p_artenza dei mezzi di rimozione, mentre rimangono solo le pale meccaniche di alcune province "rosse". Questo è l'ultimo giorno della distribuzione viveri. Ufficialmente la città non ha più fame. ' 20 novembre. Terza domenica dopo l'alluvione. Superficialmente il centro è tornato al suo volto consueto, ma altrove la città è ancora immersa nel fango. S. Croce stessa, che pure è pieno centro, ha vie impraticabili e case bisognose di puntella ture. Le ultime rimozioni vengono effettuate in sordina e la città rimane abbandonata a se stessa proprio quando avrebbe bisogno di sanare i suoi mali. In compenso c'è l'oppio di stato: la Tv dedica la partita Bologna-Fiorentina alla popolazione affinchè per i 45 minuti di trasmissione dimentichi il suo dramma. Trascorrono tre giorni e i Comitati, nella forma mista e ufficiale, muoiono. Agli alluvionati viene assegnato un misero sussidio giornaliero e una cifra di 10.000 lire per la prima stanza e di 5.000 per le altre. D'altronde questo sussidio varrà per soli 6.000 rlei 12.000 alluvionati richiedenti: la metà dei sinistrati, infatti, ha compilato la scheda in modo imperfetto e la loro òomanda è stata respinta. E poichè non si è voluto ricorrere alla consulenza dei rappresentanti popolari, la sovvenzione è stata ritirata anche da persone che non ne avevano bisogno. Il 22 novembre si inizia la rimozione degli scarichi effettuati nell'Arno; si impiegano inoltre sei autospurghi venuti da altre città per vuotare gli scantinati. II 24 si apprende il numero delle case pericolanti: cinquecento. Vi sono ancora dei quartieri che non si riesce a pulire: S. Croce e Gavinana, per esempio, dove si accentrano gli uomini dell'ASNU e i militari fino ai primi giorni di dicembre, quando (il 5) l'esercito abbandona definitivamente il campo. Intanto il 28 si sono riaperte le scuole medie; le elementari riprendono il 5 òicembre. "Scuola Città Pestalozzi" può iniziare solo il 12. Si lavora spesso in aule umide, mal riscaldate, e con turni improvvisati. Il 3 dicembre cade il blocco nel centro e le strade sono intasate da ingorghi paurosi: gli autobus impiegano mezz'ora a nercorrere i cinquanta metri di via dei Pecori. Quegli stessi che, non toccati dalralluvione, i primi giorni erano venuti a passeggiare fra le disgrazie altrui, ora c1 tornano in macchina. Del blocco alla polimielite, invece, ancora non si parla: dal 4 novembre, per vaccinare i bambini fiorentini, si dovrà aspettare il 12 dicembre. Trentanove giorni contati. Quanti i morti? Trentasette i morti a Firenze e provincia. niù due il cui decesso non è stato accertato se sia da attribuire direttamente o indirettamente agli avvenimenti del 4 novembre: queste le conclusioni dell'inchiesta condotta dalla magistratura, rese note il 29 novembre. Un precedente comunicato del ministero degli Interni dava la cifra sensibilmente inferiore di trentatrc. E' necessario precisare che i due elenchi t~ngono conto soltanto dei morti per cause dirette, escludendo quanti sono deceduti in seguito alla mancata assistenza (malati di cuore, diabetici. ecc.), ai gas delle cantine invase dalla nafta, al freddo e all'umidità di case senza riscaldamento, a bronchiti o polmoniti contratte durante la permanenza all'addiaccio, quando non addirittura nell'acqua, per ore e giorni; e via dicendo. Ma si può proprio considerare naturale legami con l'alluvione, la scomparsa di quelli "indiretti"? Non si tratta certo di mettere in discussione le risultanze della magistratura. E' lecito tuttavia avanzare qualche dubbio circa il criterio di discriminazione tra le due categorie. (Sembra che, nei giorni successivi all'alluvione, in questura fosse stato creato un ufficio provvisorio allo scopo di "dividere" i morti secondo i suddetti criteri.) Ermenegildo Livi, per esempio fu svegliato nel pieno della notte e trasre'. rito al piano superiore dove l'acqua non arrivò; mori la mattina per sincope nella quale ha indubbiamente giocato il fattore emozione. C'è da considerare però che soffriva di gravi deficienze cardiache. Comunque fu incluso fra i trentasette "diretti". I casi di morte per collasso nei primissimi giorni dopo la piena furono molt<;> fre{Juenti, eppure non furono registrati. Fino a che punto in loro non ha agito lo stato di agitazione causato dalla tragedia? Per il caso inverso, citiamo quello di una donna, tale Marietta Bacci nei Mazzetti, morta come dice un necrologio, "il giorno 27 novembre 1966, dopo essere stata investita dall'acqua dell'alluvione il giorno 5 scorso". In quale elenco dovrebbe essere inclusa? E allo stesso modo, se sono morti o moriranno altri feriti "diretti" (ammesso che ne rimangano), di quelli che, come s1 è espressa la stampa, "non erano neppure in grado di dire il loro nome", entreranno o meno nella lista ufficiale? _Facciamo altri due casi: Giuseppina B1ancalan1 muore cadendo dall'elicottero che la sta salvando e il suo nome appare nell'elenco della magistratura; Umberto Filoni, invece, che una settimana dopo muore nello smassamcnto di una cantina per le esalazioni della nafta, non viene inserito. A quale sottile casistica è riconducibile questa selezione? D'altro canto il dubbio viene confermato anche da altri confronti. Nei primi elenchi ufficiali compilati dalla polizia si trova, tanto per citare, il nome di Fedora Mochi che poi però viene escluso da quello dell~ magistratura. Evidentemente si trattò di un caso marginale, ma il fatto che inizialmente fosse registrato dove molti altri non venivano compresi avvalora per lo meno 16 CONTROCORRENTE - Boston, Spring 1967
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