Critica Sociale - anno XXXV - n.14 - 16-31 luglio 1925

174 CRITICA SOCIA LE namento dell'Ufficio: ciò significa soltanto che l'opi– nione pubblica non ne avvalora abbastanza gli sforzi, che sopratutto le classi lavoratrici, che sono le pili direttamente interessate, non hanno ancora sufficiente coscienza del loro interesse di classe, sufficiente forza per difenderlo. Non basta che le organizzazioni operaie reclamino ai rispettivi Governi; bisogna ch'esse si rì– volgano ai gG>vernati,agli uomini dell'officina, alle Ca– mere del Lavow, all'agì tazione pubblica. Se quest21. pressione popolare non fosse deficiente, la Francia non sarebbe quasi assente nel quadro delle ratifiche. ~on temiamo di proclamarlo: nel rilassamento di \.:oscienze lasciatoci dal dopo guerra, le masse. dolo– ranti· attesero il rimedio dall'alto, dalle clinièhe go– vernative. Guardiamoci dal pericolo di considerare l'Uf– ficio Internazionale del Lavoro come un Policlinico internazionale, iucaricato di guarirle da ogni male senza ch'esse si sforzino di elevarsi sopratutto da sè. Chiamiamole dunque all'educaziòne ed all'azione! (1). (1) Ciò si$nifi'ca 4uel che il socialismo lla sempre affer– .,ualo: che c10è la legislazione sociale, per non risolversi i11 polvere negli occhi, non può essere che democrazia e demo– crazia operaia. Inutile notare eh.e questi incitamenti della Rela– zione non hanno oggi alcun senso nel .nostro Paese. - (N. d. C. S.) La Relazione del Demo11lin, che abbiamo rias– sunta, per quanto vo_qliaessere apologetica, lascia ' trasparire, negli ultimi paragrafi, una punta di rammarico e di scoraggiamento, che quasi non osa confessarsi. La stessa noia risuona più acuta nella glossa, che inseriamo qui' sotto, del n.oslr9 Uoberto Tremelloni. VERSAGLI , 1919. GINEVRA, 1925 Si è chiusa a: Ginevra, depo ·ventisei giorni di a,du– nanze, la settima Conferenza Internazionale del La– voro. Sui dibattiti tecnici dl questo Parlaménto' inter– .nazionale di classe hanno parlato lungamente i quoti– diani, rilevando l'importanza delle Deliberazioni prese ✓ dai r;ippresentanti dei 58 Stari convenuti sulle rive del Lemano. , Ma la discussione se111za dubbio più notevole è stata quella sulla Relazione del direttore del Bureau Interna– lionàl du Tra vai/. Alberto Thomas .. Ed è; ogt1i anno, il punlo in cui tutti si accalorano. Le Relazioni Thomas -:- che costitui~cono senp _dnb1?i,o importanti_documen– tJ per la storia .della. Ieg1slaz1011eInterIJiaz1onale del lavoro - sfiorano infatti, o permettono agli oratori di sfiorare, il lato costituzionale dell'Organizzazione, accennando ai risultati ottenuti ed a quelli attesi. ·Ahim~, delusione dei sognatori e degli apologisti del– l'Istituto (tra i caldi ~autori, lo oonfes.so, rimango an– ch'io): la legislaziòne internazionale del lavoro pro– cede molto molto a rilento. Viene istintivo alla mente il parallelo tra lo " spirito » nel quale e col quale si adunavano nel 1919 a Parigi i regoziatori del Trattato di Pace, e·10 " spirito >> che presie~e oggi ai rad~ni della Lega delle Nazioni e dell'Organizzazione Internazionàle del Lavoro. Si trattava, allora, ·dopo una guerra sfibranfe e pie– na di sacrifizi per i lavoratori, di dare un po' di pace vera al mondo. Il proletariato, che della guerra aveva sopportato quasi tutto il peso, era in fermento. Si erano largite delle promesse. Si era gabellato lo scopo del conflitto come un desiderio di pace, di libertà, cli giustizia. Una ve'ntata di dem'ocrazia correva il mondo, ed il ,vilsonismo parve, per un istante, dominatore. Quanti malcontenti da eliminare, quante asprezze da moderare! Il mondo si accorgeva delle ingiustizie so~ ciali; e se ne accorgeva in un periodo economico cao– lico, convulsionario, quando i Paesi dissanguati dalla guerra eranò in condizione di dovere '- anzichè lar– gir,e dei diritti - richiedere ancora dei sacrifizi alle– classi lavoratrici. Lo spettro ·di nuovi regimi, la paura di sommovi– menti di popolo, la necessità di mantenere le promesse di giustizia e di libertà indussero le plutocrazie interna– zionali ad optare per il male minore. BibliotecaGino Bianco E il « male minore» _fu la parte XIII del Trattato di Versaglia, consacrata al diritlo del lavoro. Chi. rilegge, non senza un palpito di speranza, i reso– conti stenografici delle discussioni che precedettero la formulazione di quella Parte XIII che doveva passare nella storia come la Charta del lavoro, rimane sor– preso. ed· aècorat<,. C'era davve1~0,nei redattori di quel documento, lo « spirito » democratico genuino, b non 'erano piuttosto considerazioni d'ordine tattico che im– ponevano la soluzione del « meno peggio »? ' Oggi ,dopo sei anni, 'l'ambiente è mutato, ed è mutata l'interpretazione delle statuizioni di Versaglia. Assistia– mo, dopo una lunga crisi che l'Inchiesta sulla pro– duzione condotta dal1o stesso Ufficio Intei,:nazionale del Lavoro ritiene derivante dal regime econbmico ca.. pitalistico - e questo è lo strano - ad una « ripresa ,, della plutocrazia internazionale, a un rafforzamento delle correnli nazionaliste ed anti-democratiche. . Nel 1919 si volev,a fare, dell'Organizzazione Inter– nale deJ Lavoro, un vero e proprio superstato, con la possibilità di redigere Converozioni aventi vaJ.ore 'di leg– se, e quindì con facoltà di sanzioni verso gli inadem– pienti. Oggi l'U. I. d. L. nel pensiero di moltissimi do– vrebbe ridursi a un semplice Ufficio cli documenta· zione! E, mentrP le Conferenr.e deliberano. mentre i delegati approvano, mentre sulla tribuna degli ora– tori, ad ogni Conferenza, si susseguono le dichi: :i.ra - . zioni di fede nell'Istituto da parte dei rappresentanti dei Goverrii e .dei padroni, pochissimi ratificano, tal– volta condizionalmente, le convenzioni, che sono ob– blighi liberamente assunti e solennemente impeg11ati. La discussione che si è svolta ache quest'anno a Ginevra sulla Relazione del Thom.as, lunghissima e minuta, ha toccato essenzialmente il punto della len– tezza delle ratifiche. Ora, è singolare ch_eogni arono si torni a discutere - · sia pure facendo sfoggio di . oratori e di promesse e di dichiarazioni d'amore per 'l'Istituto - intorno alla stessa deficenza. Ciò significa forse che il male è di carattere costituzionale; forse anche che è necessario accentuare la pressione delle classi lavoratrici verso l'Istituto e verso i rispettivi Governi. · . L'Organizzazione Internazionale del Lav9ro - che in un suo receqte. articolo l'on. Cucini voleva ridurre a semplice burèau di documentazione, e che viceversa l'on. Rossoni ha sol~nnemente elogiata _ed appoggiata a Ginevra, dopo averne 'detto ·piuttosto male in Ita11a - è .oggi al gran bivio. I lavoratori hanno visto in essa - come ha ben detto ,1'011 Cabrini - la " linea del - Piave » delle conquiste operaie. Hanno dato ad essa la· l0ro adesione, valorizzandola. Hanno sperato, spe– rano nella sua opera. Ma bisogna che i principii ga– rantiti dalla Charta del Lavoro non siano un'irrisione e una compiacente menzogna. Bisognai che la lihèrtà sinda,al'e - senza. della quale non si potrebbe ric0- noscere 1o stesso atto di nascita dell'U. I. d. L .. ~ sia: ·tutelata; bisogna che le convenzioni siano 'applicate. Altrimenti i lavoratori, chiamati a giudicare, potreb– bero - e io mi auguro che ciò non avvenga, ma po– trebbero - ritenere esaurite -le capacità di azione del– la Organizzazione Internazionale del Lavovo in loro favore. Su questo, che è un pericoJ,o assai grave per l'Istituto, mi pare utile i;-ichiamare l'attenzione qi Al– berto Thomas, che invoca umi « magg1or ·fede » nei principi ispiratori della parte XIII d~l Trattato di Pace. ROBERTO TREMEI:LONI. DALLE RIVISTE La situazione economica della nuova Turchia L'Oesterreichische Volkswjrl, una Rivista viennese, contiene uno ·studio sulla presente situazione economica della Turchia repubblicana. . . L'opera principale a cui attende il Governo è quelk di c11eare vie cli co:nunicazipne nell'Anatolia: Questa vasta regione, più ampia della Francia, fu completamente trascu- · rata dall'antico regime, éhe dava alle pr,ovincie europee le ' maggiori sue provvidenze. Speci.almente nelle regi0ni orien– tali della penisola, lontane dal mare, tutte percorse da im– pervie catene di monti e solcate da fiumi selvaggi, ogni cosa . in quel campo rimaneva da fare. Per recarsi da una città al– l'altra, da un villaggio all'altro, anche quando le distanze erano piccole, occorrevano giornate infiere di un disagevole

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