Controcorrente - anno XXIII - n. 52 - inverno 1967

per sci mesi". Io non detti importanza al triste pronostico perché mi pareva impossibile ch'io potessi morire <faccio fatica a crederci anche adesso); ma pensai che sarebbe stato quasi un delitto il morire quando vi è tanto da fare per l'umanità, mi sentii felice della stima dell'uomo, e promisi a me stesso di fare di tutto per meritarla. Ed ora, già carico d'anni, sono superbo che, se per incapacità mia e per avversità di circostanze non ho potuto finora fare quel che avrei voluto, almeno nelle intenzioni non ho demeritato della stima che Bakunin accordava a me giovanotto. L'in~omani mi svegliai guarito ed incominciammo con Bakunin e gli altri, svizzeri, spagnuoli e francesi, quelle interminabili discussioni a cui Bakunin sapeva dare tanto incanto. Andammo a Saint-Imier, dove - si noti il tratto di psicologia popolare - i ragazzi accolsero Bakunin al grido di Viva Garibaldi! Naturalmente, essendo Garibaldi l'uomo che più avevano sentito celebrare. quei ragazzi pensavano ch'egli dovesse essere un uomo colossale. Bakunin era colossale, lo videro circondato e festeggiato e pensarono che non poteva essere che Garibaldi. Prendemmo parte al Congresso, poi ritornammo a Zurigo, e sempre discutendo, e pigliando accordi, e facendo progetti flno a notte inoltrata. Io conobbi Bakuunin quando egli era già in età avanzata e già minato dalle malattie contratte nelle prigioni ed in Siberia. Ma lo trovai sempre pieno di energia e di entusiasmo, e compresi tutta la sua potenza comunicativa. Era impossibile per un giovane aver contatto con lui senza sentirsi infiammato del sacro fuoco, senza vedere allargati i propri orizzonti, senza sentirsi cavaliere di una nobile causa, senza fare propositi magnanimi. E questo avvenne a tutti quelli che caddero sotto la sua influenza. Poi alcuni, cessato il contatto diretto, cambiarono a poco a poco d'idee e di carattere e si perdettero per le più diverse vie, mentre altri risentirono e, se sopravvissuti risentono ancora quella influenza; ma non vi fu nessuno, io credo, che praticando anche per breve tempo Bakunin non sia diventato migliore. Michele Balmnin Per finire racconterò un episodio caratteristico. Forse l'avrò già raccontato altre volte; ma in tutti i casi esso merita bene di essere ripetuto. Era il momento, quello del Congresso di Saint-Imier, in cui Marx, Engels ed i loro seguaci, per livore di parte e per offesa vanità personale, più si sfonavano di spargere la calunnia contro il Bakunin, che era descritto come personaggio equivoco, forse agente dello zarismo. Uno di quei giorni si ciarlava della cosa in presenza di Bakunin e tutti si mostravan giustamente indignati, quando uno di noi, non rendendosi conto dell'enormità che diceva, uscì fuori con questa proposta: "Bisogna pagar quella gente colla loro stessa moneta: essi calunniano, calunniamoli anche noi". Bakunin si scosse come un leone ferito, fulminò d'uno sguardo il proponente, si erse in tutta la sua gigantesca persona e gridò: "Che dici mai, sciagurato?! No, meglio essere mille volte calunniato, anche se la gente dovesse crederci, anzichè abbassarsi innanzi a se stesso fino ad essere un caluniatore". 6 CONTROCORRENTE - Boston, Winter 1967

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