Critica Sociale - Anno XXII - n. 4 - 16 febbraio 1912

52 CRITICA SOCIALE valore di conquista proletaria; ma la stessa impresa d'Africa - per averci scossi e ritemprati alla lotta - potrà, in definitiva, colla enorme jattura, aver !1-nohe recato qualche bene al proletariato italiano. Per noi, la verità di questa tesi è cos,ì intuitiva, che non ammette di.scussione: appartiene a quei presup– posti fondamentali che escludono. il ~l~olo della conveni,enza caso per caso•, come I prmc1pi moralt più elementari; chi li discute e non li •sente, sarà fi– losofo, sarà sociologo, non è socialista: non lo è per definizione. t in questo senso e 1a q~esto punto di ,:is_ta eh~ qualificammo « poco seno » Ii programma mmuno_ d1 Bissolati che egli propone al Governo e •al Partito, come u~a piattaforma di -possibile intesa. Esso ci sembra « poco serio >> dal punto di vista del colonia– lismo militare, dell'imperialismo, a cui il Governo ha acceduto. Esso quindi è « poco serio» altresl -, di necessità - come trait-d'union possibile fra soci'<llisti e Governo. La impr,esa di Tripoli fu fatta essenzial– mente per conquistare la Tripolitania, non per fer– marci a fare non si sa .che, su _qualche punto della costa; per iniziarvi lavori e coltivazioni e portarvi immigranti, non per !•asciarla intatta e deserta; ed è 'superingenuo pensare che l'iniziativa privatJa - .che lasci-a incolta e malarica ,e selvaggia mezza l'Italia - andrebbe laggiù senza protezioni e lucr.i ben guare!1- titi d-a precedenti enormi .spese del Governo. Ta·cc10 della, viceversa, richi,esta protezione a Cooperative di lavoratori. · · La c onseguenza logica del nostro convincimento, a rig1.ra- rdodella Tripolitania, è l'abbandono coraggioso di qu eUe regioni. Un atteggiamento coerente a questa convinzione può ben essere che ottenga quel « meno peggio » che è n-el programma Bissol-ati e nel pro– gramma Marchioli;· è anzi forse l'unica via per otte– •nerlo, certo è la migliore. Ma allora soltanto sarà esso il « meno peggio » per davvero, p_erchè.non a,:~1!10 còmpromessa, per effett1.iarlo, -la mtegntà e v1nhtà del partito. La c. s. Il passaggio agli Uffici dell' À.van.ti dell'Amminlstra– zlone della Oritica Sociale la costringe a conformarsi un poco ai procedimenti - meno " patriarcali ,, - propri ai giornali quotidiani di grande tiratura. Non sarebbe più possibile attendere per mesi dai nostri abbonati - siano pure amici a noi ,conosciuti - l'lrivlo dell'importo dell'abbonamento, nuovo o da rin– novare. Preghiamo quindi la loro cortesia di volerci agevo– lare Il lavoro, mettendosi in regola al più presto pos– sibll"e coll'Amministrazione. l' ILLUSIONE IMPERIALISTICA(!) I teorici del Nazionalismo italiano hanno da qual– che tempo propugnata ed ora esaltano la conquista della Tripolitania e in genere l'espansione colo- (1) BIBLIOGRAFIA. - I datl statlstlol citati in questo articolo sono presi dagli .J.bstracts del Baarà of 7'>"aàe, dal WhMalcer .J.lmanaclc e dall'Economlst (1911). Circa la rormazlone dell'Impero Britannico, vedi SEELEY: The Expanston of Et1glanà (Macm1llan, 1895); H. E. EGERTON: Orlgln and gra,otl, of Engllsh coionles (Oxrord, Clarendon Press, 190~). Vedi pure: Tlle E'mpfre anà the Century (John Murray, 1905): crr. speolal– .mente lo studio di J. H. LOE STRAOIIEY,e le oltazlonl di opinioni ostili al sistema coloniale da parte di uomini di Stato Inglesi; tra cui HENRY TAYLORohe Io considera. una damuosa hered·,tas, e DISRA.ELI che lo chiama una maoloa al cono della madre patria (1852). Vedi pure lo studio di LUIGIEINAUDIslllla T>·lpautanta e la polemica EJ:NAUDI·GIRETTI; ove, s'intende, riteniamo con l'Einaudi ohe la co– lonizzazione per via di conquista non è mal un buon affare; ma riteniamo ridicolo ohe, nel passato o nel presente, essa possa ma essere stata Il risultato preoonceplto di !orze altruistiche lndlviduall ·o collettive; Giretti ha ragioni da vendere. niale come ad un tempo una necessità economica e politica, come un indizio ed inizio di vita nuova e come l'ingresso dell'Italia in un ciclo di vita mon– diale, ov'essa ha per sè i precedenti dell'Inghilterra, della Francia e della Germania. Il successo dei loro sforzi non parla certo a favore dell'intellettualità dell'Italia, che ha testé celebrato il giubileo .della sua unità nazionale; giacché, se i dati e gli ar– gomenti che stiamo per addurre . hanno qualche valore, quelle teorie e aspirazioni riposano sopra una interpretazione affatto errata dell'espansione co– loniale dell'Europa nelle sue origini storiche e dei rapporti commerciali tra madre patria e colonie nei ,casi in cui tale espansione coloniale fu più fortu– nata. Il più cospicuo di questi casi è quello offertoci dall'Inghilterra; la teoria colonialista della Germa– nia ufficiale moderna si richiama all'esperienza in– glese; se perciò noi riusciamo a dimostrare l'infon– datezza di questo richiamo, avremo insieme e sfa– tata l'illusione nazionalista nostrana e messa a nudo la sua vera sostanza in Italia ed altrove. L'Impero Britannico: genesi, vicende, caratteri. Il primo fatto di cui- é impossibile non tener conto si è che l'Impero Britannico non é sorto in seguito alla ostinata prosecuzione d'un piano preconcepito, ma quasi senza che gli Inglesi stessi se ne accor– gessero. Nell'ultima parte del secolo XVI, la sop– pressione dei monasteri, delle cui carità vivevano migliaia di vagabondi, creò l'impressione che l'In– ghilterra fosse sovrapopolata, e si formulò una teoria colonialista fondata su questa impressione che oggi ognuno sa errata, com'è pur dimostrato dal fatto che i coloni inglesi che fondarono le co– lonie americane lasciarono la madre patria per mo– tivi religiosi e per sottrarsi a persecuzioni. Nel secolo XVII, questa teoria non fu più rite– nuta adeguata ai fatti, e la colonizzazione venne in– vocata come un mezzo per promuovere la prosperità commerciale della madre patria; il successo della Spagna e del Portogallo pareva a molti aver dimo– strato che l'avere colonie con miniere d'oro ed ar– gento è il modo più rapido e certo per accrescere la ricchezza nazionale; e si può dire che tutte le guerre del secolo XVII e XVIII fra potenze europee sono guerre più o meno connesse con la sparti– zione del Nuovo Mondo per questi fini. È questo il modo di vedere in confutazione del quale Adamo Smith scrisse « La ricéhezza delle Nazioni» ed Edmund Burke pronunziò magnifiche orazioni a difesa dei diritti dei coloni americani, nelle quali ,profetò che, col considerare le colonie come territori tributari della mad•re patria, se ne sarebbe provocata la secessione. La secessione delle colonie puritane donde sor– sero gli Stati Uniti fu la conferma sperimentale delle vedute di AdaII).o Smith e di Burke; troviamo poi, che uomini di Stato inglesi, liberali e conservatori, vanno d'accordo fin verso il 1870 a considerare le colonie come dipendenze che il loro sviluppo eco– nomico e demografico avrebbe inevitabilmente tras– formato in Stati indipendenti. Una vera e propria politica imperialistica non co- • mincia che dopo il 1870, ·specie a mano a mano che s'affermava la potenza tedesca e che il prevalere del protezionismo in Europa e in America chiudeva all'Inghilterra antichi mercati e sollevava dubbi pos– senti sulla saldezza e convenienza del suo liberismo fiscale; e nondimeno il Disraeli, il pioniere dell'im– perialismo, considerava le colonie come una pietra al collo della madre patria! Ma tale politica impe– rialistica è approdata finora a ben poco: essa si è risolta nel facilitare le comunicazioni, nell'organiz– zare un Consiglio di difesa imperiale e in poche

RkJQdWJsaXNoZXIy