La Nuova Commedia Umana - anno I - n. 13 - 9 aprile 1908

VIT14 TUR13011ENTA Rffilviosts o tiENDERsoN Ma poi se ne scordava. Era un tipo di quel tempo. Alto, grasso, con tanto di cuore, circondato da un nu- golo di patriotti Che lo divoravano. I patriotti si erano impadroniti della sua casa, della sua cucina, dei suoi abiti, dei suoi denari, delle sue relazioni, dei suoi libri, della sua campagna. La casa dell'assessore era chia- mata la « casa di Dio ». La sovrana del luogo era la cameriera, un tocco di donna che lasciava anelare le cose come andavano, ridendo. Perché aveva veduto che non c'èra più rimedio. Il padrone era un entusiasta. Bastava che lo si facesse presidente o lo si mettesse a capo di un banchetto o gli si facesse iniziare una sot- toserizione, perché le facce più antipatiche lo ridomi- nassero. La cameriera non piaceva a tutti e molti se avessero potuto l'avrebbero fatta mettere alla porta. Ma essa occupava un posto inespugnabile: quello di madre di un. bimbo del padrone. Il padre non lo aveva riconosciuto, ma la cameriera senz'essere troppo preoc- cupata della sua creatura, non disperava. L'assessore non aveva nessuno e bisognava bene che un giorno o l'altro si trovasse un erede. E l'erede non poteva essere che suo figlio. Io non avevo una grande ammirazione per la came- riera, perché quando andavo a portarle i libri mi pareva di andare in casa di un rigattiere. Mobili vecchi e polverosi, tende e tendoni che nessuno toccava da chi sa quanti anni, seggioloni dal dorso sfondato, con cu- scini che non avevano più nè forma, nè colore. buffets con alzate dello stesso noce che avevano perduto qua e là la pelle come le bisce, lampade antiche dagli ottoni

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