Critica Sociale - Anno XXI - n. 20 - 16 ottobre 1911

312 CRITICA SOCIALE E allora il nostro riformiamo pone sulla bilancia, da un lato, la riforma del suffragio; dall'altro, il disastro tripolino. E, se questo è più pesante, e fa procombere il piatto, il nostro riformismo toglie al Ministero africano i voti che concedeva al Ga- binetto del suffragio. Li toglie tanto più allegra, mente, in quanto può prevedere che la riforma del suffragio è di quelle che, una volta poste, dif- ficilmente si fanno sparire dal oosidetto tappeto della discussione „. Alto là — insorgono a una voce Bonoroi e De- solati. — Questo era un discorso ragionevole, finché l'Africa era soltanto una minaccia, una spada di Damocle sospesa. Ma ora, che il filo s'è spezzato, che la spada ci ha colpito in pieno, che la minaccia è diventata un fatto, anzi un misfatto, compiuto — ora, che il Ministero s' è burlato di noi e, senza farcene motto, ci ha mutato le carte in tavola a questo bel modo — ora, insomma, che siamo ma- gnificamente becchi e bastonati, i voti li dobbiamo ridare. La ragione? — Semplice come buon giorno. — Perchè, se non li ridaremo, il Ministero, che ci ha traditi una volta, ci tradirà, anche peggio, una seconda. Perchè c' è qualcuno alla Camera, qual- cuno nel paese, che vorrebbe spingere il Governo ancora più in là, non pago alla Tripolitania, nel bel mezzo del Sahara. E bisogna abbracciarci al Ministero per trattenerlo e per proteggerlo.— dal pericolo che faccia di peggio di quello che ha fatto; di quello che ha fatto e di quello che continua a fare. Perchè non siamo, pur troppo, che al prin- cipio del chiasso! Or il sale del ragionamento si traduce così: — finchè v'è un pericolo di peggio, finché un Go- verno non avrà esaurita tutta la trafila (inesauri- bile) dei tradimenti possibili — il Gruppo socialista sarà sempre ministeriale. Perché ' dovendo sempre "adattarsi alla realtà,, per "tentare di influire sugli avvenimenti ulte- riori , non vi sarà mai un momento, in cui possa onestamente staccarsi dal Governo. Basterà ch'esso abbia tentato di prevenire il ma- lanno — che abbia fatto la propria protesta — separate, come suol dirsi, le responsabilità: tutte precauzioni eccellenti per la vita futura. Poi, un minuto dopo,- più amici e più fedeli e più corbel- lati di prima! A parte tutto ciò che vi è di intuitivamente im- morale, di logicamente e, vorremmo dire, di este- ticamente inconcepibile in una tattica siffatta; il nostro riformiamo.— rivoluzionario è d'opinione che essa è anche, sopratutto, la tattica di chi ' con vero fanatismo, con frenesia, vuol essere, esige di essere, eternamente burlato. Perché la condotta dei Governi, come quella degli individui, si atteggia a seconda delle san- zioni, che prevede conseguenza necessaria o pro- babile dei suoi atti e delle sue omissioni. Ma quando un Governo è assicurato che, comunque si con- tenga con noi, noi tutto trangugeremo, a tutto ci adatteremo, col pretesto della "realtà.,, che non si muta e degli " avvenimenti ulteriori sui quali influire — esso non ha più alcuna ragione ragio- nevole di compiacerci, di non trattarci coi piedi, di resistere alla tentazione o alla spinta verso quel peggio, da cui la nostra più che canina fedeltà vor- rebbe trattenerlo. E' perciò che — nella comune condotta degli umani — anche la triplice bontà finisce per avere dei limiti. E — come diceva il poeta — in tutte le cose del mondo, certi sunt denique fines. **. Vi devono essere — noi pensiamo — dei confini, in qualche posto, anche pel ministerialismo ! Sep- pure vogliamo che vi sia — non diciamo un par- tito socialista, sarebbe troppo pretendere! — ma semplicemente un partito. Anche gli ascari — per ragione di pagnotta — hanno le loro fierezze, le loro ribellioni. Dovrà essere, a non averne, soltanto il partito, che si è assunto la missione di fondare una nuova civiltà? Ma allora — allora sì — quel povero rivoluzio- narismo, che pareva agli ultimi strepiti, ripiglierà fiato e ragione di esistere. E sarà il riformismo dernier eri che glie li avrà resi. Vediamo: chi di noi è più.... rivoluzionario senza saperlo? Ai rivoluzionarii — se ce n'è ancora di auten- tici sopravvissuti — noi diamo dunque, rovesciato, il consiglio amichevole che dà loro, implicitamente, Ivanoe Bonomi : Sono minoranza, e lo sanno. Votino con l'ala destra -del riformiamo. Non ci hanno nulla da per- dere — e forse, con un po' di pazienza, qualche coserellina da guadagnare! Se il gioco riesce loro, rinforzando quel riformi- amo, avranno liquidato tutto il riformiamo — per sempre! I,A Cru i o \ IL PROBLEMA AGRARIO SICILIANO e la conquista della Tripolitania Nell'articolo che segue, il nostro amico e collabora- tore S. Cammareri non si Pronuncia esplicitamente nè pro, nè contro l'avventura tripolina, considerata in se medesima. Come la più parte dei siciliani — anche 5 t _ cialisti — egli sembra non escludere, in modo assoluto, che " in un giorno lontanissimo „ (aspetta, cavallo !...) la colonia possa magari diventare redditizia! In astratto, tutto è concepibile. Bisognerebbe soltanto, a senso nostro, presupporre due condizioni: l° che l'Italia trovi parecchi miliardi da Investire in quelle terre, prima nella conquista militare e nella difesa e nel consolidamento di tale conquista, poi in grandi opere di viabilità — si pensi alla sterminata vastità della regione! —; da ultimo, in lavori di dis- sodamento e di bonifica, la bonifica della steppa e del deserto, e sopratutto di vasta e permanente irrigazione; mentre è, a dire il meno, assai dubbio, se, anche pro- digandovi tesori, vi si troverebbe mai l'acqua neces- saria e sufficiente — la quale, se non c'è, non si crea, neanche seminando miliardi — sia tesoreggiando le scarse piovane (è noto che non corrono laggiù nè fiumi nè torrenti perenni, e per sei buoni mesi dell'anno non vi piove goccia), sia frugando nel profondo sottosuolo, la cui aridità sembra già attestata dalla relativa scar- sità e povertà dei pozzi, che guerniscono le disperse oasi e segnano e, in qualche modo, comandano i tra- miti e le soste alle carovane; 2' che cotesti miliardi — dato che li avessimo e che le condizioni telluriche consentissero di trarne, a più o men lontana scadenza, un qualsivoglia profitto — potessero essere più utilmente investiti laggiù, o al- meno con uguale " economicità „, che non nel nostro desolato Mezzogiorno e nelle nostre Isole. Due ipotesi che sono, a semplice intuito, due assur- dità manifeste! Ma il nostro collaboratore non intese approfondire questo lato del tema. Egli lo sfiora soltanto, per tor- nare ad insistere su quello, che è il suo antico e te-

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