~ONTBO~O SPRING 1967 , In questo numero Gli amici della rivista .............................. . 2 La campagna per i diritti civili 1967, di Davide Jona 2 Ancora sulla tragedia di Firenze, di Gino Gerola e Mario Materassi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . S Ernesto Rossi, di Ferruccio Parri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 TRIBUNA LIBERA - Hugo Rolland - Brand - Il Gruppo Rivendicazione Sociale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 La donna e la resistenza (III), di Maria Luigia Guaita 32 Note dall'Italia, di h. r. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 A PIOMBO, di "Il Muratore" . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 PICCOLA POSTA .................................. 45 Addio ad un eroe: Ernesto Rossi, di Hugo Rolland.... 48
Gli QffilCl della rivista t:rbana, lii.: Univ, of lll1noi$ Ubra.ry .... $2.40 Bron.x, N.l!'.: a mezzo V. C&Hotta., A. Be\1• Jaequa 5.00, M, CaNOtta 3.00, O. cedrone :J.00, Y. caasotta 10.00 .................. 21.00 Scw ·York, N.Y.: Roger Baldwln .......... 10.00 Brt,:hton, llass.: J. Uufo .................. 25.00 PiUsburgh, Pa.: F. Abba.te . . . . . . . . . . . . . . . 4..00 \\"estdeld, N. J.: O. Brtgugllo . . . . . . . . . . . . . 10.00 C.'nmbrldge, )Iass.: M. Basai.della lS.00 New Castle, P&.: P. Nloolettt . . . 6.00 ne,·ere, )tass.: L. MontleellJ . . . 6.00 Xew Ha.ven, Conia.: J, Eswslto . . . 2.00 l,o!i Angeles, Cal.: M. Gla.rdinelll . . . . • . . . . . 4.00 Hl"Unx, N. l.".: L. Zanler . 5.00 l'ale1'80n, N. J.: O. Guarino 3.00 Lodi, CaJ.: l". Zeppa . . . . . . . 10.00 A,·ownore, Pa.: )I. Pesci . .. J.0u .'1 laml, F1a..: A. Lentrlcch.l.a. . . . 3.00 Erle, Pa..: Anarchico Sanaoese, salutando Cittadino del Mondo dl J,e.rlel 10,00 Tniy, N. l.'.: G. Fabrlnl :J.00 nroekton, Mass.: s. l\108eatelll 3.00 W~hl.nglon, D.C.: S. Romua.Jdl . . . .. .. 5.00 Kingharn, Ma.ss.: E. HO\\'-a.rd ........... . \\'u.l<.efleld, )Iass.: F. F. . ....... . .:\'N"dham Helghts, Ma.ss.: Eleonora Landl, sa~ 1.00 5.00 lutando Fellea.nl 10.00 Somen•ille, Mass.: s. TucoeW . . . . . . . . . . . . . . 0:,00 l..yrtn, llass.: N. Salvueel 4.00 )1Uwaukee, Wls.: O. Bertoneln.l . . . . . . . . . . 3,00 C'hlea.go, 111,: G. Priorlello, rteordando llaJa,- 1esta, ..... , , . , , .... 5.00 Chicago, Ili.: S. Sca..rutft 5.00 :--.an Diego, Cal.: L. Valle . . . . . ts.00 '.'ie.wtonvllle, l\lass.: P. Bel&antl 5,00 Crunbrtdge, llass.: M. Pfelffer . . . • . • . • . . . . 5.00 santa l\lonlta, Cal.: X. Ples«. 5.00 Amesbnry, Jlass.: E. Ponzini .....•.•. , . . . . 5.00 UMa.ehen, N, J.: A, Rlsueel 1'1.00 Tamp., }"'la.: A. ConlgUo 3,00 Df'trolt, lOeh.: Jt:, Valente 1.00 U1>1>erDarby, Pa..: A. Gasbarro S.00 Brl-"'hton, l\lass.: '"l.&rry U Moro" Sal\"'UC('l 1.00 Xew 1·ork, N.Y.: F. J..a.nt.a Lansdale, Pa..: V. Bonannl t'hlladelphla•, Pa.: l\l. vanne.Ili )11amJ, Fla.: N. LeaU ................•. • Sa.i;: Ha.rbor, N. Y.: B. Berardl .... , .•.•.. , 10.00 5.00 5.00 5.00 5.00 \VUdwood, N. J.: L. Moresco . 6.00 Chlea&O, IU.: a meno Tlberl, ln me,nory or s. Bocca.bella and Aurora D'Angelo J o.00 Detrolt, :\lleh.: A.E.A. . 10.00 Detrolt, l\f.leh.: A, RotelliAi 5.00 Albambra, CaJ.: A. Cangentl J 0.00 CbanwaJgn, lll.: Prof. R. ''ecoll . 3.00 J~mlnster, !\la.ss,: ll, $alad.rln1 .}.00 Fanwood, N. J.: .... Be.Uomo 2.00 Brooklyn. N. ,·.: P. Gorm 3.00 Bo8ton, lla.-,s.: )I, Maglla.ro 5.00 Settlgnan<>-li'trenze, llaly: H. Rolland . J.0-0 Somer,•ille, )tau.: E. Palrnae<'l 3.00 l"hlll\de.lphla, Pa..: a. mnzo llocdù: Ventre&<'& 4.00, Di Paolo 4.00, Rouh1 4,00 12.00 Kingston, :\lhs.: A. Brini ... Clltrslde Park, N. J.: G. Amoroso . },1ushJng, ~. Y.: G. CUJ>elll ....... . l"ò8•sur-.\le.r, t'ranoe.: D. Paetorello Swampseott, )la.ss.: L. Costantlnl Newton, Ma&s.: Na-ula.tore Newton, llus.: L. DI Bona Watertown, Mass.: E. Parente Presc::ott, Arlz, : A. DeToffol New Ha,·en, Conn., A. Duno Tan11>a, Fla. : P. Ftc:arrotta. :,;.00 :i.oo 6.0ll 1.00 2.00 2.00 1.00 3.00 6.00 5.0-0 3.00 Xf'w York, N.Y.: Ne.w York Unlverslly l.lbran· Controool'ftnte, New SUJe,s \'ols. 8 & 9, 7.00; N~. 61 &: 5Z, 1.50 . . . 8.50 Totale lULANOIO No. 33 U•clte Hefl.clt !'~recedente Uscite No. 53 Postage No. tJ,Z ..... Totale usdte 'Entrale Abbonamenti e s0tto!lerblonc ... $n5.90 .. $2,369.77 480.00 9.98 .... $2.859.7:\ . $2383.S:S Chicago, Ili.: A. Sa.turnQ ... , ....••.. ·. · 4.00 Eltlt.ATA No. 52 Troy, N. Y.: S. Saracino 5 .oo Xt-w York, N,l',: \'. )lontana. ~.00 Elb.a.betb, N. J.: :E, ?-.. eri z.oo Peabody, :'Ua.,s.: F. J'lli~af, a. meno Costantlnl 5.00 Hohoken, N. 3.: L. Gadalet" . . . 3,00 Lo-. Angeles, Ca.I..: A. Nooella ... ~t>\v York, N. Y.: M. 1\laeistro .. · .. \\'orCMter, Ma-ss.: M. Lombardi ........ . :'(f'w Britaln, Conn.: C. Pagella .. · · · · · · · · · · · Bronx, N. Y.: V. Saura llit'hmond HIII, N. Y.: T. Martino Hoboke.n, N. 1.: M. LoMJ810 . · , l"atel'80n, N. J.: R. Sueeurro ..... .Xlaga.ra Falls, N. Y.: J. Tresca llP.a.rbom, l\Oeh.: G. Maselo ........ , •• • • • • nrooklyn, N. Y.: s. )Illazzo .... . l'rbana, tll.: O. Mos.eateUl .......... • • • • · .. · \\'eehawken, N. J.: V, De Gennaro, a mezzo I.orusso Youngstown, O.: A. StrolJo ... • .... • • · nome, ltaty: l\f, Oatone ....• , • • •.• • • • • • • • · · CaraffA. di Catanzaro, lt&ly: G. Grande Storùngton, TU,: I, l\Iarueeo ... • ... • • • • • • • · · 3.00 o.oo a.oo 4.00 zo.oo 5.00 3.00 3.00 3.00 zo.oo 0.00 4.00 3.00 5.00 3.00 Z.00 5.00 Ripetiamo. è no,tra con.,inslone che la ri.,i1ta rilponde ad un bi10,rno. Rappre1enta la ,pirito dei tempi andati quando le pubblicasioni d,a.,anguardia erano e,pre1• ,Ioni di .,alonta. L'attacca contro i nemici della liberto der,e canlinuare 1eruia 1011a• L,ambient, è cambiato. La lotta non è quella di ieri. 1 militanti ,i ,ano falli più rari. Noi rogliamo conlinuare a fare echeg• 6fare la prole11a umana contro luld i ,oprud. Conlinueremo fino a quando ,n,remo il 10,tegru, e la coopernsione di coloro ~ ci appTOHno.
RIVISTA DI CRITICA E DI BATTAGLIA Fondata nel 1938 - Direttore: ALDINO FELICANJ Indirizzo: CONTROCORRENTE, 157 Milk Street, Boston, Mass. 02109 CONTROCORRENlTsEpubllshed quarterty. Mail address: 157 Milk St., Boston. Aldlno Fellcanl, Editor and Publlshtr, Office of publlcation157 MilleStrftt, Boston, Mas.s. 02109. Second-classmall privllegesauthoriud at Boston,Mass. Sobsaiptlon $la year. Voi. 23-No. 3-(New Series #53) BOSTON, MASS. Spring, 1967 Panorama . americano La campagnaper i diritticivili 1967 E' un fatto indiscutibile che la campagna per i diritti civili non suscita più il fervore e l'attenzione degli anni scorsi. In un tempo assai breve, l'entusiasmo che rese possibile la marcia su Washington, o i più coraggiosi esempi di coloro che affrontarono pericoli, violenze, carcere per affermare con i "Freedom Rides" il diritto degli Americani di colore a un trattamento identico a quello goduto dei loro concittadini bianchi nei mezzi di trasporto, o di coloro che sfidarono il martirio per indurre le comunità meridionali a concedere ai negri la possibilità di votare si è affievolito. Se qualche esempio cli perseveranza ancora permane fra qualche persona devota ad una causa che assunse il valore di crociata spirituale, al giorno d'oggi gli esempi di fedeltà al programma di eguaglianza nel campo civile appaiono quasi appartenere ad un'epoca lontana non pochi anni, ma di un'altra generazione. Una evidente sc1ss10ne si è creata fra molti degli esponenti del movimento per la conquista dei diritti civili. Non soltanto fra bianchi e negri, ma fra i negri stessi: Le figure che fino a una dozzina di mesi fa erano salutate come apostoli del movimento, sono ora criticate, talora molto aspramente, talora perfino vilipese, da quegli stessi che inneggiavano a loro fino a poco fa. Quanto sta avvenendo a Martin Luther King, per citare solamente l'esempio più noto, è significativo. Egli, come molti altri che seppero attrarre sotto la loro guida milioni di persone, bianche e di co- !ore, stanno •perdendo il controllo del movimento, e più di una volta la nuova generazione di attivisti li considera spregevoli strumenti usati dai razzisti bianchi per perpetuare l'asservimento dei negri. Da parte dei bianchi, molti di coloro che hanno applaudito le dimostrazioni per l'eguaglianza civile, per garantire ai negri il diritto di voto, per eliminare discriminazioni nei servizi pubblici e semi-pubblici, considerano ora con disagio l'insoddisfazione dei negri. Questi bianchi, quando sono confrontati dalla necessità di prendere un atteggiamento su argomenti che superano i limiti della pura legislazione, tentennano, e troppo sovente, purtroppo, si inacerbiscono al punto da rinforzare le file dei reazionari. Molti, sostenitori della lotta per rompere le barriere che negavano il voto alle persone di colore negli stati del sud, si inalberano quando una famiglia negra cerca di comperare una casa nello stesso blocco dove essi vivono. Tutto andava bene, fino a che l'opinione pubblica inorridiva quando a Little Rock ai bambini negri si impediva l'ingresso alle pubbliche scuole; ma l'integrazione della scuola più vicina, che si può ottenere soltanto colla demolizione di pregiudizi che confinano i negri in limitate sezioni cittadine, con investimenti di fondi pubblici ohe permettano di sostituire cadenti edifici scolastici, di concedere abitazioni decenti a famiglie concentrate in decrepiti e pericolosi "slums" comporta la disfatta di mentalità radicate, una scelta fra programmi fiscali
e sociali che troppi cercano di e\"itare, cristallizzando la situazione nella condizione presente. La sorpresa di gran parte della popolazione bianca degli Stati Uniti, quando gli attivisti negri disprezzano le conquiste legali sancite dalle leggi passate in questi ultimi anni, e si agitano per qualcosa, non ben definita in termini legali, la cui ricerca anzi comporta mezzi violenti, è molto evidente, è senza dubbio l'origine dell'irrigidimento della maggioranza bianca per resistere a richieste giudicate esorbitanti. Mesi fa, da queste pagine, ave,amo previsto, senza dover impiegare molto acwne, che la conquista della eguaglianza nel campo dei diritti civili da parte dei negri non avrebbe attutito il pericolo di frizioni e contrasti fra le due parti della popolazione. Che anzi, questa conquista avrebbe soltanto servito a dimostrare più acutamente ancora che, al di là dei diritti civili, stanno diritti umani, su cui ben poco possono faare le leggi: il diritto ad essere trattati senza considerazione al colore della pelle in ogni relazione con ogni altro, il diritto ad una partecipazione alla vita sociale a parità di ogni altro cittadino, il diritto a non essere tacitamente escluso da contatti con altri uomini, il diritto infine al rispetto e al riconoscimento della dignità umana in stretti termini di valori individuali. Avevamo previsto che ogni progresso fatto nella educazione di una parte della popolazione finora neglctt:t. se non sopraffatta, avrebbe solamente dimostrato più chiaramente la crudezza delle ingiustizie, la possibilità che la società moderna ha di offrire una vita più Cncile, degna e ricca materialmente e moralmente a tutti i suoi componenti, se trattati veramente con spirito fraterno. D'altra parte certamente il passaggio di leggi che sanciscono fonnalmen te la basica eguaglianza di tutti i cittadini, salutato come un successo della strategia dell'amministrazione, ha servito a intiepidire l'ardore di coloro che si agitavano per i diritti civili. Le leggi sono fatte, è vero, ma la loro esecuzione è ben lontana dall'essere verificata. Le tattiche dilatorie di ogni gruppo minacciato di veder spazzati privilegi, la debolezza delle organizzazioni governative che dovrebbero controllare che queste leggi non siano ridotte a burlette da sotterfugi e pressioni, l'alleanza tacita fra l'amministrazione e reazionari, imposta dagli equivoci della politica estera di Washington, fanno si che il più delle volte queste leggi restino sulla carta. Ma, mentre le testate dei giornali hanno riportalo a suo tempo con molta evidenza come il Congresso, sotto il pungolo del Presidente, abbia finalmente sancito molli dei diritti civili, ben pochi hanno la pazienza di seguire sui giornali i rapporti sulle angherie che i comitati legislativi esercitano su qualsiasi funzionario che vuole adempiere agli obblighi che la sua carica impone, o sulla inefficienza di uffici legali federali, depauperati di denaro e di personale, incapac, di impedire soprusi sfacciati. . . . Da parte dei negri, è altrettanto evidente che un'atmosfera di delusione, in molti casi di disperazione, sta dilagando. Quanto fondamentalmente occorre ad ogni gr~•ppo oppresso (e cio è valido in America, come· in Asia, come in Africa) non è una lustl'a di eguaglianza politica. li voto è una burla, se con esso non si conquista il rnodo di guidare la società \"erso princ1p1 p,u reali di progresso, se esso non dà il modo di sgominare privilegi, se esso non serv<! ad assicurare i mezzi per una vita decente per ogni individuo. Dalla nre~sio11e creata dalla convinzione che l'eguagliaroza politica non risolve i più urgenti problemi di giustizia sociale ed economica pos~ono s01tan to sorgere le possibilità della aperta rivolta rivoluzionaria. E senza dubbio, in molti giovani negri, questa è l'unica soluzione alla loro disperazione, al problema crudele della loro disoccupazione e del rifiuto della società bianca di accoglierli se non in condizioni di inferiorità. li periodo della "non violenza" è tramontato: esso non ha portato ad altro che a buone parole. Ma, in tutta la nazione, le scuole pubbliche non sono integrate, e non lo potranno essere fino a che il ciclo di miseria, che favorisce iner~ia a riguardo della educazione e incrementa i problemi della irregolarità della costituzione famigliare, non renderà sem· pre più difficile l'adattamento dei lavoratori non specializzati in una società che ogni giorno di più riduce la richiesta per operai manuali. Non lo potranno essere, perchè la barriera eretta fra i bambini delle famiglie che vivono in una atmosfera di calma, circondati da attenzioni di famigliari non assillati ogni giorno dal problema del pane per domani, e quelli che provengono 4 CONTROCORRENTE - Boston, Swi11g 1967
da famiglie scompaginate, oberate da debiti e preoccupazioni sarà sempre evidente. In un certo senso, si può dire, il contatto fisico fra giovani in scuole forzatamente integrate, ove un gruppo è giornalmente sottoposto all'umiliante confronto di un altro gruppo più fortunato, spiritualmente più preparato ad assorbire una corretta educazione, farà unicamente rilevare in termini più crudi la disparità delle condizioni. In tutta la nazione, non si è saputo offrire a chi è povero altro che un sussidio umiliante, troppe volte anzi assicurato soltanto a chi, con sotterfugi di vita irregolare, si incancrenisce in una via di malizia. Ma una proposta di offrire ai giovani uno stipendio sufficiente a condurli, attraverso a corsi di studi efficienti, ad essere membri degni della società susciterebbe soltanto una tempesta di proteste, che la denuncerebbero come una infame copia dei sistemi scolastici soviettici. La realizzazione di essere tuttora trattati come cittadini votanti si, ma di seconda classe è quanto spinge i negri verso manifestazioni violente, al loro distacco dai bianchi di buona volontà e dai leaders che essi stessi acclamarono pochi anni fa. • • • La campagna di lotta per i diritti civili passa senza dubbio attraverso un periodo di crisi. Se il movimento non è soffocato, esso è per lo meno seriamente indebolito. E' tempo per riconoscere che da una parte le risorse economiche del paese, se non sperperate in imprese pericolose e costose, potrebbero concedere un programma in cui altre opportunità di lavoro verrebbero offerte. Noi arrischiamo di essere avvelenati e soffocati dal mal uso della nostra acqua e della nostra aria: i nostri servizi di educazione, di assistenza sanitaria, se anche sono invidiati da una buona parte dei viventi nel resto del mondo, potrebbero essere ampliati e migliorati. Ancora molte nostre città diventano ogni giorno più pericolose e la cruda vicinanza di orribili "slums" e di case di gran lusso può generare ad ogni momento di crisi una situazione esplosiva, mentre per ora noi dormiamo nella illusione che tutto vada per il meglio. Molte delle nostre scuole, molti dei nostri ospedali sono ben lontani da offrire servizi che sostengano il confronto della ricchezza e delle possibilità che la nazione dimostra. Materialmente il problema diviene ogni giorno più difficile, e l'incapacità a risolverlo peggiora sempre più quello della elevazione verso una reale eguaglianza di una parte ingente della nostra popolazione. Moralmente, bisogna pure riconoscere che l'epoca della lotta 1per i diritti civili volge al termine. Essa si chiuderà in un fallimento, se si ridurrà ad una vuota vittoria, che scriverà leggi inapplicate sui registri della nostra storia. Essa sarà un successo, se seguita da un nuovo movimento per la realizzazione dei diritti umani. Davide Jona ANCORSAULLTARAGEDDIAIFIRENZE CRONACA L'Arno straripa Sera del 3 novembre. :Piove dal 25 ottobre, con una breve pausa il 30 ed una più lunga dal mattino del primo novembre ·al mattino del 3. Dalle 14 circa gli scrosci ricominciano sempre più furiosi. L'Arno è in fortissimo aumento. Dalle 22 il livello cresce a vista d'occhio. Le fognature, sovraccariche, provocano i primi allagamenti negli scantinati. Alle 23 i vigili del fuoco hanno già ricevuto centotrenta chiamate d'intervento. Reggello, Le Sieci. Compiobbi, il Girone e Rovezzano, le zone lungo l'Arno a monte di Firenze, sono investite per prime. Il ponte sospeso della Anchetta viene spazzato via poco dopo le 23. Ben presto tocca alla periferia della città. Alle 2,30, superato l'argine, l'acqua irrompe alla Nave a Rovezzano; mezz'ora dopo, un'ondata improvvisa ne porta il livello a un metro e mezzo. La corrente si biforca: una parte dilaga a sinistra per la campagna, l'altra si Incanala giù per via di Villamagna. E' l'inizio della tragedia del quartiere di Gavinana, che in più punti resterà sommerso fino a un'altezza di oltre cinque metri. Finchè I telefoni non vengono ridotti al silenzio, in questura si può seguire l'avanzare della piena in questa zona di casupole a un piano attraverso le drammatiche chiamate che giungono da via di Villamagna, via Giovanni dalle Bande Nere, via Gian Paolo Orsini: "Ho la cantina allagata, mi sta entrando l'acqua in casa!" "Signora, slamo impegnati a salvare gente che. si è rifugiata sui tetti. Salga al primo CONTROCORRENTE - Boston, Spr-ing 1967 5
piano." "Ma sopra di me c'è il tetto!" "Salga sul tetto. Cercheremo di arrivare fino a lei". Alle 4,30, dalla spalletta vicino alla "Rari Nantes" si può toccare l'Arno. In quel momento piazza Gualfredotto è ormai sotto un metro d'acqua. Un'ora più tardi, un metro anche in via Gian Paolo Orsini. Con l'avvicinarsi dell'alba il livello cresce sempre più rapidamente: alle 6 in piazza Gavinana ha già raggiunto i tre metri. Intanto, oltre il muro che costeggia, verso il fiume, buona parte di via di Villamagna, lo straripamento dell'Anconella ha formato una distesa spettrale. Per alcune ore il muro regge, poi la pressione esterna supera quella da via di Villamagna e lo fa cedere in più punti: si determina cosi, in un paio di minuti, un "salto" di mezzo metro nella zona circostante. L'Arno, che ha ormai tracimato all'altezza di via Poggio Bracciolini, si è unito alla corrente di via di Villamagna e a quella che, dilagata per i campi, investe il quartiere da sud. Gavinana è ora un livido, unico lago, che dall'altra sponda del fiume si vede tornare a riversarsi in Arno. Poco più giù, anche la zona di S. Niccolò sta vivendo il suo dramma. Alle 4 le vecchie fogne del Granduca, già insufficienti in tempi normali, rigurgitano e allagano le cantine. Alle 4,30 il fiume straripa dalla spalletta poco sotto il ponte e investe quella sottile striscia di città, sommergendo via S. Niccolò, via dei Bardi, piazza Demidoff, via dei Renai e piazza dei Mozzi sottn una massa impetuosa che finirà per ar.ivare a metà dei primi piani. Immediatamente più a valle, fra le 2 e le 3 anche gli scantinati dell'ultimo tratto di via dei Bardi, via Barbadori e Borgo S. Jacopo vengono allagati dai rigurgiti delle fognature. All'alba, attraverso i cantieri di alcune costruzioni, l'Arno stesso irrompe in Borgo S. Jacopo, spingendosi fin quasi all'estremità di via Maggio, che è ora sotto mezzo metro d'acqua. Verso le 7, più di un metro sommerge via S. Spirito. A quest'ora gli scantinati di via dei Bardi, ormai pieni, con1inciano a rivomitare. Di li a poco, sfondando la vetrata del ristorante "Ponte Vecchio" in via dei Bardi, si riversa in strada. Da via Barbadori e Borgo S. Jacopo, la corrente infuria giù per via S. Spirito e Borgo S. Frediano, trasformando · questa arteria in una fiumana vorticosa su cui navigano innumerevoli macchine "come se dentro ci fosse uno che si voleva ammazzare". Ed è la volta del quartiere di S. Frediano. Già alle 5 Borgo S. Frediano è sotto mezzo metro fino al cinema Eolo. Mezzo metro, verso le 6, anche in piazza dei Nerli. Intorno alle 7 il fiume trabocca sul Lungarno Guicciardini. L'acqua penetra nelle case di via dell'Orto, mentre in piazza Piattellina, dove le fogne a quell'ora stanno riempiendo i sottosuoli, i pianterreni saranno raggiunti solo verso le 9. Alle 10, in Borgo S. Frediano, l'acqua arriva alla vita. Il livello cresce e continuerà a sa1ire fino alle ·15, dapprima lentamente, e eia mezzogiorno in poi con sempre maggiore rapidità, giungendo a toccare i 2 metri e mezzo. Intanto già da mezzanotte alcuni orafi e gioiellieri di Ponte Vecchio si affannano a portare al sicuro almeno ,parte dei loro preziosi. La piena rasenta le spallette dei lungarni e alle 1,15 tocca gli archi del ponte. Il fragore è terrificante. Lo rompono soltanto il risuonare disordinato dei bidoni e i cupi colpi dei tronchi. Tutti i ponti si fanno via via intransitabili, anche quelli che riescono a emergere con la sommità del piano stradale. Ultimi a essere sbarrati: il Ponte S. Niccolò e il Ponte della Vittoria. Sulla riva destra, data la vastità della zona interessata e l'irregolarità della configurazione viaria, la furia si sviluppa in mille direzioni, creando correnti che si scontrano, si incrociano, si accava11ano, in uno sconcertante gioco di livelli. Poco dopo le una, attraverso l'entrata dello sdrucciolo di Porticciola, l'acqua invade piazza Mentana, cominciando a sommergere le macchine. Alle 1,30, davanti a Palazzo Barbagli, sciaborda a ondate contro il Lungarno delle Grazie. Un'ora più tardi è un torrente che assale piazza Cavalleggeri, via Magliabechi, la Volta dei Tintori e il corso dei Tintori, dove irrompe anche dai cortili e dai giardini sul lungarno e, alle 5,30, ha già raggiunto un metro e mezzo. In piazza Cavalleggeri, davanti alla Biblioteca Nazionale, l'Arno fa breccia intorno alle 6,30. La marea giallastra, striata di nafta, si dilata per tutto il quartiere di S. Croce, penetra nei pianterreni, nelle chiese, nelle innumerevoli botteghe d'artigiano di via delle Casi ne, via S. Giuseppe, via dell' Agnolo, via dei Pepi, via dell'Anguillara. In piazza San Firenze scaraventa due macchine in cima alla scalinata del Tribunale. Tocca i tre metri, verso le 8, in via dei Neri (che la vedrà salire fino a cinque) e si arresta momentaneamente davanti alla pendenza di via della Ninna e via dei Gondi. Risparmiata, ma solo per poco, piazza Signoria: ai "Canottieri" le spallette sono già sotto, e tra non molto la terrazzina davanti agli Uffizi verrà spazzata via. L'Arno supera a tratti anche le spallette del Ponte Vecchio, sventra molte delle botteghe a monte e vi lascia una selva di rami e di tronchi.· L'acqua, la cui violenza si è così attenuata, risparmia in parte i negozi a valle scaricandosi lungo il ponte; riunendosi poi a quella proveniente dal Lungarno Archibusieri, tumultua verso il Lungarno Acciaiuoli e lo erode fino a inghiottirne più tardi un tratto di un centinaio di metri, dove resta solo il marciapiede sotto le case. Sono le 6,30. Lungo i vicoli tra il lungarno e Borgo SS. Apostoli, la fiumana sbocca in piazza S. Trinità, ele• vandosi rapidamente a un metro e mezzo. Un metro, alle 7, sul Lungarno Corsini: la spalletta è sbrecciata in più punti. La corrente è fortissima. Di qui e da via del Parione raggiunge piazza Goldoni e dilaga per Borgognissanti, dove appena dopo le 7, 6 'CONTROCORRENTE - Boston, Spring 1967
è alla un metro. A1Ia stessa ora, in via della Vigna Nuova, è mezzo metro. Piazza della Repubblica è ancora libera; alcuni soldati stanno di ramazza alle impalcature preparate per la festa del 4 novembre. Duecento metri più in là, Por Santa Maria è quasi del tutto sommersa. Dalle arcate degli Uffizi l'acqua avanza nel cortile e verso Palazzo Vecchio. La situazione nella zona della Bellariva sta facendosi tragica. Già nel corso della notte il fiume era straripato sulla destra, a monte del centro storico. Alla Casaccia, tra Varlungo e la Bellariva, il livello alle 2.30 segnava un metro e la gente abbandonava le abitazioni portando con sè quanto possibile. Alle 3,30 era aumentato di un metro. La Bellariva, invece, è raggiunta più tardi. Soltanto alle 6,30, infatti, l'acqua vi tocca il mezzo metro; ma appena un'ora dopo comincia a entrare nelle case. Di qui si diffonde per le vie adiacenti, si incanala per via Aretina e alle 7 è in piazza Alberti (un metro alle 7,30). Da una parte prende via Gioberti e dall'altra, attraverso via Piagentina, imbocca alle 7,15 via Fra' Giovanni Angelico. In un'ora allaga totalmente i pianterreni e alle dieci avrà raggiunto i due metri e mezzo. Dalle 8,45, in via Arnolfo fa un metro e venti in un quarto d'ora, e mezzo metro in dieci minuti in via Cimabue. In piazza Oberdan un uomo anziano e un giovanotto ben vestito e con l'ombrello, sorpresi dall'irrompere improvviso, si rifugiano sul monumento e vi resteranno fino alle 17, quando un pontone dei vigili del fuoco riuscirà a trarli in salvo. Raggiunto da più parti il viale Amendola, la piena dilaga verso Beccaria (dove arriverà a tre metri e mezzo) viale Gramsci e viale Mazzini. Verso le 10, investendola contemporaneamente dalle due estremità, si chiude anche sulla via Bovio, che come via Quintino Sella rimarrà isolata fino alla mattina del 6. Continuerà a salire, arrestandosi soltanto alle 23,30. Intanto alle 11,30 un terrificante boato, avvertito da tutta la città, squassa lo stabile all'angolo tra via Scipione Ammirato e via Cimabue: è esploso un deposito di carburo. Un morto e vari feriti. (Un mese prima, quegli stessi che ora, più o meno gravemente feriti, fuggono per tetti e giardini dai loro appartamenti in fiamme avevano denunciato la presenza del deposito al Comando dei vigili del fuoco.) L'acqua si fa rossa. Alcuni fusti incendiati passano galleggiando per piazza Beccaria e per i viali. Tre ore più tardi, lo stesso isolato viene scosso da un'altra grossa esplosione che danneggia vari edifici. Il centro storico è ormai aggredito da tutte le direzioni. Alle 8,30 l'acqua invade il Tempio ebraico in via Farini. e di li a poco piazza Ghiberti e il mercato di S. Ambrogio. Alle 10 ha fatto un metro e mezzo. Yerso le 9,30, provenendo da via Niccolini e via Carducci, dilaga in piazza D'Azeglio dove sfiorerà i quattro metri. Via dellr Colonna si trasforma in un fiume che, incrociatosi con l'altro costretto nel budello di Borgo Pini, invade il Museo Archeologico, via Gino Capponi, piazza SS. Annunziata. La pendenza di via Cesare Battisti ritarderà fino alle 16 l'invasione di piazza San Marco; ma servirà a poco: nessuno era stato chiamato che potesse salvare neanche la biblioteca dell'Accademia delle Arti del Disegno. All'arco di S. Piero il fornaio vende il pane su un carretto perchè ha il forno allagato. Sono le 9. Via Matteo Palmieri, che si inabissa nella corrente di via Ghibellina, è impraticabile. Da Borgo degli Albizi si passa con difficoltà. Prima delle 10 l'acqua comincia a giungere impetuosa da via del Proconsolo in piazza del Duomo, dove raggiungerà i tre metri. Un'ora più tardi si è già spinta per tutta via Martelli. Accanendosi contro le porte del Battistero (spalancata quella del Ghiberti, ne sbatterà con violenza i battenti per l'intera giornata, provocando il distacco di cinque formelle), si sfrena poi da una parte per via Cerretani e via Panzani, e dall'altra per Borgo S. Lorenzo e di li nella zona del Mercato Centrale, piazza Madonna, via dell' Ariento, via Nazionale. I sottopassaggi pedonali di piazza dell'Unità e piazza della Stazione si trasformano in una trappola mortale, così come avverrà per il sottopassaggio alla ferrovia in viale Rosselli. La pioggia continua a scrosciare. Da dietro i vetri di un'unica finestra le famiglie, raccolte in gruppi muti, guardano il cielo cupo, guardano le macchine che passano (su un fianco, di coda, le ruote all'aria, a gruppi o isolate), cozzano contro le cantonate, piegano le aste di ferro della segnaletica, sì ammucchiano contro una edicola, scompaiono nella marea giallastra. Alle 12,30, a Brozzi, l'acqua inonda la parte bassa dell'abitato: via di Sotto, via del Fossetta; nelle due ore successive allaga tutto il paese. Cominciano a crollare i muri di cinta, alcuni capannoni, le cisterne di un oleificio. Dai casolari della campagna circostante giungono i muggiti disperati delle bestie che affogano e le fucilate dei contadini che chiedono soccorso. Alle 20 la piena avrà raggiunto i tre metri e sembrerà stabilizzarsi su quel livello, ma mezz'ora più tardi riprenderà a salire invadendo i primi piani. Toccherà i cinque metri, lambendo i tetti su cui la gente si è rifugiata dopo aver sfondato i soffitti. Un giovane, con un canotto di gomma e una pagaia, una lampadina tascabile stretta fra i denti. si aggira per il paese sommerso seguendo le grida di aiuto che lacerano l'oscurità: riuscirà a salvare dieci persone. In città, l'ondata alle 13,30 si abbatte sui quartieri a ovest della cerchia dei viali: S. J acopino, Porta al Prato, piazza Puccini. Alle 14 è un metro. Unendosi a quella del Mugnone che già dalle 2 del mattino era straripato e aveva inondato il parco delle Cascine, continuerà ad aumentare fino alle 22. raggiungendo i due metri e mezzo. Poi il livello, che dall'alto luci incerte di lampadine tascabili controllano ansiosamente sui bandoni, sui numeri ciCONTROCORRENTE - Boston., Spring 1967 "i
vici, sulle persiane, non cresce p,u. L'acque è in fase di stanca, ma vortica ancora intorno alle case. Dalle finestre dei piani superiori si vede un cadavere galleggiante, una pila accesa ancora stretta in pugno, passare e ripassare intorno allo stesso isolato. Il livello comincerà a calare verso le 3 del giorno 5. A quest'ora alcune zone della città sono libere. In S. Frediano il deflusso è iniziato alle 20: in un'ora il calo è stato di un centimetro, nell'ora successiva di quindici; alle 2 del sabato l'acqua si sarà, del tutto ritirata. In Piazza Frescobaldi aveva cominciato ad andarsene verso le 18 del venerdì, e in Gavinana verso le 21. Nel centro, un'ora e mezzo più tardi. Alla Nave a Rovezzano decresce a partire dalle 24, e in due ore se ne sarà andata "come se avessero levato un tappo". La mattina del sabato (una mattina chiara, quasi ridente> l'Arno è tornato il modesto fiume di sempre, lasciando però alcune zone della città ancora allagate; ma anche dove l'acqua è scomparsa resta, e resterà per altri trenta giorni, il fango. E al di sopra di coloro che si avventurano, lenti e attoniti, per le loro strade- al di sopra dei portoni, al di sopra spesso dei davanzali dei primi piani-, la striscia color sangue sporco della nafta. Il mancato allarme Dalle 2,30 (ora in cui l'Arno è straripato alla Nave a Rovezzano) alle 13, quando ai venti centimetri di rigurgiti di fogna che coprivano via Ponte alle Mosse si aggiunge l'acqua del fiume, ogni quartiere è stato via via colto di sorpresa. Gavinana è stato colto nel sonno, S. Niccolò è stato colto nel sonno; S. Jacopo e S. Frediano sono stati sorpresi all'alba mentre i più mattinieri si stavano alzando. Quando c'è stato un avvertimento, si è trattato sempre e soltanto di iniziative private: la macchina che dopo le 3 sveglia via Erbosa passando a clacson spiegato; la telefonata di un parente o di un amico; le campane a martello del curato e lo "Arriva l'acqua! Arriva l'acqua!" gridato dal gruppo di giovani che attraversa di corsa mezza Brozzi. Per alcuni degli orafi di •Ponte Vecchio, la telefonata della guardia notturna che già prima dell'una li mette al corrente della gravità della situazione. Oppure, a svagliare la gente, sono le rabbiose sgassa te d'avvio che lacerano il consueto silenzio; lo sbattere di persiane spalancate di colpo; il fragore improvviso e fuori orario dei bandoni. Altrimenti, ti sveglia l'acqua che ti entra in casa. E le autorità? Le autorità sapevano. E sapevano da tempo, se è vero che, come ha dichiarato Taviani alla Camera il 7 novembre, una colonna mobile del vigili del fuoco era partita da Roma alle 23 del giorno 3. (Era poi stata bloccata per varie ore alla Incisa dall'acqua che invadeva l'Autostrada del Sole.) Pare che già alle 22,35 del 3 il prefetto De Bernart fosse stato informato dai dirigenti del Genio Civile \a loro volta informati da quelli dell'ENEL) sull'aumento del livello dell'Arno; risulta inoltre che insieme all'Ispettore Generale Croppi, capo del Genio Civile, si fosse recato presso il Ponte Vecchio ad esamirare la situazione, la quale non sarebbe stata considerata di estrema gravità. La ~era stessa era stato all'Incisa allagata. Sappi.i.mo comunque che prima dell'alba del 4 novembre il prefetto era sui lugarni. Anche il sindaco Bargellini era già stato visto al Ponte Vecchio verso le 4 e lo stesso Bargellini, d'altra parte, ha dichiarato di esser stato chiamato alle 5 dall'Ufficio Tecnico del Comune e di esser stato avvertito che "l'acqua saliva e batteva i ponti con violenza". Nel frattempo, intorno alle 2, il questore aveva ordinato di richiamare tutti gli effettivi, che affluirono in questura nel giro di quarantacinque minuti. Come scriverà "l'Unità", la questura "è stata l'unica centrale ad evere avvertito il pericolo imminente, tentando di informare gli organismi più direttamente preposti alla salvaguardia della città". Poco prima delle 3 i vigili del fuoco comunicavano ali' Anconella di non poter mandare aiuti per il rafforzamento degli argini di difesa dell'acquedotto, perchè tutti i pompieri erano fuori a vuotar cantine: l'angelo di S. Agostino che vuole svuotare il mare con una conchiglia. Alle 2 la Pubblica Sicurezza aveva requisito le barche dei renaioli, e alle 4 i carabinieri chiedevano via radio ai cittadini di consegnare tutti i canotti disponibili. L'altra grande decisione, presa verso le 7, fu l'ordine del prefetto di far rientrare nei deposi ti i mezzi del servizio pubblico. Ai netturbini che la mattina si presentarono in via del Leone fu detto che si sarebbe lavorato a metter sacchetti di sabbia ,per arginare l'Arno. Invece alle 8,10 furono mandati tutti a casa. Qualcosa, dunque veniva fatto. Si trattava però di iniziative non coordinate, e mai concepite in un quadro generale degli avvenimenti - quadro che in realtà si sarebbe ormai dovuto avere. Soprattutto, niente veniva fatto e deciso che tenesse in alcun conto la possibilità di un aggravarsi della situazione. Alla mancanza di coordinamento nelle sporadiche decisioni che venivano prese si aggiungeva poi fin troppa gente, che pure, nei suoi limiti, avrebbe potuto rendersi utile, la paralisi operativa caratteristica del sottoposto. Tipica, in questo senso, la risposta di alcuni carabinieri all'accusa di starsene Il a guardare la piena invece di avvertire la gente che dormiva, ignara, a pochi metri di distanca: "Non abbiamo l'ordine". E poco dopo, alle 4,30: una macchina della ,polizia si ferma in tralice tra il Ponte Vecchio, il lungarno e Por Santa Maria. Qualcuno suggerisce che si mettano dalla parte del Ponte Santa Trinità, dove c'è il pericolo che crolla la spalletta del Lungarno Acciaiuoli; li dove sono, con il divieto d'accesso, non passa 8 CONTROCORRENTE - Boston, Spring 1967
nessuno. Risposta: "Tanto lo vedono, lo capiscono da sè, il pericolo". L'opinione pubblica e la stessa "Nazione" lamentavano, nei primi giorni dopo la piena, che non si fossero mandati altoparlanti per le strade, non si fossero azionate le sirene, non si fosse suonata la Martinella. La giustificazione ufficiale di questo mancato allarme si può riassumere nella dichiarazione di Bargellini: si sarebbe provocato "un inutile macello''. Forse Bargellini ha ragione, e forse no: è di(ficile valutare le conseguenze di un eventuale (ma non necessario) caos automobilistico; certo è però che il numero degli affogati sarebbe stato inferiore. Comunque. nelle varie ore di tempo a disposizione l'autorità poteva, anzi doveva, provvedere per lo meno ad un avvertimento selezionato. Si dovevano cioè richiamare medici e infermieri negli ospedali; avvisare i farmacisti perchè non avvenisse - come poi è avvenuto - che la città restasse con pochi medicinali; inform'are i parroci, i quali, conoscendo il tessuto compositivo delle loro zone, avrebbero potuto evitare che tante persone anziane venissero sorprese, sole, nel sonno; e così i direttori dei musei, delle biblioteche e degli istituti scientifici, mettendoli in grado di organizzare la difesa di quanto a loro affidato. Si dovevano avvertire le fabbriche e le officine in cui sostanze esplosive o tossiche avrebbero potuto risul · tare (come poi a volte risultarono) pericolose per l'incolumità e la salute pubbliche. Soprattutto, mettere in stato di preallarme le varie categorie di dipendenti comunali. i vigili del fuoco, l'esercito e i carabinieri. "Ma se fosse stato dato l'allarme", è stato domandato al Procuratore capo della Reoubblica, dottor Nicola Serra, che ha ordinato l'inchiesta della Magistratura fiorentina sulle eventuali responsabilità nel disastro del 4 novembre, "non sarebbe stato peggio? Non si sarebbe creato il panico?" "Certo", ha risposto il magistrato. "ma io parlo dell'allarme alle forze dell'ordine. per metterle in condizione di affrontare il pericolo. La caserma del battaglione corazzato di Rovezzano è stata allagata e gli anfibi che erano lì per la sfilata del 4 novembre si sono capovolti. Non sarebbe accaduto, se fosse stato dato un ordine d'emergenza". Ma l'ordine non fu dato. Tutto fu lasciato al caso, nella supina speranza che le cose andassero a posto da sè. Cosi, all'ospedale psichiatrico di S. Salvi, con la farmacia allagata e con centinaia di ricoverati in preda all'agitazione per l'acqua che aveva raggiunto i quattro metri, ci si dovette arrangiare con le scorte di medicinali dei reparti ai piani superiori; all'Ospedale Meyer i prematuri nelle incubatrici rimasero varie ore senza energia elettrica; a S. Maria Nuova in venti minuti si dovettero mettere in salvo i malati del piano terreno trasportandoli su delle materasse. A Montedomini, la casa di riposo per vecchi, c'erano dei sorveglianti e un ispettore per salvare tutti i ricoverati del pianterreno. S. Giovanni di Dio (a poche decin<' di metri dal!' Arno) rimase per ventiquattro ore con venti bottiglie d'acqua minerale e dieci polli per duecento ammalati. Che si sappia, in nessuno di questi istituti era stato inviato neanche un soldato che potesse aiutare a sgombrare i degenti dei locali minacciati. Lo stesso vale per i musei. La direttrice degli Uffizi fu avvertita solo dope le 7, a parecchie ore da quando l'Arno aveva cominciato a straripare a pochi metri di distanza. Il direttore della Biblioteca Nazionale era stato avvisato la mattina quando in piazza Cavaleggeri l'acqua era già alta. Al Museo Archeologico, uno dei van ti di Firenze. nessuno ci pensò. Nessuno p<>nsò alla Galleria del!' Accademia, al Museo dell'Opera ciel Duomo. al Museo Bardini (anch'esso a due passi dall'Arno), alle numerose, importantissime biblioteche. L'imprevedibilità delle proporzioni della piena è l'arma che le autorità oppongono all'accusa cli non aver messo in stato di preallarme la città, o almeno le forze disponibili (sulla confutazione di questa tesi si articola soprattutto la denuncia per omissione cli atti d'ufficio e per omicidio colposo presentata dall'on. Terracini contro il prefetto). "Noi tutti siamo stati in giro l'intera notte fra il 3 e il 4 novembre" precisa ancora Bargellini. "Abbiamo visto l'acqua arrivare fino a un me~ro. ~i!_IS?uw. di noi aveva visto nella sua vita m1gha1a d1 piene. Ogni volta, giunta a una certa al· tezza l'acqua aveva cominciato a decrescere Pensavamo che sarebbe stato così anche stavolta Quello che invece è successo dopo è stato' apocalittico, imprevedibile, ci ha tra\'olto tutti". Sarebbe facile rispondere con la sana massima: meglio aver paura che buscarne. Tuttavia il mito fatalistico del "diluvio", il mito-paravento dell'impotenza dell'uomo contro le forze scatenate della natura va distrutto su un piano diverso e ben più serio: la piena su Firenze non solo era prevedibile, ma era stata prevista. Già verso le 20 del 3 novembre l'Arno aveva travolto gli argini a Poppi; la situazione nel Casentino andava facendosi sempre più seria, come informava la piccola centrale de La Nussa, in costante contatto con la diga de La Penna fino a che gli addetti non dovettero abbandonarla precipitosamente. A titolo indicativo e in attesa che vengano rese note le rilevazioni dello Ufficio Idrografico Centrale di Pisa, sembra si possa parlare di una precipitazione (arr?- tondata semmai per difetto) di 150 mm. m tutto il Casentino nelle ventiquattro ore che vanno dal primo pomeriggio del 3 al primo pomeriggio del 4. I rilasci di Levane, la diga più a valle, alle 19 del 3 erano ancora di 120 mc. al secondo, ma verso le 23 erano già saliti a 1.000 - una quantità d'acqua mai fino ad allora neanche Rvvicinata -; e nel giro di un'ora si avev~ un altro salto fino a 1.600. Prima delle .1 si superavano i 2.000 al secondo e dalle 4 CONTROCORRENTE - Boston, Spring 1967 9
alle 7 si arrivava addirittura ai 2.100. Già prima della mezzanotte, dunque. si sapeva che un disastro stava per abbattersi su Firenze: dato infatti che la portata del Ponte Vecchio è di circa 2.000 mc. al secondo, le deduzioni si presentavano piuttosto facili. C'era da tener conto, d'altra parte, che a valle delle due dighe si sarebbe aggiunta l'acqua degli altri bacini, tra cui quello notevole della Sieve. La previsione di un evento eccezionale se non catastrofico è confermata dal fatto che da Levane un tecnico telefonò ad un amico fiorentino abitante sul Lungarno Colombo per avvertirlo che l'Arno sarebbe straripato (e l'amico riusci cosi a salvare quasi tutto). Resta comunque che la direzione della diga fu in costante contatto con l'ENEL cli Firenze durante la notte dal 3 al 4 per tutta la giornata successiva; e l'ENEL riferiva al Genio Civile. Allo stesso ENEL, tra le 2 e le 3 chiese le ultime informazioni il Genio Civile, che a sua volta era in contatto con la prefettura. Anche l'Ufficio Idrografico di Firenze era al corrente della situazione. Nonostante questo, però, nessuno pensò a interpellare il guardiano dell'idrometro di Formicina, sulla Sieve, e cosi un importantissimo dato di giudizio sulla portata dell'alluvione venne a mancare. Sembra veramente impossibile che il Genio Civile non fosse informato delle condizioni di un affluente così importante: il detto secolare "Arno non cresce se Sieve non mesce'' dovrebbe pure esser noto a tutti gli uffici responsabili. Per fortuna non ci fu esatta corrispondenza di tempi tra il massimo di piena dell'Arno e quello della Sieve. Va tenuto presente infatti che a Levane i maggiori rilasci si verificarono tra le una e le 9, mentre a Fornicina il massimo livello (sette metri) fu registrato alle 15. Considerando che in tempo di piena l'acqua impiega quattro o cinque ore a percorrere il tratto compreso fra le dighe e Firenze, e meno di due ore tra lo sbouco della Sieve e Firenze, si deduce che i due massimi di piena non si sovrapposero sulla città. in quanto risultarono sfasati di almeno due o tre ore. E' da tener conto però che alle 6,30 il livello della Siete era di quattro metri e trenta, cioè appena un metro sotto quello della massima piena precedente: già questo avrebbe dovuto far capire che la situazione non poteva se non peggiorare. E infatti, alle 12, la Sieve era a cinque metri e trenta, cioè appena un metro sotto ulteriore balzo di due metri. Da tutto ciò si può concludere come non sia esatto quanto è stato scritto da qualche rotocalco, e cioè che la colpa della inondazione sarebbe soprattutto della Sieve. In realtà, non c'è dubbio che la "colpa" fu sia dell'Arno che della Sieve. Anche senza una piena straordinaria e con un accrescimento inferiore a quello che si verificò realmente, l'Arno avrebbe inondato Firenze. Lo straripamento infatti era cominciato parecchie ore prima che la piena della Sieve raggiungesse la sua massima altezza. Quando ciò ebbe luogo, nonostante che a monte di Pontassieve la portata cieli'Arno cominciasse a diminuire, a Firenze l'acqua continuò a salire. Vi furono dei momen li cli pausa nel ritmo di accrescimento, ma non dei cali sia pur temporanei nel livello. Rimane da spiegare come mai non sia stato preso alcun provvedimento adeguato a quelle che dovevano essere le informazioni in possesso del Genio Civile e della prefettura. Conoscendo i massimi rilasci a Levane era impossibile non arguire che in città sarebbero arrivati per lo meno 3.000 mc. al secondo. Poi questa cifra venne largamente superata, ma già 1.000 mc. in più di quanto può passare dal Ponte Vecchio sarebbero bastali a devastare la città. Per tali calcoli, seppure approssimativi, non erano necessari dei calcolatori elettronici. Delle due l"una: o i dati forniti erano incompleti, oppure a Firenze si interpretarono con incredibile, colpevole leggerezza. Pare comunque che andare a guardare la piena volesse dire, per le autorità fiorentine, fidarsi dei propri occhi più che dei dati tecnici disponibili. La citta' giorno per giorno 3-4 novembre. Anche se la popolazione viene lasciata nel sonno (e molti non si risveglieranno) c'è chi ha vegliato, ed al primo apparire delle acque - fra le 2 e le 4 - si sostituisce alla forza pubblica dando l'allarme ai vicini quando ormai campanelli e telefoni sono inutilizzabili. Poche ore dopo, al farsi dell'alba, ci si rende conto della realtà. Le persone che si erano offerte a dare l'allarme si coagulano ora in gruppi di intervento e operano salvataggi con mezzi di fortuna, barche e galleggianti messi insieme in modo avventuroso; ad essi si uniscono drappelli di militari e di pompieri. Ma i soldati, con tanto di moschetto e impacchettati nelle loro divise, si trovano o nelle caserme allagate, come a Rovezzano, oppure già ai loro posti per la parata, alti sui carri armati del 4 novembre, sull'attenti di fronte allo obelisco di piazza dell'Unità mentre l'acqua sale. I salvataggi con zattere e barche sono perciò soprattutto opera di pompieri e volontari. A questi mezzi si uniscono sette elicotteri provenienti da Pisa, Livorno e Roma; può cosi iniziare il prelevamento cli chi si è rifugiato sui tetti (su quello di un istituto vicino all'ospedale di S. Salvi vengono liberati venti bambini ed alcuni infermieri). Al notiziario delle 8, dopo dieci minuti di commemorazione per il 4 novembre, si sente dire che a Firenze c'è un po' d'acqua per le strade ma comunque non è niente di preoccupante. In giorna la giungono mezzi anfibi da Bologna, Mantova, Parma e Piacenza, insieme a contingenti - limitati-di vigili del fuoco. Ma i mezzi per raggiungere i quartieri isolati sono del tutto insufficienti; alcune famiglie rimarranno 80 ore sui tetti: tre giorni e tre notti. 10 CONTROCORRENTE - Boston, Spring 1967
Nei quartieri non alluvionati i militari girano con autobotti a distribuire acqua. Altri rioni meno fortunati non ,·edono giungere nemmeno un canotto e devono sbrigarsela da soli: così è per Gavinana, per Brozzi, per S. Niccolò, per S. Croce, per S. Frediano. per Porla al Prato. 5 novembre. Nel pomeriggio la situazione migliora per la zona Duomo, ma altrove le acque calano di poco. La città è divisa in due anche per quanto riguarda gli interventi: da una parte i volontari ed i comuni vicini, dall'altra il governo. il comune, la prefettura. I quartieri più colpiti si organizzano: a Gavinana si tro,·a l'aiuto del comune di Bagno a Ripoli che alloggia provvisoriamente gli illuvionat.i, invia forti quantitativi di viveri (6 quintali di pane, 200 litri di latte, 60 chili di cibi surgelati, sacchi di patate e frutta), manda 2.000 capi di vestiario e provvede alla distribuzione dell'acqua e del latte. A sera, in collaborazione con il comitato di quartiere organizzato nel frattempo dagli abitanti, occupa il villaggio di Sorgane per i sinistrati. distribuisce coperte e materassi, e mobilita i suoi medici per il controllo della situazione sanitaria. A S. Niccolò si costituisce un centro medico, si utilizza un forno in via dei Bastioni e si cuoce pane per tutto il rione. Sia a Gavinana che a S. Niccolò i vari salvataggi vengono compiuti esclusivamente ad opera dei Comitati. A Brozzi si sta ancora peggio: giunge un carro militare carico di persone che rientrano nella borgata dopo l'isolamento del primo giorno, alcuni elicotteri recuperano gruppi di alluvionati dai tetti, ma i primi a giungere con viveri sono due giovani del Ponte di Mezzo che si sono avventurati in barca per la "grande palude"; riusciranno anche a trasferire ottanta sinistrati in uno stabile vuoto nella zona di Novoli, venendo per questo denunciati dal proprietario dell'immobile. L'opera delle autorità: il prefetto dà l'ordine di mobilitazione alle 10, quando ormai la città è completamente isolata (ma rifiuta di consegnare all'esercito gli stivaloni che la prefettura ha in dotazione e di cui i soldati hanno bisogno: attende l'autorizzazione da Roma) Costituisce poi vari centri per la distribuzione dei viveri in piazza Pitti, piazza Tasso, piazzale Michelangelo. piazza Alberti e piazza Signoria, senza toccare, come nota chi conosce Firenze, le zone più colpite. D'altronde queste prime distribuzioni consistono in pane e latte e spesso finiscono nelle mani di chi non è stato direttamente danneggiato dal disastro, perchè gli alluvionati, per varie e evidenti ragioni, non possono muoversi. Frattanto sono giunti a Firenze i ministri Mariotti e Pieraccini, che prendono una prima visione delle cose; giunge anche il sottosegretario alla Pubblica Istruzione Elkan che prevede, chissà come, la riapertura delle scuole per il 14 novembre. Altro. dal governo, non giunge. Si vorrebbero soldati attrezzati, ma non da parata. La Rai-Tv non ha dato, nè dà, che notizie vaghe e del tutto inadeguate alla estrema gravità della situazione. In realtà i danni sono incalcolabili. Di concreto non c'è che questo: la giunta comunale si è riunita per trovare il modo di intervenire con maggiori poteri nella organizzazione dei soccorsi; mentre il prefetto ha centralizzato la raccolta dei viveri al Campo di Marte - e difenderà a lungo il controllo di questo settore. Comincia il passeggio dei curiosi dalle zone non alluvionate e dai dintorni. Qualcuno, schizzato dalla pala di chi si affanna a pulire la casa o il negozio, protesta; finisce che lo mandano lungo disteso nel fango. In via Nazionale passa una Giulia bianca targata Roma: "Vi sta bene, ladri di fiorentini!" Si levano pugni. scope, badili, viene accerchiata: la salva la polizia. 6 novembre. Firenze, pur nella sconfitta, reagisce: a Gavinana, a S. Frediano, a S. Croce, a Porta al Prato, a Brozzi, i volontari che si erano raggruppati in comitati popolari e di quartiere prendono sede in locali da cui l'acqua è defluita: si tratta di Case del Popolo, parrocchie, circoli ricreativi. I comuni di Sesto, Calenzano, Bagno a Ripoli ecc., considerato il fatto che in prefettura non sono stati neppure ricevuti, riversano i loro aiuti sui comitati popolari senza mediazioni intercomunali: fanno un ammasso dei prodotti alimentari nelle fattorie, mettono a disposizione motopompe e camions, e con i loro carri agricoli o su mezzi anfibi portano viveri e operano salvataggi. Subito dopo mezzogiorno si riunisce il consiglio comunale, che decide di formare un comitato dei capigruppo per decentrare e intensificare l'intervento del Comune. Firenze, che è una città murata, ha un aspetto di distruzione e caos civile. Ambulanze e carri dei vigili del fuoco restano imbottigliati ·nelle vie piene di detriti, di automobili rovesciate, di macchine di curiosi, di gente che può camminare soltanto nel mezzo della strada. •In mattinata giungono il presidente Saragat, per una visita, ed il sottosegretario Gaspari, che coordinerà l'assistenza. Il presidente della Repubblica è circondato di autorità e di accompagnatori; ma anche se non va a Brozzi si rende conto della situazione e tenta di mettersi in contatto telefonicamente col presidente del Consiglio e col ministro degli Interni per stimolare gli aiuti che ancora non vengono. Il sottosegretario Gaspari assume invece le direttive con evidente supenficia!ità e precostituito ottimismo. La popolazione ha i nervi a fior di pelle, e durante il suo giro per S. Croce il Presidente viene crudamente ingiuriato: "Abbiamo bisogno di acqua e di pane, non di ministri e presidenti!" "Prendi la pala, Saragat, sporcati anche te!" "Ti si conosce, Saragat. ti si conosce!". Ma non c'è dubbio alcuno che l'intervento energico del Presidente riesce a sbloccare CONTROCORRENTE - Boston, "Spring 1967 11
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