Controcorrente - anno XXIII - n. 52 - inverno 1967

n1inciai a gridare: Portatemi \'ia, ve lo dirò io do\·c sto, portatemi via!" Il medico aveva decisamente perso la pazienza, ancora parlò in tedesco in modo ~cc-calo, e in italiano, con lo stesso gesto che usano le massaie per scacciare i polli da casa: "Via. Via!" disse. Un infermiere mi prese in collo, un altro apri la porta, il milite ci seguì. "La borsa!" implorai cer• cando al passaggio di spenzolarmi ,·erso h panca. Il milite la prese dicendomi ca,·alleresco: "Gliela porto io!" e per il corridoio, a distanza di un passo da noi mi faceva gran sorrisi e gesti di incoraggiamento. Adesso la testa mi faceva proprio male e anche la gamba, ma la borsa era ancora il primo dei miei pensieri. ambulanza. Il milite sì sedette davanti a me, con accanto la borsa. Gli ripresi la mano e non gliela lasciai fino a casa. Sul sedile c'erano dei limoni, andavano da una parte all'altra, urtandosi secondo la velocità della macchina o le curve della strada. Con la mano libera il milite cominciò ad annaspare: tre, quattro, cinque limoni sparirono nelle sue capaci tasche. Io fingevo di dormire e, malgrado l'agitazione, avevo anche voglia di ridere, - questi it!aliani. sempre gli stessi! Infine a casa ancora nelle braccia dell'infermiere, dovevo farmi forza: "Mamma, non è nulla stai tranquilla, cosi starò a casa, starò ferma, non sei contenta?". E sorvegliavo il milite, sempre dietro, sempre con la borsa in mano. Finalmente posò la borsa sulla cassapanca, nell'ingreso, e accanto anche i limoni! La mia borsa grande di cuoio naturale, ingiallita dall'uso, con una cerniera lampo e due manichi rigidi, alti. era li appoggiai..'\ sul legno nero del mobile quattrocentesco. "Tenere molto ghiaccio sulla testa!" diceWl qualcuno adagiandomi piano piano sul letto. Io vedevo la borsa turbinare davanti a me, ma aveva le ali e non n1e ne ero n1ai accorta! Due giorni dopo, aprendo gli occhi, scorsi ai piedi del letto mio padre. Alto, massiccio, le mani bianche grassocce da prelato abbandonate sulla spalliera di ottone, la vasta fronte pallida sulle folte sopracciglia scure, i grigi occhi affossati e smorti, il naso aristocratico imponente sulla bocca piccola rossa e femminea cui il pizzetto grigio prestava un segno di virilità, la voce autoritaria e a tratti stridula. Ma nel fondo di quella voce tremava incertezza e inquietudine che io non volevo, che non potevo capire. 11Mi sono iscritto al fascio repubblicano!" disse. "L'hai fatto per farmi dispetto. Per fare dispetto a me!". E mentre usciva di camera gridando a mia madre: "Lo vedi, lo vedi come tua figla tratta suo padre!", io piangevo di rabbia. Ma da quel giorno l'uomo vestito di Sul portone sostammo un poco, io ne approfittai per cercare di prendere la mano libera del milite mentre cominciavo a spiegare dove stavo di casa. Si avvicinò una autoambulanza. li milite fece l'atto di liberare la mano, io gliela strinsi più forte, che a nessun costo doveva allontanarsi di un passo, a nessun costo sarebbe rimasto solo con la n1ia borsa, e mcnu·e gli tenevo la n1ano gli dicevo: "Non mi lasci, ho paura dei tedeschi". Lui divenne rosso, l'infermiere si volse scuro in volto, verso di me. Io sorrisi anche a lui tra le !acri- nero non riapparve più nella strada di casa me. ad un palmo dal suo viso, e lui, tedesco, mia. (CONTINUA) ma romantico, preso dal mio sorriso mi depose con estrema delicatezza sulla lettig'l. poi, aiutato dal milite, mi issò sull'auto- Maria Luigia Guaita CONTROCORRENTE - Boston, Winter 1967 33

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