Critica Sociale - anno XXXIX - n. 4 - 16 febbraio 1947

CRITICA SOCIALE .65 LARIFORM'A AGRARIA . . II. - LA BONIFICA SOCIALE E FONDIARIA . . . Una riforma agraria non può limitarsi al problema della grande proprietà e dei latifondi incolti o semicoltivati. Abbiamo g_iàvisto i risultati che se .ne possono attendere, · le difficoltà da superare ed il costo della bonifica. In confronto alla grande proprietà che conta .lo 0,11% delle imprese agrar;e, il cui reddito è valutato dalle recenti statistiche ccime il 12,;>1% del reddito fondiario nazionale, abbiamo invece 1'11%. di imprese col 30,81% del reddito nèUe proprietà medie ed il 98,9% di jmprese col 56,s\%.del red– ·dito,nella piccola proprietà. A ·queste numerose forme di proprietà èorrispondono le più svariate forme di produzione nei loro molteplici ordina– menti agrari, ché occorre rivedere; ed è verso tutte che occorre rivolgere la nostra attenzione, tenendo conto che il' loro sviluppo deve condurci ad un adattam'ento ad esse delle forme deila proprietà fondiaria. Per tutte queste imprese e per i loro ordinamenti è comune il bisogno ed, è pregiudi– ziale quella che io chiamerei fa bonifica sociale, la quale non si ottiene soltanto con l'incremento dell'i~truzione generale e professionale, colle cattedre di agricoltura, coi campi spe– rimenta'i, coi corsi specializzati e cc. (tutte c ose .necessarie nell'agricoltura italiana), ma esset\ zialm en.te creando ai la– voratori una situazione per cui essi sentano lo stimolo alla produzi one e siano cointeressati alle vicende stesse delle im– prese . al.le qua'.i dànno il ·contributo del loro lavoro. E' il problema del ·quale mi .occupai la primavera scorsa su que– ste colonne a proposito della cooperazione agraria, neJ.la qua– le.-l'i.nteresse individuale (che costituisce, e costituirà anco– ra per lungo tempo, il maggior coclificiente per lo stimolo al lavoro e alla pr:oduzione) nò"n si sopprime e non si subor– dina, ma si eoordina all'interesse sociale_ Citerò a questo proposito un'importante esperi-enza. Una cooperativa agricola del Parmense, quella di Rava– dese, costituita da braccianti, aveva avuto, nel rn12, Ìn af– fitto da un privafo proprietario, una tenuta di cento ettari, colla corresponsione di un canone _annuo di L. 18o per etta– ro. E,sa condusse in economia questa tenuta per tutta la du– rata de:J'aflitto novennale, .a tariffa oraria. applicando i patti collettivi di lavoro. L'affitto era modicissimo per quelle ter– re ferti;i delle pianure emiliane litoranee del Po. Ma, nonostante la tenuità dell'affitto ed i prezzi favorevoli del periodo be'.lico e postbellico, la cooperativa. si trovò· nel 1921, alfa fine della locazione, con una perdita netta di Li– re 8o.ooo, che, non erano poche allora. La minaccia della di– soccupazi'one i1idusse egualmente i la_voratori a rinnovare la ·1ocaz'.one per altri nove anni, a L. 8oo l'ettarn. Orbene, con un canone più che quadruplicato, in un periodo di pr-ezzi .discendenti dei prodotti e del bestiame, questa coopenativa riusci-va, nei due primi anni del riaffitto, non solo a sanare le perd:te degli eserci~i precedenti, ma, per la prima volta in vita sua, a pagare una rata notevole del prestito con– tratto ·con l'Istituto N,azionale di Credito per la Coopera- ~=. ' I dirigenti, prima ancora di impegnare la cooperativa nel secondo affitto, avevano cambiata la forma di conduzione della tenuta, abo'.endo il lavoro ia salario e sostituendogli la compartecipazione ·individuale e collettiva ai prodotti e alle spese dell'impresa. Stimolati dal loro interesse indi– viduale, che non era in contrasto, ma si identficava coll'in– teresse de:J,à loro società, i soci si dedicarono ;;i.dun lavoro volenteroso e accurato, spesso senza limiti di orario, che riusciva ad essi meno faticoso delle otto ore che prima facevano oer lavorare lo stesso fondo; ad un lavoro più efficace e più produttiv.o, che li stimolava a correre nei cam– pì in qualsi,asi ora, quando occorreva salvare i prodotti ·dalla minaccia di intempèrie. , Questi uomini andavano modificando la 'loro prassi indi– vidualista e fu un vero peccato che l'esperimento andasse sommerso dal fascismo, interrompendo un processo non privo di interesse. « Nell'azienda iagraria - scrive Giuseppe Medici in un recente volume su « L'Agricoltura e la Riforma Agraria» (1) - i lavoratori, quando possono sperare in un avvenire migliore, trovano motivi di vita, e, data la lenta reattività · del loro spirito, dato l'amcfre che portano alle piante e agli animali, i ,loro interessi spirituali (che esistono accanto a quelli più vìsibili, di natura esclusivamente economica) trova~o nel loro' ambiente modo di soddisfarsi. Ciò è. tan– to vero che là dove i lavoratori· agricoli sono staccati dal- C1) Edizioni Rlzzoli, Roma-Milano, 'bli.otecaGino Bianco l'azienda, oppure ·ad essi legati soltanto con il tenue filo di im .contratto a salario, il turbamento psicologico è profondo e l'esodo rura le dell a popolazione verso la città più inten– so. In queste zo.ne; che in certi casi si estendono a vaste contrade, lo stato di agitazione permanente deriva dal fat– to che una parte _notevole di lavoratori è staccata dal pro– cesso produttivo. « Il bracciante sente che la vicenda della produzione agri– cola non gli appartietre e che essa, in certo sBnso, può per– sino svolgersi senza di lui (meccanizzazione). Inoltre egli è agitato perchè è uno s,pos,tato. Spesso in ctuesti braccianti vi sono tesori di energie che vanno 'dispersi, perchè manca an– cora la forma &ociale idonea a utilizzarli :i>. _ Quella riforma de!la cooperativa di Ravadese che fissava i lavoratori alla terra era determinata ·anche dal fattore economico, il che può interessare quei socialisti che non credono che le piccole òmprese, a' condizioni eguali, sia– no superiori economicamente al l,e gran di imprese a salaria– ti. Quando quei dirigenti consta taro.no, ad e~emp'o, che nella mezz adria i l costo del lavoro era di circa il 35% del pro– dotto lor.do (5d% meno il 15% devoluto alle spese di eser– dzio e all'interesse_ dei capitali di parte mezzadrile), mentre nei bilanci del'..eloro aziende cooperative condotte in econo– mia spendevano per il co'mpenso al lavoro manuale il 50, il · 6o e persino il 651%del prodotto lordo, e gli stessi condutto– ri privati non spendevano meno del 5d%, apparve l'impor– tanza del problema della compartecipazione, che i dirigenti si affrettarono ad instaurare in tutte le cooperàtive della Bassa parmense, le cui condizioni economiche e finanziarie erano tutt'altro che fiorenti. Questa norma non è forse comune a tutte le imprese per indicare le linee di- una riforma sociale nell'agricoltura del nostro paese? La bomfiw fondiaria. li prob'.ema dell'agricoltura italiana non è un problema di redistribuzione della terra quale si ebbe in misura così ampia nella riforma europea dopo la prima guerra mondiale, per cui 25 milioni di ettari passarono, dal 1919 al 1939, nelle sole nazioni orientali esclusa la Russia, da'.la grande alla pic– cola proprietà fondiaria. Sulle vicende di questa riforma ::ib– biamo però così scarse notizie da non permetterci un giuai– zio definitivo. E' presumibile che i ris11ltati non siano stati molto lusinghieri, ·almeno dal punto di vista tecnico ed eco– nomico, quando si pe.nsi•che mihoni di,_ lavoratori arrivarono alfa proprietà e alla gestione agraria impreparati, e spesso senza capitali sufficienti ,per l'esercizio dell'impresa. I socialisti sono generalmente accusati di essere 'i nemici della piccola proprietà coltivatrice, ed è questo il tema pre– ferito dai partiti politici antimarxisti per distaccare dal partito i ceti agrico'.i, tenacemente 'attaccati allà proprietà, anche quando questa produce soltanto la loro miseria e la miseri'a della loro terra . Di fr.onte ~Ila realtà molti di noi hanno modificato sostan– zialmente su questo pupto il loro attegg:amento, e quando dalla fase teorica. e dottrina'.e pa'ssarono all'attività pratica abbandonarono la tesi della concentrazione delle imprese, a– vendo compreso che le tendenze dell'agri"coltura ci portavano verso l'espansione <lelle piccole aziende agrarie. Quando la piccola pr oprietà sia organizzata in, determ·nate forme che aumenti.no la produzione della terra ed il red– dito dei suoi lavoratori e della nazione, essa non ostacola, ma può facilitare il processo di' costituzione di un p'ano or– ganico dell'agriço!tura in senso socialista. I' socialisti sono contrari a tutte le forme di proprietà quando queste impedi– scano lo sviluppo della produzione; sono contrari al'.a pro– 'prietà assenteista, grossa o piccola che sia, ara rendita pa– rassitaria in tutte le .sue manifestazioni, che hanno prodotto .in Italia, attraverso l'ordinamento della proprietà privata del– la terra, i due maggiori fenomeni patologici di distribuzi,one del!a terra, dando luogo a due forme diverse, che interes– sano particolarmente la montagna: 1) le grandi imprese monopolistiche; 2) la frammentazione della terra. Coloro che si preoccupano dei problemi dell'agri_coltura, che sono pr.oblemi della produzione, devono riconoscere che è implicita in essi la necessità di una riforma del sacro di– ritto quiritario, ma che il ftazioqamento del latifondo e del– le' grandi pr,oprietà a cultura estensiva, così come la ricom– posizione delle imprese agrarie frammentate, costituiscono uq problema politico, che si manifesta in modo più intenso nelle zone più arretrate dell'Italia meridionale. E' questo un problema che riguarda il Governo e la Costituente, e del quale non possiamo occuparci in questo articolo. BIAGIO R1cuzzI

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