffer enza che vi dà il pensiero della fatali tà che incomb e nella vila, che crea i dolori .e sem ina le ingiustizie. E poi quali divertim enti godiamo? __ Il lavoro ci estenua , il guada gno scarso c1 obbliga alle più gran di economi e, se abbia– mo un'ora di ripo so la dedi chiamo alla let– tura di un giornale o di un libro , cerchiamo di formar ci quella modesta coltura che ci è indispensabile per far e fra le lavoratri ci la propaganda delle nostr e idee. Io pure ho pr egalo. Poi la fede è caduta in me. E m'è parso che la. sua scomp arsa segnasse l'inizio d'u na nuova vita spi rit uale, l'orientamente verso bisogni, pensieri nuovi, m'è parso che una nube densa si squar ciasse e che la lu ce prorompesse più vivi da nella mia anima. Se Cristo rit ornasse fra noi guarder ebbe i mis cred enti d'ogg i coll'ap prov3zion e sere· na e dolc e con cui gua rdav a que lli che nei tempi lontani, nella lontana Pal estina·, lol: tavano come lui per un'ideale superiore d t giustizia. PLEBEA. estera, sono assai patriotticamente legati 'in trust con li] cose .<;lranicrr per me:: o dei quali si fomenta no delittuosamen te le rivalità fra gli – Stati allo scopo di accr escere gli armamenti . Si tenta vure una ridu~ione del da:io su• oli zuccheri. .lla gli :.ucch erieri insorgono mi. nacciando la chiusura delle loro fabbrich e. Dicono che c'è 1nolto .:ucc hero nei loro maaa: • :ini. _ - .Ah si? - pensa la buona m.assai a - e dire che è così scarso nelle case dell a povera yen te.' Si dovrà dunque ai.re al bambino che chi ede una .:all etta ancora: - Te ne do poco, perch è costa caro e costa caro per chè.... i _maga::eni son pieni. - Che cose cur iose ha (JUesta sapiente regim e di pro – du:ion ef Che rebu s! .4. un prossimo nwnero potr em.o offrire all e nostr e lettrici un artic olo delucidatii:o fatt o da persona assai co1apetenle in ma teria di prole• .:;ioni.Hno. Le lag rime mi cadevano nel piatto e pro– cura vo di nasconderl e silenziosame nte. - La sign ora fa la romanti ca! disse forte mio marito. Pian piano senza propri o nessuna premccJi. tazione e nessu no sforzo, pre si la botti glietta cli stri cnin a e noce vomita che avero clavanti e che pr endevo a goccie, e la tran gugiai tutta. - 11 moto era stato involonta rio e dec•so. - :.vu pareva che lui non se ne fosse accort o, in– tento com'era a t1gliare la carne . - Egli mi guardò in viso, ma certo ancora. non scoli la. mia disperazion e. - Pen sò alla responsabi– lità sua . - Si alzò: - l o non voglio alcuna noia., disse. - Tir ò fuori il medaglion e e i capeUi della bimb a da] port afog lio e li posò pre sso a me. - Ognu no compr endesse la causa del mio atto! - Sor• risi. - Egli si a11oHtanò. - In queJ momento il pensiero di mi a madr e, di mio padre, del do– lore che loro cag iona\'O, del rimorso che davo loro d'a vermi lasciata sola, mi assa lse con violenza. Salii le sca le in ginocchio, non potendo reggerm i per l'ag ilazione. - La padr ona del• l'albergo mi vide, mi prese in braccio, mi por– tò giù. 11 mio viso stravolto, il mio tremito le spiega rono tutto: la bottig lietta vuot,1.era su l ta volo... Voleva grid are; le chiu si la bocca. 1ntanto, fui pr esa da un vomito convulso e invan o tenni i denti chiu si, str etti. La buona don na chiamò, gri dò. In quella, entr ava mi o marito col fiarmacista . Mi pres ero, mi misero una chiave in bocca e mi fecero cc.cciar giù delle cucchi aiate d'un a cosa mol• Vita p r ole taria un giovane, disoccupato da sei mesi, si presenta in una fabbrica di minuteri e me– tallic he. E dopo un mese d'angoscioso an– dirivi ene vien e assunto prima come operaio, poi come ma ga zzini ere e sorvegliante . Do– po 10 giorni di lavoro il princip_ale gli offre la paga di dodici lir e settimanali. Il g10vane obbiettai Come posso vivere con du e lir e al gio rno?· E il principal e rispond e! - In dubbiam ente il vostro lavor o me– rita una miglior e retr ibuzione, ma se voi non siete contento andat evene pur e, io tro– vo subilo un altro da metter al vost ro po– st-0 ... II disgraziato è il maggior e di 8 frat elli, conosce l'avvilimento terribile della disoc– cupazione, china il capo ed accetta il salario vergognoso e crumiresco. Nello stesso stabili mento lavorano le don· ne con una paga di L. 1,20 o 1,30 al massi– mo con un orario non inf erior e alle ore, dieci. (Le filatrici qui lavorano ii ore per L. 1,10 al giorno come paga massima ). Mol– te donne sono adib ite a lavori pesantissimi e pericolos i (torchi , trancie, tomi ); quelle che lavorano a cottimo , colla lrancette per fare bulett e da lapezzeric, raggiu ngono al mas– simo una paga da L. 1,60 a 1,70. Il giovan e povero, assunt o con uno sti– pendio umiliante , soffre dello sfruttamento di tante pove re donne, vuol risveg liar e in esse il senso della ribellione e della solida– rieli,. E trova per esse l'accento della bontà, della persuazione 1 vuol pa rlare al loro cuo– re e alla loro mente, far loro capire che una delle cause del!a loro condizione mise– rabile è la ra ssegnazio ne supina con la quale n.ccettano condizioni di vita e di lavoro così inferiori. Vuole che esse capi scano la ne– cessità. dell 'org3nizzazione per crearsi una vita più dignitosa e più umana per loro e pei piccoli figli. Vuol e che sentano il bi– sogno dell'organizzazion e come un dovere moral e, un obbligo assunto anch e di fronte ai figli a cui con la vita , devono pur dare la possibilitù di viver e senza troppi stenti . Le donn e, poverette, approvano, ma vi è nelle loro anime una tale abitudine alla sof· ferenza, all e priv azioni , alle um iliazioni d'o– gni genere che le par ole del giovane sobilla · tare cadono in un terr eno steri le. Il prete solo ha su di esse un ascendente sicuro. Ma una sera le opera ie a cottimo si pre – sentano allo sportello dei pagamenti. E a– prendo la bu sta coi denar i hanno tutte la stessa protesta timida e dolorosa . A tutte la paga è stata decimata! Il pa·ctrone ha 1 per tutte, una cinica ri– sposta: " Guadagnate an che troppo. Ho deciso di diminuirvi i pr ezzi di fattura perchè mi so– sono accorto che guadagnate 1,80 ed anche 2 lire al giorno. Se volete è cosi, se non Yolete, sapete che rosa dovete fare! ". Le donn e hanno le Jagrime nella voce: " Ma io dovevo pagar e la sart-a! - Ed io il latte! - Ed io le scarpine per il mio piccolo! - Come far emo? n Una disse : « Ma questo modo dì proce– dere non è onesto! "· Pr onun ziate però le iiarole ardite si eclissa per paura. Ahimè! chi ascolta il lam ento delle povere donne? E allora ricordano l'incitamento del gio– vane che cercò di rid esta re in loro il senso della dignità e della solidari età con gli altri sfru ttati che lottano e lavorano per conse· gui re un tra ttamento uma no nel lavoro. Ed egli spieg» loro che il nuovo sopruso è meritalo in part e perc hè la loro debolezza di fronte all'ingiustiz ia .non deriva che dal fatto di non essere organizza te. GIOVANNI ÙJD!. to a.stringente ed amara: tannino, credo. - Poi, quel sign ore mi parlò a lungo con dol– cezzn. .\.lio marito disse col suo fare ali.egro, frivolo, banale: (( ì\torir e per una bimba!? Co• me sei sciocca! La fabb rica c'è anco ra: ne fa. remo degli altri . lo fremevo. E aile rimostranze di quel signo. re che mi tacciava di debolezza, rispos i fred• da : - Signor e, se avessi avuto presso a me un affetto serio; se la vita avesse ancora per me qualche lusinga, qualche speran za, non a. vre i fatto cosi. :\1io marito ris e; mi chiamò bambina. - Compre si però eh 'egli si studiav a di esser con me più affettuosoì per molti giorni non mi ab• bandonù più e mi parl ava con dolcezza. - Volle che facess i molte iniezioni di ferro; si prese cur a della mia salute. E quando dovetti tornare al mio dovere sco• lasti co, mise presso di me una mh cugina perch è per qualche tampo mi tenesse compa – gnia. - E lent amente ritornai alla vita, ma avevo cambiato caratte re. - Mi senti vo un 'a l• tra; non ero più la croatura mite , devota fino al sacrificio: avevo spesso la parola sarcas ti– ca; una fierezza sdegnosa. M'ave vano obbligata a vivere: non sa rei più vissut1. per gli nit ri, per compia cere, per obbe• dire; ma per me, secondo i mie i gusti, il mio umore, la mia ,·olontà. (Continua) . legge!e " lA DIHSA DEll( lAYORAJRICI ,,

RkJQdWJsaXNoZXIy