Critica Sociale - Anno XVI - n. 14 - 16 luglio 1906

CRfTICA SOCIALE 2m La rendita fondiaria nelatifondo siciliano Se la fertilità naturale sia in Sicilia diminuita. - 1 l'rattando della fertilità naturale delle terre siciliane, ho affermato che i fosfati conte– nuti nella breve spanna dello strnto arabile, asportati di continuo con i prodotti e non mai restituiti con i con– cimi minerali, avrebbero dovuto in pochi secoli o finire o ridursi a tale quantità da non rendere pili conveniente la coltura delle biade. Com'è, doman– davo, che, senza concimazione, eccetto quella im– perfetta delle scarse favate, e in virti1 del solo ri– poso e del ma~gese, la loro quantità. non è ,finita in parecchi millenni di produzione granifera? l)a questo quesito di natura agronomica, comunque si spieghi, sorge quest'altro pili grnve quesito eco– nomico-sociale: com'è che tutti asseriscono diminuita la ferncit1\ dei latifondi in Sicilia, nel mentre vedesi esngcratamcnte aumentato il prezzo cl'u,o della terra, cd accresc1uto a dismisura il tornaconto latifondista? Se fosse diminuita la feracità, an1.ichè estendersi a tutte le terre la cultura delle biade, riducendo oltre il convenevole il pascolo e la pastorizia, anzichè de– terminarsi una vivissima concorrenza per lo sfrutta• mento dei latifondi nel loro stato attuale, si sarcbhe dovuto ritornare alla pastorizia e al bosco di un tempo; ovvero, per la pressione dei maggiori bisogni, si 1uu·chbero dovute trasformare le colture con opere permanenti di miglioria. nell'intento cli una pili si– cura e pili abbondante produzione. li vero, in"ece, è che la feracità del suolo in Si– cilia non è diminuita che apparentemente; ma si è trasformata; Q in questa trasformazione il latifon– dismo ha trovato un novello e maggiore tornaconto. La inrerio!"ità odierna dell'agricoltura siciliana, in confronto all'epoca antica, è dovuta alla dissennata distruzione dei boschi; per cui il clima è divenuto più secco; le pioggie cadono ora meno abbondanti e più irregolari 1 rovinando per frane i nudi fianchi delle montagne e devastando le pianure; molte sor– genti si disseccarono e i corsi d'acqua, da perenni, di vennero torrentizi: e cli ciò si ha prova storica. La grande importanza, che avea nell'antichità. la pastorizia siciliana, con le immense ed innumere mandrie e gli armenti famosi, prova che la super– ficie seminata era molto pH1 ristretta di adesso, e quindi pur ristretta la popolazione. La terra semi– nativa era certamente la migliore per la coltura delle biade; e ciò, oltrechè intuitivo, è provato sto– ricamente. La maggiore umidità, dovuta agli estesi boschi, e l'abbondante concime dei numerosi greggi concen– trato in poche terre seminative, cloveano rendere queste più feconde. Quindi le ripetute produzioni stancavano poco la terra. . Nell'antichità e nel medio ovo si esportava dalla Sicilia una rilevante quantità di grani. Vedemmo che la quantità cli grano data in tributo a Roma arrivò sotto Verre a sette milioni di moggi, e che il prodotto totale delle città tributarie raggiungeva i trenta milioni di moggi, pari a 2.700.000 ettolitri. Ludovico Bianchini, nella sua Storia economico-cirile di, Sicilia, riforisce che, per motivi finanziari, sotto Carlo V, calcolata la media del grano esportato dal– l'Isola per il decennio 1521-1530, si trovò essere di salme 259.886 all'anno 1 pari a 7l5 mila ettolitri 1 che con il contrabhando puossi ritenere cli un milione di ettolitri, circa. Or, con questa rilevante esportazione, la produzione dovea essere maggiore clei bisogni della popolazione, tanto più che la esportazione nel pe– riodo feudale era tassata e vincolata alle esigenze locali per po1,sibili carestie o per timore di penuri11. Poi, col cessare delle frequenti epidemie e col mi• gliorato generale tenore di vita, accresoiuta la popo- !azione ccl accresciuti i suoi bisngni, pet· far fronte al maggiore consumo anelò cessando la esportazione 1 finchè verso la metà del secolo decimonono inco– minciossi in,·ece ad importare grani di Levante. Di conseguenza nella stessa Sicilia si cercò di estendere alla maggiore superficie possibile la coltura delle biade. "Si procedette perciò, rilevasi nell'Inchiesta agraria, al dissodamento cli terre, prima tenuto a pascolo, le quali sono, in generale, per qualità inre– l'iori a quelle che si destinarono originariamente alla coltura,,. Se molte terre frugirfre furono convertite in vigneti e altre colture, invece furono assai di pili quello conquistate sui boschi e sui pascoli alla col– tura dei cereali. Nei latifondi clell'ltalia meridionale e del Lazio il seminerio ha ceduto alla invasione dello gregge e degli armenti; in Sicilh1 invece la pastoriiia è stata cacciata dal frumento. Ridotto a poca quantità il concime con il cessare della pasto– riiia, in sèguito al dissodamento dei pascoli e agli sboscamenti 1 ed estesa la coltura dei cer"eali allo te!'re meno idonee, furono nPcessal'i frequenti riposi per ridare alle terre la feraci ti\ perduta appena dopo un r>nio d'anni di granicoltura. Per tale nuova situazione cli cose agricole ru ne– cessario passare dalla rotazione 1>erquinteria. a quella per terzeria. Fino a poco tempo addietro in una buona 1>arte di Sicilia la rotazione facevasi col metodo della quinteria 1 cioè dividendo la superficie in 5 parti: una per grano, una a maggese e tre a pascolo. Poi prevalse la terzeria, con la rotazione di una parte del fondo a grano, una a maggese ed una. a pascolo. Ora il maggese è in gran parto sostituito da bisic-– chie per le fave o per altre leguminose, sieno o no concimate, o dalla coltura della sulla. Il dottor An– tonio Vacirca di Niscemi, nel suo ultimo studio Il v,·oblema agrario 'in Sicilia, a questo proposito, fa a pag. 11 le seguenti preziose osservazioni: " Questo passaggio della quinteria. alla terzeria segna un progresso, percbè cosi è aumentata l'attività. cultu– rnlc; ma, appunto percbè ò aumentata l'attività, la terra ò andata spossandosi, non ricevendo nò ingrassi, nò la. vorl razionali. La coltura dolio leguminose (fave, ceci, cicerchie, ecc.) rappresenta anch'essa un progresso, perchò con ossa si fertilizza la. terra di un principio fertilizzante importantissimo, l'azoto, che ha aziono prin– cipale uell'aliment.azione delle pianto, o di costo assai caro come concime. Ma anche queste colture si risolvono in un danno per la terra e per le colture susseguenti, se non vengono ben coltivate o concimate. 11 Le leguminose fertilizzano la terra assimilando l'azoto libero dell'aria quando assumono, mercè le concimazioni minernli (anidricle fosforica, potassa e gesso), grande ev\luppo: al con tra.rio impoveriscono la terra quando, non concimate, e aventi magro sviluppo, debbono ali– mentarsi dell'azoto del terreno, senza poi a.vere il tempo di poterlo restituire con quello dell'aria che non pos– sono assimilare per la mancanca di abbondante fo– gliame." Ecco perchè le terre si stancnno pili di prima, di quando, cioè, le semine di grano si alterna.sano con frequenti riposi. La produzione media del grano in Sicilia è ora da 5 a 6 milioni cli ettolitri. Qualche anno ha rag• giunto i 7 milioni. Per il consumo locale, in ragiono di ettolitri 2,75 a testa, secondo un calcolo popolare antichissimo, ne occorrerebhoro dieci milioni. Si ha un defìcit di circa quattro milioni che bisognerebbe importare dall'estero con la bagattella di un centi 4 uaio di milioni di lire di spesa esportata. Ma la ra• gionata di ettolitri 2 1 75 a testa non de,·e reggere più: difatti la importazione in Sicilia di cereali è

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