vici, sulle persiane, non cresce p,u. L'acque è in fase di stanca, ma vortica ancora intorno alle case. Dalle finestre dei piani superiori si vede un cadavere galleggiante, una pila accesa ancora stretta in pugno, passare e ripassare intorno allo stesso isolato. Il livello comincerà a calare verso le 3 del giorno 5. A quest'ora alcune zone della città sono libere. In S. Frediano il deflusso è iniziato alle 20: in un'ora il calo è stato di un centimetro, nell'ora successiva di quindici; alle 2 del sabato l'acqua si sarà, del tutto ritirata. In Piazza Frescobaldi aveva cominciato ad andarsene verso le 18 del venerdì, e in Gavinana verso le 21. Nel centro, un'ora e mezzo più tardi. Alla Nave a Rovezzano decresce a partire dalle 24, e in due ore se ne sarà andata "come se avessero levato un tappo". La mattina del sabato (una mattina chiara, quasi ridente> l'Arno è tornato il modesto fiume di sempre, lasciando però alcune zone della città ancora allagate; ma anche dove l'acqua è scomparsa resta, e resterà per altri trenta giorni, il fango. E al di sopra di coloro che si avventurano, lenti e attoniti, per le loro strade- al di sopra dei portoni, al di sopra spesso dei davanzali dei primi piani-, la striscia color sangue sporco della nafta. Il mancato allarme Dalle 2,30 (ora in cui l'Arno è straripato alla Nave a Rovezzano) alle 13, quando ai venti centimetri di rigurgiti di fogna che coprivano via Ponte alle Mosse si aggiunge l'acqua del fiume, ogni quartiere è stato via via colto di sorpresa. Gavinana è stato colto nel sonno, S. Niccolò è stato colto nel sonno; S. Jacopo e S. Frediano sono stati sorpresi all'alba mentre i più mattinieri si stavano alzando. Quando c'è stato un avvertimento, si è trattato sempre e soltanto di iniziative private: la macchina che dopo le 3 sveglia via Erbosa passando a clacson spiegato; la telefonata di un parente o di un amico; le campane a martello del curato e lo "Arriva l'acqua! Arriva l'acqua!" gridato dal gruppo di giovani che attraversa di corsa mezza Brozzi. Per alcuni degli orafi di •Ponte Vecchio, la telefonata della guardia notturna che già prima dell'una li mette al corrente della gravità della situazione. Oppure, a svagliare la gente, sono le rabbiose sgassa te d'avvio che lacerano il consueto silenzio; lo sbattere di persiane spalancate di colpo; il fragore improvviso e fuori orario dei bandoni. Altrimenti, ti sveglia l'acqua che ti entra in casa. E le autorità? Le autorità sapevano. E sapevano da tempo, se è vero che, come ha dichiarato Taviani alla Camera il 7 novembre, una colonna mobile del vigili del fuoco era partita da Roma alle 23 del giorno 3. (Era poi stata bloccata per varie ore alla Incisa dall'acqua che invadeva l'Autostrada del Sole.) Pare che già alle 22,35 del 3 il prefetto De Bernart fosse stato informato dai dirigenti del Genio Civile \a loro volta informati da quelli dell'ENEL) sull'aumento del livello dell'Arno; risulta inoltre che insieme all'Ispettore Generale Croppi, capo del Genio Civile, si fosse recato presso il Ponte Vecchio ad esamirare la situazione, la quale non sarebbe stata considerata di estrema gravità. La ~era stessa era stato all'Incisa allagata. Sappi.i.mo comunque che prima dell'alba del 4 novembre il prefetto era sui lugarni. Anche il sindaco Bargellini era già stato visto al Ponte Vecchio verso le 4 e lo stesso Bargellini, d'altra parte, ha dichiarato di esser stato chiamato alle 5 dall'Ufficio Tecnico del Comune e di esser stato avvertito che "l'acqua saliva e batteva i ponti con violenza". Nel frattempo, intorno alle 2, il questore aveva ordinato di richiamare tutti gli effettivi, che affluirono in questura nel giro di quarantacinque minuti. Come scriverà "l'Unità", la questura "è stata l'unica centrale ad evere avvertito il pericolo imminente, tentando di informare gli organismi più direttamente preposti alla salvaguardia della città". Poco prima delle 3 i vigili del fuoco comunicavano ali' Anconella di non poter mandare aiuti per il rafforzamento degli argini di difesa dell'acquedotto, perchè tutti i pompieri erano fuori a vuotar cantine: l'angelo di S. Agostino che vuole svuotare il mare con una conchiglia. Alle 2 la Pubblica Sicurezza aveva requisito le barche dei renaioli, e alle 4 i carabinieri chiedevano via radio ai cittadini di consegnare tutti i canotti disponibili. L'altra grande decisione, presa verso le 7, fu l'ordine del prefetto di far rientrare nei deposi ti i mezzi del servizio pubblico. Ai netturbini che la mattina si presentarono in via del Leone fu detto che si sarebbe lavorato a metter sacchetti di sabbia ,per arginare l'Arno. Invece alle 8,10 furono mandati tutti a casa. Qualcosa, dunque veniva fatto. Si trattava però di iniziative non coordinate, e mai concepite in un quadro generale degli avvenimenti - quadro che in realtà si sarebbe ormai dovuto avere. Soprattutto, niente veniva fatto e deciso che tenesse in alcun conto la possibilità di un aggravarsi della situazione. Alla mancanza di coordinamento nelle sporadiche decisioni che venivano prese si aggiungeva poi fin troppa gente, che pure, nei suoi limiti, avrebbe potuto rendersi utile, la paralisi operativa caratteristica del sottoposto. Tipica, in questo senso, la risposta di alcuni carabinieri all'accusa di starsene Il a guardare la piena invece di avvertire la gente che dormiva, ignara, a pochi metri di distanca: "Non abbiamo l'ordine". E poco dopo, alle 4,30: una macchina della ,polizia si ferma in tralice tra il Ponte Vecchio, il lungarno e Por Santa Maria. Qualcuno suggerisce che si mettano dalla parte del Ponte Santa Trinità, dove c'è il pericolo che crolla la spalletta del Lungarno Acciaiuoli; li dove sono, con il divieto d'accesso, non passa 8 CONTROCORRENTE - Boston, Spring 1967
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