Critica Sociale - anno XXX - n. 16 - 16-31 agosto 1920

248 CRITICA SOCIALE Richiamiamo l'attenzione dei lettori su questo ben pensato stadio del Oott. LEVI MORENOS, che tratta llll problema, la etti importanza cd llrgenza è gran– dissùna, sia dal punto di vista finanziario, sia da qllello industriale e politico. Daremo il ségllito e la fine nei prossimi fascicoli. la c. s. I 6HAHDI PROBLEMI DELLA NUOVA ITALIA VIHO f nrnotUMO Uf ll'UOHOMIA UAllOUAlE I. Pane e vino. La produzione ·media di grano in Italia è di 48 mi– lioni di quintali, che· furono sempre insufficienti al consumo nazionale. ·Nell'anno I 920 l'Italia dovrà importare, secondo gli ultimi dati esposti dall'on. Solcri, Commissario dei Consumi, 30 milioni di quintali ·di grano, che lo Stato, unico importatore, dovrà vendere ad un prezzo politico, cioè al disotto del costo. - Nello scorso anno il deficit dell'Amministrazione statale, per il prezzo politico del pane, fu di cinque miliardi di lire. L'Italia ha una produzione vinicola che è· valutata 'oggi a ditci miliardi annui di lire (I); questa produ– zione è tre volte e mezzo quella del frumento, tre volte qurlla del grano turco, cinque volte quella dell'olio, dieci volte quella della seta (2). La produzione del vino in Italia, entro i vecchi confini, rappresenta, di per se sola, un quarto del va– lore dell'intera produzione agricola italiana. Il Prnf. Dal Masso in un suo studio (L'Industria vi– . nicola in Italia) presenta i seguenti dati : }"roduzione vinicola (nei vecchi confini) : Nella media 1908-1917 Ettolitri 43.772.700 Produzìone nelle terre italiane redente (Trentino, Alto Adige, Gradisca, G~zia. Istria) ,1 1.500.000 Ettolitri 45.272.700 Con u1: semplicismo ingiustificabile, alcuni uomi– ni politici italiani dicono: « beviamo meno ed espor– tiamo più vino ,, ; questi statisti non pensano che ncn si può, con atto d'imperio, imporre agli stra- nieri di bere i nostri vini. , D'altra .parte l 'ltalia ha 800.000 ettari a vigneti e 3.200.000 ettari a vite in coltura mista intercalare. Sono complessivamente, nei vecchi confini del re– gno, 4.000.000 di ettari interessati alla coltura della vite, ai quali si devono ora a'ggiungere gli ettari col– tivati a vite nelle terre redente che vengono annesse alla tmidre patria. Nel solo Trentino la superficie vi– tata rappresenta il ventun per cento dell'intera area a coltura intensiva. Non si può trasformare in pochi mesi la coltura a vite con altre colture ed è perciò fatale ~he abbia ancora a continuare per anni questo squi'librio di produzione, dal quale deriva quello che noi diciamo (I) Lon.ENr.o \Tt-:l'C111 A, giornn.le I Cfu11tpi, ap11ile 19~0. (2) Vedi gjornale / Campi, 14 ;ennaio 1917. - Biblioteca Gino Bia co ., « l'alcoolismo economico italiano,,, cioè una delle cause più gravi del « malessere- alimentare n della Nazione, una delle cause più gravi del suo impove- . rimento. Data la attuale condizione di cose, i 45 mi- 1 ioni di ettolitri dj vino prodotti dall'Italià, e in gran– dissima parte in essa consumati, costituiscono il fatale squilibrio di produzione alimentare del quale sentiamo oggi le conseguenze. Qualora il nostro vino fosse esportato in notevole proporzione, verrebbero a cessare i danni del!'« alcoo– lismo economico n ed anzi, ai fini egoistici nazionali, la nostra pletòrica produzione, se venduta in gran parte all'Estero, ci darebbe un notevole beneficio,· permettenooci di pagare il grano, il carbone, e le altre materie che dobbiamo importare. Ma la nostra esportazione di vino è minima, appena una centesima parte della produzione annua (Prof. L. v'ec-chia). Qualora le altre produzioni agricole fossero rapi– damente intensificate, l'Italia potrebbe non preoc– cuparsi troppo di questa eccessiva produzione di vmo per consumo interno; ma noi non possiamo sperare di capovolgere i termini più sopra esposti nè di pro- durre tre volte più frumento che vino. ' Dimodochè al popolo, che ci domanda pane, dob– biamo risp<;mdere 11ino, e purtroppo in molti grandi centri di consumò, specialmente dell'Italia settentrio– nale, questa risposta è accettata di buon grado; il ccpane ,i è sacrificato al « vino n, e una gran parte dei mi;;lioramenti economici ottenuti dagli operai sono sperperati nelle betto_le. L'igienista e il giurista oonsidérano questo ec– cessivi consumo di vino come uno dei fattori più no– tevoli della morbilità (specialmente di un determinato gruppo d. malattie). della criminalità (che si viene gr:ivemente accentuando anche per l'eredità alcoolica nella delinquenza minorile) e degli accidenti sul lavoro . Noi ci· dobbiamo qui limitare a èonsiderare il fe– norn,eno dell '« alcoolismo italiano-1> dal suo punto di vista ecoriomico, sia nei riguardi nazionali, sia nei rapporti internaziònali; ma, per ragioni di equità e di metodo scientifico. dobbiamo però constatare che l'cc alcoolismo economico,,, cioè l'eccessiva estensione data alla coltura della vite e quindi alla produzione del vino in Itali a, ripéte la sua origine da tre cause prin– cipali : a) natura del nostro suolo, eminentemente colli– noso e singolarmente adatto, anche per il clima. alla viticultura·, cosicchè sino dalla antichità l'Italia fu farnosa per i suoi vini sauisiti. Ouando il vino era an.cora ignoto a mezia Europa e all'America, il poeta della latinità cantav'a cr nunc est bib,rndum ,, e nell'antichità, come nel me.dio evo e neil'evu moderno, l'attrattiva dei vini non fu certo l'ufrima causà che richiamava gli stranieri nella nostra terra; · b) l'eccessiva ri"chiesta. che, per un certo pe– riodo s)ì tempo. venne da Il 'Estero all'Italia, di vini. St:ecialmente meridionali, utilizzati sòvratutto dalla Francia per il tae-lio ,con i suoi vini" mie:liori. Ces--ata, con la ricostruzione dei vigneti francesi, la richiesta mag2:iore dall'Estero, si veniva· - per 111i111iorate condizioni economiche - intensificando il consumo all'interno. soecialmente nen'ltalia setten– trionale. 3i ebbe così il triste fatto che, nel Mezzo- 0iorno d Italia, ;,i abbatterono oliv~ti per piantare viti. e vennero diminuite le colture pratensi e granariè

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