offeso del mio rifiuto. Poi !orse per divertirmi apri una specie di scatoletta da acquarelli, e mi mostrò come bruciasse incendiando lentamente e tacitamente quello che era intorno. Ne fui subito entusiasta e il giovane comprese che questa si l'avrei accettata volentieri, e con premura si dette ad ammucchiare scatolette davanti a me. Poi arrivò Gianni. Il mio incontro con lui fu più rumoroso, più spontaneo di quello che era stato con Sandrino, forse un po' esagerato; Gianni stava benissimo, sporco quanto l'altro, ma su di lui il sudicio era naturalmente pittoresco. Anch'egli mi disse che sarebbe andato ,·ia subito. In un casolare sperduto un iagazzo sta,·a mo! to male, aveva una gran febbre, forse polmonite. Aveva promesso di piangere. reParleremo domattina". "Ma io ho bisogno di parlare a te e a Sandrino, da parte di Carlo. Sono venuta fin qui per questo!". E quasi ave,·o voglia di piangere. "Parleremo domattino". Non c'era altro da obiettare. Mi accompagnò da Giorgio e mentre af(ettuosamcnte mi batteva la mano sulla spalla, gli disse: "Dai da mangiare a questo pulcino, e poi fallo dormire nel mio sacco a pelo, io tornerò prima dell'alba". E partì a cavallo, nel buio. Ora nella stanza del Comando oltre al Pisano c'erano il commissario e due o tre vice-comandanti, mi fecero posto intorno al tavolo, accanto a loro. Entrò un giovane portando due grandi tegami, uno pieno di grossi pezzi di pane e l'altro d'agnello in umido. Ognuno di noi prese un pezzo di pane e un pezzo di carne. Io scelsi uno zampetto che mi parve più facile a tenere in mano, e mentre i denti andavano lavorando intorno mi sforzavo anche di sembrare disinvolta. Gli uomini mangiavano rumorosamente intorno agli ossi, parlavano poco forse a causa della mia presenza. Cercai di avviare una qualunque conversazione, ma alle mie domande rispondevano a monosillabi, alla fine scoraggiata tacqui. Non avevamo niente da dirci. eravamo legati solo dalla guerra comune, e la guerra, tutto sommato, era una grande porcheria. Più tardi la stanza divenne un dormitorio, gli uomini si sdraiarono nei sacchi a pelo o sui pagliericci. A me fu offerto il posto d'angolo e li sacco a pelo di Gianni. Spenta l'acetilene furono aperti gli scuri della finestra. Nel buio sentii slacciarsi cinture e il fruscio secco degli aghetti contro il cuoio degli scarponi, il tonfo sordo delle scarpe chiodate sulle tavole del pavimen lo e il volgersi dei corpi in cerca della posizione adatta a dormire. I pagliericci di foglie secche frusciavano, crepitavano. Uno mi chiese se avessi bisogno di nulla, tutti mi dettero la buonanotte. Poi ogni suono si attuti, si spense. Qualche colpo di tosse, qualche respiro, e infine il respiro degli uomini diventa ritmico, si fa profondo come la risacca del mare. Poi qualcuno russa. Ecco, s'interrompe e la pausa è lunga esasperante. Riprende, ma si, riprende più alto e più sonoro che mai. Nel sacco a pelo avevo troppo caldo, fuori troppo freddo, impossibile dormire. Sentivo ora la stanchezza per la fatica della giornata nell'acuto dolore ai polpacci, alle cosce, che la durezza del pavimento esasperava. Gli occhi sbarrati nel buio tutta tesa ai rumori ai fruscii al russare discontinuo, fissavo la finestra aperta che si precisava per il leggero chiarore della notte limpida, se chiudevo gli occhi mi rimaneva per qualche secondo sulla retina un rettangolo blu intenso. Ero scontenta, delusa: non mi ero immaginata cosi quella visita che ci stava tanto a cuore. Le gambe doloranti sepolte nel sacco, ogni tanto tentando piccoli massaggi ai muscoli, mi rassegnavo a non dormire. Appoggiai le spalle al muro fresco stetti a lungo così seduta. Ripensa,·o ad una ad una le parole che mi erano state affidate e che avrei dovuto riferire a Sandro e a Gianni. E insieme pensavo a quegli uomini addormentati intorno a me, alla mia assurda presenza fra loro. Il loro russare, il loro pesante modo di muoversi nel sonno. tutta questa vita intima estranea e brutale mi dava un malessere quasi fisico; mi rimproveravo di non ritrovare l'emozione per il loro sacrificio. Tende,·o ansiosa l'orecchio ai rumori esterni, desideravo riconoscere da lontano il cavallo cli Gianni. Che finalmente tornasse! Ma fuori tutto taceva, solo ogni tanto un cane ululava; ora la luna doveva essere alta: il rettangolo della finestra era diventato argenteo. Per noi in città, la cosa più importante era una salda impostazione politico-ideologica che giustificasse la violenza attuale e potesse servire i tanti gravi problemi del domani: "il dopo guerra". Su questo si 34 CONTROCORRENTE - Boston, Spring 1%7
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