Critica Sociale - anno XLII - n. 18 - 16 settembre 1950

CRITICA SOçIALE 247 NON BASTA SOFFRIRE C hè la storia .di oggi sia I fatta per moltiplicare le apprensioni' e turbare i sonni è anche troppo risaputo da chi la vive con un minimo· di par– tecipazione. Piuttosto ci si. potrebbe chiedere se tut- . ti la soffrono aUo stesso modo, con uguale intensità, o se .non costi a qualcuno più amari sacrifici. Nè penso che la risposta si farebbe aspettare. La verità è che più greve e tormentosa pesa la croce proprio su chi si è messo al di fuori o, addi– dittura, al disopra dell_a mischia. Non è un paradosso: basta riflettere, per convin– cersene, sul senso più· comprensivo e umano di que– stra tragica ora. C'è la guerra calda in Corea e in Cina, e la guerra fredda un po' dappertutto. Imperversa la disoccu– pazione in non pochi :Paesi, incominciando del no- . stro. Una corrosiva crisi spirituale disorienta e de– moralizza in misura grave le nuove generazioni. l\{.Ia, a considerarli bene, non sono questi che fenomeni derivati, riflessi. Alla radice di ogni male è una sor– ta di oscura fatalità che, dopo aver spezzato l'unità della geografia, minaccia di creare un'antitesi irre– parabile di mondi e di çiviltà. Comunque già' da ora la polarizzazione ~i delinea massiccia e impressio– nante e quella .che era, sino a qualche anno fa,' una dissimulabile incrinatura sta assumendo le. propor– zioni di un vertiginoso abisso. Da una parte è il comunismo col suo centro di propulsione nella Rus– sia Sovietica, dall'altra la democrazia occidentale con la sua base di resistenza negli Stati' Uniti d'America. Dovrebbe essere del tutto naturale, pertanto,' che le peggiori conseguenze di una tale situazione ri- · cadessero' sui contendenti, più direttamente impegna– ti e più esposti; senonchè essi si sono così profon– damente compenetrati nelle rispettive tesi da non avvertirne più gli errori e i pericoli. Ed è questo, d'altronde, un fenomeno abbastanza comune cosl dal punto di vista psicologico che. prospettico. Gli uni e gli altri parlano di linguaggio mistico della verità. E tutti sanno a quali effetti possa spin– gere l'infatuazione della verità. lnvece chi sia riuscito a immunizzarsi dai precon– cetti e dai fanatismi e disponga di un minimo spi– rito critico vede tutto, capisce tutto, misura il mor– dente dell'attacco, rileva le insufficienzè delle difese e rivive lo sgomento dell'Apocalisse. In una parola finisce per essere aut9maticamente il Cireneo di questo nuovo, pénosissimo, Calvario. Lo so; io stesso ascolto la voce di una logica ri– torsione. Essa insinua che nessuno ha il diritto di sottilizzare e di sottrarsi, in un'ora così oscura, al– l'imperativo della scelta. Ma scegliere, per l'osser– vatore disinteressato, per il contemporaneo scru– poloso, non è affatto facile. Sopra tutto perchè - diciamolo pure con la lealtà che esige ogni cura, anche modesta, di anime - l'infatuazione della ve– rità fa dimenticare troppe cose a questi non meno che a quelli. E si tratta molto spesso di cose che esercitano un peso fondamentale nella vita interiore. D'accordo: il comunismo non potrebbe essere ac– cetta,to se non al patto di credere in una giustizia senza libertà. Nè questa fede è onestamente possi– bile in quanto include il sacrificio dell'intelligenza creativa e della coscienza morale e l'accettazione di una disciplina meccanica e di una formula dogma- BibliotecaGino Bianco tica. (E qui va sottolineata ancora una volta l'eresia di considerare la giustizia nella funzione unilaterale di equiparatrice dei beni di consumo, m(;!ntre essa mira sopra tutto a una severa discriminazione di meriti e· di competenze). D'altro canto, però, nessun democratico sincero ed effettivamente ortodosso potrebbe appagarsi della libertà cosi astratta e simbolica dello schieramento anticomunista. Anche perchè sarebbe vano negare che il capitalisI,IJ.oesercita di fatto una dittatura eco– nomica che, se non ha il carattere esiziale di quella politica, è pur sempre oppressiva e degradante. E a nessuno certo sarà sfuggita la pericolosa correla– zione di rr{oda, per _laquale lo spettro della dittatura politica del comunismo si risolve in un progressivo cons.olidamento della dittatura economica del capi– talismo. Con evidente offesa della logica democrati– ca che respinge il totalitarismo appunto perchè esi– ge, con intransigente· coerenza, l'integrale, totalita– ria, emancipazione dell'uomo. (E il bisticcio, voluto, è pieno· di trasparenti sottintesi). Di fronte a una così drammatica e sconcertante situazione che cosa fa la sterminata moltitudine dei Cirenei? Contro ogni logica essi tendono ·a coalizzarsi in una specie di fatalismo inerte e rassegnato. Non potendo trovare posto nell'inquadramento precosti– tuito essi apbandonano ~n massa la lotta. Ed è ciò che di peggio possano fare, naturalmente, se è vero che da una loro operosa alleanza, sopra tutto, la Democrazia avrebbe qualche cosa da sperare. D'altro canto la storià non perdona a chi diserta e da Cire– nei, nello spirito, essi corrono il rischio di finire un giorno, non metaforicamente, sulla stessa croce, con una variante peggiorativa dell'antonomasia. _Nè sul loro sacrificio splenderebbe il cielo tragico e glorioso di Gerusalemme. Quale dunque dovrebbe essere oggi il motto e qua- · le l'impegno della responsabilità civile di ogni spi– rito indipendente? « Non più vittime sui campi di battaglia, ma nem– meno nei sanatori, negli ospizi e nelle cantine. Non più succubi nell'ordine politico, ma nemmeno servi in quello economico. E una giustizia, finalmente, che corrobori la libertà e una libertà che integri l'attuazione della giustizia». In un giorno di superiore ispirazione Roosevelt dettò quattro precetti che dopo aver insegnato agli uomini a morire eroicamente 110n riescono, per ·un amaro paradosso, a farli vivere ·secondo. una regola semplicemente civile. E questi precetti, in fondo, non erano che la traduzione aggiornata dell'antico mes– saggio di Gesù e di quello, recente, di Marx. In ·essi la giustizia e la libertà sono sempre com– penetrate in una sintesi superiore, unitaria. Quello che rimane ancora da fare, dopo tanta storia e tante. lacrime, è dunque l'unità degli uomini che cercano la verità al difuori dei preconcetti e al disopra degU interessi. Una unità implicitamente, integralmente, socialista. Essa basterebbe da sola a colmare l'abisso che si allarga ogni giorno di più nella geografia e nella storia. E sarebbe irresistibile, anche perchè racco– glierebbe con ogni verosimiglianza la maggior parte dell'uma'nità contemporanea. Un'umanità che assomiglia stranamente al popolo

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