LA DONNAE LA RESISTENZA DI MARIA LUICIA CUAITA (2) (Continuazione del numero precedente) Dalla scrivania mi venne incontro un vecchietto arzillo, asciutto, con la cravatta nera a fiocco e una testa cosi tipicamente fiorentina arguta e onesta insieme, che mi piacque subito. L'ambiente mi parlava di un'altra epoca, quella della fondazione della società, 4 giugno 1822, com'era scritto dentro la cornice istoriata, ma non c'era niente di ridicolo, aveva il profumo delle cose lontane, tradiva entusiasmo, ideali, ribellioni al pregiudizio religioso, all'oscurantismo. Mazzini, Garibaldi, la Massoneria, l'anticlericalismo, aleggiavano in quella stanzetta intorno a quel vecchina dagli occhi chiari. Raffiorava in me il ricordo infantile del nonno garibaldino, della sua tomba lontana dalle altre della famiglia e di quella curiosa lapide con i tre punti, della quale mai la nonna voleva spiegarmi il significato. Intanto il Flunci ci accompagnò nell'altra stanza. Era, questa, grande e lunga, una smorta luce pioveva da una finestrella coi vetri gialli su un tavolone nero con tante sedie intorno, il salone delle assemblee e ancora urnette e un'altra cornice con i nomi ingialliti dei soci benemeriti e ancora registri neri. Appoggiati al tavolo stavano due giovani tarchiati in maglione blu, sembravano marinai e lo erano infatti. li Flunci diceva come sare'bbe stato utile che Carlo parlasse con loro, potevano tra l'altro, procurare delle armi, andare in montagna, intanto scostava una tenda mostrando tranquillo una pesante robusta cassa funebre. Uno dei giovani alzò il coperchio, sullo zinco luccicante vidi alcune bombe e tre corti fucili. - "Machinen-Pistolen" disse il Flunci. Presa alla sprovvista restai confusa, non seppi che dire. Il Flunci attribui il mio impaccio alla cassa da morto e allora mi spiegò bonario che la società, nell'intento di ridurre al minimo le spese dei soci, noleggiava di volta in volta la bara e la riusava per ogni "cremando" dopo regolare disinfezione. Poi per la cerimonia definitiva la cassa non serviva perchè il defunto veniva posto su una specie di graticola e ivi cremato. Uno dei giovani mi disse: "Praticità e igiene". Era serissimo ma gli occhi gli ridevano. Poco tempo dopo quella cassa fu piena di armi e anche le urne. I locali del Tempio Crematorio a Trespiano per la conservazione delle Urne Cinerarie, le Urne stesse, il Forno e l'attigua legnaia divennero uno dei nostri depositi per le armi tra i più sicuri. Il vecchio Flunci era capace di fare i dieci chilometri di salita per andare e tornare da Trespiano a piedi anche due volte il giorno. Sgusciava rapido tra le ceste di verdura e le bancherelle col suo fiocco nero al vento, infaticabile tra le casse da morto, le urne, i registri funebri tra i cui fogli erano nascosti nomi, indirizzi e recapiti compromettenti. III. I CONIGLI Dopo tanti anni è per me impossibile rendere ai fatti che riaffiorano alla memoria il fervore, la passione, con cui furono vissuti. Come dire l'accanimento, l'ansia di quel ricercare l!)iselli farina pasta scatolame? Circuii con insistenza e abilità tutti quelli che potevano offrire qualcosa di commestibile; riuscii ad accordarmi con alcuni fornai, ai quali, in cambio di farina, davo tessere per il pane trafugate in tipografia e timbrate con timbri falsi. Ripescai vecchie conoscenze, intrecciai nuove relazioni. Un'amica d'infanzia mi rese ,possibile una nuova fervida amicizia per suo zio, il Sabatini. Questo zio - un simpatico antifascista, abilissimo uomo d'affari, loquace e bonario - era proprietario di un famoso ristorante fiorentino. Mi aveva accolta bene, gli davo nella fantasia, si compiaceva di considerarmi una probabile futura eroina ed io speravo molto da lui per soccorrere i compagni che resistevano sulla montagna. Un giorno prestabilito della settimana, veniva e casa mia una staffetta per il rifornimento viveri; erano ben poveri cibi quelli CONTROCORRENTE - Roston, W·inter 1967 29
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