Controcorrente - anno XXIII - n. 52 - inverno 1967

addirittura un corteo che m'incalza mi sopravanza torna indietro, spinge le borse e miagola, miagola. Sono presa dalla paura dal terrore che i gatti mi si scaglino tutti addosso. Le sporte sono tanto pesanti, devo fermarmi un attimo da prendere flato; tiro un calcio al gattone nero che tenta di piantare gli unghielli nella borsa, riparto. Vorrei correre ma temo che la corsa ecciti maggiormente le bestie affamate. Per un attimo penso di mollar tutto e scappare, ma ci sono troppe case, troppe finestre, devo arrivare al Campo di Marte. Ecco finalmente la mole dello Stadio. Penso con desiderio infinito al mucchio d'immondizie che è sempre stato dietro un angolo: quel mucchio è la mia mèta. Non ne posso più, i gatti impazziscono di bramosia, danno zuccate nelle sporte, vi aCfondano le unghie, i miagolii si fanno sempre più fitti più acuti più aggressivi. Sono senza respiro, mi sembra di non poter più reggere il peso immondo che mi rompe le braccia. E tuttavia penso: - una sporta posso buttarla nel mucchio, ma l'altra è quasi nuova; dovrei ricuperarla-. Ecco, ci siamo, un'omw bra nera si muove laggiù, ora la vedo: è un grosso cane che cerca fra i rifiuti. Oh. Dio, forse ci saranno altri cani, altri gatti. Scaglio una sporta. Che diavoleria! Miagolii feroci e soffi e ringhi e una zuffa indescrivibile nella quale sto per esserc travolta. Nel buio mi urtano, mi graffiano. Quel contatto del pelo sulle gambe, 1~. nausea del fetore orribile, la zuffa sulle carogne, lo schifo! Mollo anche l'altra borsa e scappo correndo per il viale nel plenilunio. IV. INCERTI DEL MESTIERE Tornando a casa una sera trovai mi:, madre agitatissima. "Un uomo vestito di scuro piantona la nostra casa dal viale" mi annunciò allarmata. Non mi sembrava possibile, ma la coscienza sporca ha un grande peso per una valutazione serena dei fatti. Uscii con la scusa di una commissione da fare nel viale che chiude la nostra strada in salita. Aguzzavo gli occhi nel buio, fra gli alberi c'era veramente un tipo vestito di scuro, mi sembrò cercasse non farsi vedere; 11Ac~ cidenti a te, neppure il freddo ti tiene a casa!" Passai parte della notte a sistemare le cose compromettenti al piano di sopra, un appartamento vuoto del quale avevo le chiavi, nascondendo nella soffitta le carte che mi sembravano più pericolose e i timbri in mezzo al ciarpame. La roba era tanta in quell'appartamento diventato una specie di magazzino segreto, e il lavoro fu lungo. Alla porta appiccicai un fac-simile dei certificati che il consolato svizzero rilasciava per mettere al riparo dalle perquisizioni tedesche le case dei .suoi sudditi. Me lo aveva dato per l'appunto quel giorno un compagno perchè riuscissi a trovare chi lo rifacese in modo meno grossolano, capitava a proposito. Dormii male. Da mattina dopo nessuno sorvegliava la strada e risi con la mamma 7 della nostra paura: quell'uomo certamente era uno che aspettava la sua ragazza ed era rimasto lì per delle ore. Uscii allegra, ma al ritorno, ben visibile nel pallido sole invernale, un figuro vestito di nero con lobbia pure nero era in cima alla strada. Mi sembrò più basso e più grasso di quello della sera prima, un altro agente dunque! Mia madre ancora più agitata, mi raccontò che questo era arrivato dopo che io ero uscita, lei avrebbe voluto avvertirmi ma non sapeva dove trovarmi, erano quasi tre ore che quello era li, aveva fatto almeno cento volte tutta la strada. Che dovevo fare? Dovevo sparire, diceva mia madre e smetterla di occuparmi di cose che non sono da donne, e in questo dava ragione " mio padre; ,a lui poi cosa avrebbe detto? E si lamentava di lui e di me, e diceva che voleva andare in cima a una montagna per non vederci più nessuno dei due. E CONTROCORRENTE - Boston, Winter .1967 31

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