Critica Sociale - anno XXXV - n.14 - 16-31 luglio 1925

, CRI1'1dA SOCiA~~ 169 unicamente un regimè dittatoriale, annullando le agitazioni e le esigenze degli operai, renda pos– sibili e realizzabili le più audaci speranze per la produzione nazionale .... Quello fu il sogno. 'Oggi, è il risveglio. ANGELO TREVES .. Sul problema morale d lsocia~ismo (l) Efficienza della legge morale. HL È forse irraggiungibile questo fine che l'uomo va perseguendo, poter cioè vivere da uomo, essere ·ri– spettato oome persona? E che perciò? Se ·appunto in questo et.erno sforzo consiste la vita, la quale si. ac– quelerebbe nella inerzia e_ nella morte, se fosse vis– suta da uomini tranquilli, nella bea'titudine del .fine · raggiunto. La Società comunista non d'un tratto can– cellerà la socievole insocievolezza dell'uomo (37) e le ~ntitesi corris:p>ondenti, ma certo essa, liberata dal– le più gravi contraddizioni odierne, sarà più· adatta all'espressione di quel1o sforzo morale, che è il pri– mitìvo e fondamentale sforzo del1 1 uomo. Non credete che l'uomo tenda ad essere uomo? O che forse dovrò credere che tenda a non ~ssere uomo'/ O che ·tenda ad' .un fine più .... raggiungibile? Quale? Benessere, utile, piacere, felicità? Se pur fosse possi– bile qualcuno di qu,esti fini, che, in ql!lanto si atten– gono. al ,campo sensibile, sono così varì da uomo a uomo, sarebbe da. chieder sempre se essi siano fini o m~zzi (la stessa parola « utile » esprime l'idea d'un mezzo e non d'un fine), se essi non siano la conseguen– za d'una serie varia di atti, anzi ·che un fine dell'atto. Solo tra i corrotti borghesi conosco coloro che mangiano, bevono, vivono ·per averne ptacere; l'uomo di lavoro, che è il più sano e che perciò è il più sensi– bile alla moralità, vuol :inangiare, bere, vivere per com– piere ql:lelle azioni in çui e per cui la vita abbia un senso. Oggi l 'ope:r.aio v,ive come una bestia, per pro– curarsi un cibo, e spesso la sua penosa giornata· non gli basta neppure a questo: perciò si parlò dei famosi tre « otto»: otto ore di lavoro, otto ore di sonno, otto ore di vita dello spirito. E di questi tre periodi, la «vita» era nelle ultime otto ore. (38). Tutto ciò dimostra che l'imperativo categoriço, an– che se non è attuato, resta pur sempre come dovere' da essere attuato, come norma spiritua.le , che non è a sè e per sè, ma deve cercar di concretarsi nella N'ita · sensitiva. Rinunzia l'uomo a voler conoscere, sol per– chè sa che non tutto può con,oscere? Dal maggiore o min_ore quantum d'umanità che si nota nelle· varie epoche storiche, si valuta il progresso; cioè con cri– terio morale. Se ci si attiene alla fisica dei costumi, al.la narrazione dell~ morali come prodotto, si perde ogni criterio d~ valutazione, mentre l'uomo è un testardo essere che. valuta, giudica, condanna. La ·condanna morale vien dopo che la storia ha condannato, dice Filodemo, ripetendo un famoso pen– siero dell'Engels, accettato anche dal Labriola. Ma oofè mai la storia? possiede essa alcun enorme po– tere? . è qualche cosa di diverso dall'uomo? No, ci (1) Continuazione, ved{ n. 113. (37) E: nota la tesi 1 V dello sludio kantiano intorno al– l'Idea d'una storia universale, in cui la irtsocievolezza del– _l'uomo .è sinonimo, come per il Kaulsky, d'immoralità, ma inoltre è chiamato benefico questo anlagonismo morale per .il progresso dell'umanità. (3) E questo appare il fine anche al Kautsky (op. cit., pa– gina 37), per il quale l'uomo tende a ridurre al minin;i.o li lavoro necessario per ... vivere. La vita vera, dunque, è l'ho– neslum otium, quell'ozio, a cui, per Aristotele, si riduceva la vita dell'u..omo politico. Biblioteca ·Gino Bianco si rispond!:! dagli stessi fondatori del socialismo (39), « la storia non combatte nessuna lotta .... è null'altrq che l'attività dell'uomo che persegue i suoi scopt ,,. E allora si torna allo stesso punlo di prima, ripetendo che lo scopo degli scopi, che l'uomo persegue, è quel– lo d'essere uomo, non come è, ma come deve essere nell'armonico sviluppo di tutte le proprie attività, ciò che si esprime nella parola .persona. 1 Questa legge morale è, per le condizioni speciali, meglio sentita dal proletariato; ma essa è imperativa. anch·e per la classe dominante, <:he è serva più dei suoi servi, è serva della sensibilità e più lontana quindi dal dovere. Un tal fine morale non è trascendente nel senso di irraggiungibilità, perchè si attua nello stes~ so sforzo d'attuazione; non è trascendente nel senso d'essere avulso dalla· sensibiHtà, perchè da solo non avrebb.e senso .e, se ha· senso, k>. ha solamente ,in quanto .si applica, come dovere, ad esseri sensibili, che, senza quella norma, sarebbero agenti privi di ...._ ragione. · Emanuele Kant ha trova:to solo un dal-o formale: ((la libertà »'' per cui il volere si •può detsrminare CO~ me. volere autonomo, e questa·« metafisicheria,, ka,,1~ tiana è cosa comune. per ogni coscienza che si senta ' paga d'aver « compiuto il proprio dovere ,, senza fini interessati e senza timore delle conseguenze. SGlo al~ lora questo dovere ispiFa non solo l'inn<i famoso· di Emanuele Kant, ma l'ammirazione di tutti, che osan-. nano alle « vittime del dovete ». La stessa ipocrjsia, questo' formaÌe omaggio del vi– zi.o alla virtìi, ci insegna .che l'uomo sente di nori poter vantare i suoi atti, se non ·facendoli apparire come retti da un fine disinteressato, da· una vorma uni– versale; se non fa'cendo capire che .... tutti avrebbero potuto e dovuto far cosi; giaccfu.è è doveroso che eia-· scuno agisca in modo da poter essere imitato da tutti! Inoltre la « morale trascendente» di Emanuele Kant, che postula questo formalismo solo per sottrarre 1a volontà ad una causa, non lasoia la legge morale vuo– ta, perchè la completa con il fine, posto dalla seconda forma dell'imperativo ca~egorico e che non è tratto dal'la sensibilità, per cui l'uomo è' animale, ma dalla .ragion'e, per .cui l'uomo è uomo. Un tal fine p·erciò non s'impone al volere ma al sentire; l'uomo può sen– tirsi degno d'esser fine a se st~sso, solo in quant•o si sente legislatore di se s_te~so,cioè lib'ero; ed è libero come essere morale, solo in quanto obbedisce alla legge morale, alla' i;agion·e, a s~ stesso. (4). Ecco la sublimità della dignità umana, nella cui rivendicazione lo stesso Fil-odemo ripone la morale considerata « sot– to il suo angolo visuale-». Se lo sforzo proletario è esso stesso morale, deve essere il continuo inveramento di qùesta dignità uma– na, che « sta fuori » degH individui, se per individuo s'intende ùn essere « soggetto alla legge naturale dej suoi bisogni », ( 41) il quale allora non avrebbe di– gnità più di quei che Circe aveva in pastura; ma non « st.a fuori» degli individui, se per individuo s'intende l'uomo integro in sua natura, ragivne e senso, cioè senso sommesso a. ragione. La dignità umana è un dato pregiudiziale, che spie- (39) Engels: La saci'a famiglia, pag. 82, (40) Tale è la base geometrica della libertà kantiartà. Che liberlà è mai quella ctell'Engels, che consisterebbe nella .., coscienza della necessità (Antcdilhring, pag. 96) o quell'altra del• K,aulsky (op. cit., pag. 38) intesa, come la intende l'Ar– digò, quale incertezza nel raggiungimento· degli scopi, date , le infinite possibilità dell'avvenire·/ Quella dell'Engels è ,li– bertà metaforica, la libertà del carceralo che sa di essere in carcere, libertà na_turale che si confonde con la consape– volezza della non libertà; la seconda è la libertà dell'ignorante che vede mille possibilità in ciò che non comprende: la libertà del marchese Colombi di fronte alla lingua greca! E allora, se la libertà è un « accidente •, di essa non si dà scienza e, it1 tal caso, perchè crucciarsi se l'Hegel ed il Genlile risolvon9 questa non libertà dell"individuo nell'unico libero assoluta- mente: nello Stato? · (41) Fondazione d'una metafisica dei costumi, trad. it. (Fac- chi, edit.). pag. 75. . .

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