Critica Sociale - anno XLI - n. 12 - 16 giugno 1949

274 CRITICA SOCIALE unà pos1Z1oneciecamente assùnta in base a dogmi o a :ndi– rizzi teorici. La rea!ltà italiana impone oggi una tal linea .di condotta e noi la seguiamo come ci sentiremmo di segwr– ne. un'altra se la realtà ce lo imponesse. In francia non è avvenuto nulla di diverso: i socialisti al governo hanno ap– provato una legge di riforma dei contratti agrari (13 ~pri– le 1946).alla quale ha largamente attinto il riformatore ita– liano. Il quale, però, ha avuto i4 gran torto di non tener con– to che le condizioni dei due paesi sono all'opposto. Anche a noi piacerebbe partecipare a bandiere spiegate alla distri– buzione di terre se così facendo si potesse risolvere 11 pro– blema; anche a noi piace esser di punta nella lotta contro il fronte della grande borghesia terriera. Ma la considP.~azio– ne degli interessi permanenti dell'intera massa lavoratrice ci impone la massima cautela; è facile rompere un sistema ma non è ugualmente facile costruirne uno migliore spe– cialmente quando la strada che si segue non è !a buona nè i _mezzida usa-re sembrano i più idonei. L'allettamento de– magogico è formidabile, ma sa.pendovi resistere imporremo all'a,ttenzione del Paese una linea di condotta che avrà ;\ gran pregio della onestà, caratteristica assai rara in mezzo a tanta furberia. Al di sopra del problema tecnico ed economico sta il pro– blema politico di salvaguardare il prestigio della giovane R.epubbli~a e della sua Carta costituzionale. La quale è b,.n lungi dall'imporre i famosi d-imiti a qualunque costo e al fine esclusivo di creare piccola proprietà. Ai -lim_iti è per– messo di ricorrere qualora applicandoli (in determina,te re– gioni e zone agrarie) sia possibile consegui-re le due fina– lità dell a « razio nale coltivazione del suolo» e degli « equi rapporti socia.li» . Non solò, nè possono costituire di per sè stessi una finalità, per la semplice ragione che la estensione della proprietà è un fatto estraneo alla razionale coltiva– zione e agli equi rapporti sociali. Almeno nella grande maggioranza dei sistemi agrari. Litmiti di consenso. I nost-ri diversi interventi nella polemica sul'la riforma agraria dovrebbero chiaramente aver fatto comprendere che noi non siamo contra,ri per principio alla piccofa proprietà. , Sappiarro troppo bene che un simile atteggiamento -.irebbe insostenibile perch~ contrar-io ad una· realtà che nessuno può smentire e ari esigenze di determinate zone e situa– zioni contro le quali sarebbe sciocco mettersi. Ma è que– stione di misura e,- ci sia permesso dirlo senza fa\;a mode– stia, cli sa~gezza. Laddove la piccola proprietà può pro– sperare noi crediamo debba essere aiutata e sorretta, però mai artificialmente creata. In ogni caso con 0e necessarie premesse assoc-iative cui abbiamo fatto cenno, con ;e ne– cessarie misure atte a prevenire i"! polverizzamento e la frammentazione e senza mai dimenticare l'aspetto sociale del ,problema. Infine, dato che gli interessi permanenti della collettività e della classe lavoratrice sono que!Uiche per noi più contano. a tali interessi ispiriamo la nostra azione e nel loro Quadro inseriamo il costo dell'iniziativa per concludere che, se con -la stessa o minor spesa. si .può far di -neglio, ebbene si abbia il coraggio di cambiare str"ada. Là riforma agraria non è materia da comizio: sono trop– pi coloro che non ne capiscono niente. Va impostata, me– ditata, discuss~ e attuata in serenità di spi-rito. E con sin– cerità di intenti. Guai a cdloro che avendo qualcosa da dire non la di– cono, oppure la dicono solo in parte, o peggio ancora, falsando il loro pensiero. (continua) AI.DO PAGANI Leg-gete e diffondeté il quotidiano del P. S. L. I. L'UMANITA' BibliotecaGino Bianco Cooperazione rurale La cooperazione agricola non ha acquistato mai nel no– stro paese -una posizione di rilievo, eccezione fatta per alcu– ni brevi periodi, tra cui i'immediato dopo guerra, durante i quali cooperative di ogni sorta sono nate e morte nello spa– zio di settimane o di pochi mesi. Di scarsa importanza è sempre stato il contributo cooperativistico alla soluzione di problemi economici e socia!li, sia nel campo agricolo che in quello delle altre attività. Posta a confronto della vasta dif– fusione che le cooperative hanno in altri paesi (Finlandia, Estonia, Lettonia, nord America) la nost-ra organizzazione cooperativistica ap·pare meschina, primitiva e in ogni modo insufficiente a soddisfare le esigenze che le mutate condi– zioni vanno creando. Le cause dell'insufficiente svilup~o cooperativistico in Italia sembrano essere complesse e varie. Per t~luni esse devono ricercarsi nell'insufficiente istruzione dei nostri contadini, per altri invece la causa dipende dallo spirito eccessivamente individualistico dei popoli latini in confronto di quelli nordici, per altri ancora le cause dipen– dono dall'incapacità amministrativa e direttiva dei cooµera-– tori. Insomma, in Italia non vi sarebbe posto per la ~OO')e– razione o per lo meno essa non potrà mai raggiungere un cospicuo sviluppo per l'insufficienza di fattori umani che ab– bondano invece altrove. Pur non negando vafore a talune cause.indicate, pensiamo che esse non rappresentino l'elemento decisivo; la causa principale a nostro avviso deve ricercarsi in motivi di ordi– ne economico e non culturale o psicologico. Scopi economici della cooperazione. Se si osserva e si esamina a fondo il movimento coope– rativistico là ove è diffuso, bisogna riconoscere che esso de– ve il suo successo al vantaggio economico che ha,.saputo pro– curare. Quando le cooperative sono fallite o addirittura non sono sorte nonostante ogni sollecitazione, è perchè nella mag– gior parte dei casi esse non erano in grado di procacciare un vantaggio apprezzabile ai cooperatori. Le cooperative finqandesi che raccolgono, lavorano e ven– dono i prodotti del latte; le cooperative americane che d.ille aziende frutticole raccolgono e vendono la frutta, cedendo alle medesime quanto abbisogna loro, hanno raggiunto un cospicuo peso economico solo perchè esplicano una funz-ione che, tradotta in termini monetari, è giustamente valutata ed apprezzata dall'agricoltore. L'allevatore fin!landese, il frut-. ticoltore della California sono dei produttori specializzati, nel senso che la massa della prnduzione della loro azienda è costituita per 1'8o-!)d%dal fatte e dalla frutt,i. La coope– rativa, che riesce, attraverso la lavorazione del prodotto in c.omune o la vendita collettiva del medesimo, a realizzare una economia od un maggior prezzo del 4-5'% procura un van– taggio economico apprezzabile all'agricoltore. Non così avviene' da noi dove, salvo eccezioni raris,ime, la produzione azienda!le è frutto di numerose colture e in– dustr-ie agrarie. Nel nostro paese la cooperativa non può per– ciò esercitare un'influenza eéonomica di cospicua :mpur– tanza. Molt~ cooperafve sono sorte nel nostro paese con lo scopo dell'acquisto collettivo di prodotti utili per l'agricol– tura (concimi, sementi, anticrittogamici, ecc.) condannando– si all'insuccesso in partenza poichè l'acquisto collettivo di prodotti uti 1 li può consentire nelle migliori delle ipotesi un vantaggio del b-7% sul prezzo, e in tal caso il bilancio a– ziendale del contadino migliorerà al massimo del1'1%; troppo poco evidentemente perchè il contadino si senta ripagato del– la limitazione che inevitabilmente la cooperazione impone. In taluni casi, la cooperativa aveva llo scopo della raccolta, lavorazione e vendita del latte, tra piccoli contadini. Nella ipotesi migliore essa riuscì a far risparmiare o guadagnare al contadino dal ro al 2d% rispetto a quello che spen'.leva o guadagnava singolarmente, ma il I0-2d% del valore del [atte rappresenta forse meno dell'1% della produzione totale dell'azienda. La scarsa sensibilità del contadino, le inevita– bili noie che la cooperativa impone non valgono alla mente del socio 1'1% della sua produzione. A nostro avviso la causa dell'insuccesso della cooperazione trae origine principa!lmente da motivi ·di ordine economico.

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