Controcorrente - anno XXIII - n. 52 - inverno 1967

normalità fetida e disperante, melmosa e piena di maledizioni: piazza Gavinana, via Niccolò da Uzzano, via Giovanni delle Bande Nere, piazza Gualfredotto, via Caponsacchi, via Orsini, via Donato Giannotti, via Poggio Bracciolini, via di Villamagna, via Erbosa, via del Bandino, via di Rusciano dove la morte è passata fin dal primo giorno della tremenda alluvione, via Coluccio Salutati. Camminiamo ancora in un fiume di fango. Segniamo i soccorsi che incontriamo, annotiamo i discorsi della gente. In via Giovanni delle Bande Nere de~ civili hanno portato via un morto poco fa. I soldati li hanno visti ieri, di passaggio: hanno portato acqua, a chi vhiedeva ruspe, pompe, almeno badili, hanno detto: "Torneremo, per ora non li abbiamo nemmeno noi''. La gente ha le facce sporche di fango. Gli uomini hanno la barba lunga, le donne profonde occhiaie. Lavorano con le mani, con assi di legno, con le scope, cercando di infrangere un muro di fango e di detriti, di distruzioni e di crolli: e forse sanno che la loro opera immane è inutile, di fronte all'immensità del compito. Ci vorranno anni, con questi poveri strumenti di dedizione e di speranza. Eppure sono gli unici. "Avete visto soccorritori?". "Non abbiamo visto nessuno". Sempre e dovunque, in ogni strada, in ogni quartiere che si contendono nell'animo del visitatore il primato della ,pena, una costante risposta. Un uomo, certo Del Forno, dice: "Qui vicino c'è una pompa. L'abbiamo avuta per interessamento di un pezzo grosso. E cascano le braccia, a vedere cosa succede. La pompa leva due metri d'acqua da una cantina, dopo ora di lavoro. Poi quando si sposta a un'altra cantina, fra perdite e riflussi, nella cantina di prima restano quaranta centimetri di acqua e fango. Allora, mi creda, viene voglia di sedersi sul marciapiede e lesciarsi morire a poco a poco". Subito vicino a piazza Gavinana c'è una cisterna per l'approvvigionamento di acqua. C'è davanti una lunga fila di persone. Sulla cisterna c'è scritto in rosso: 11 Acqua non potabile. Bollire prima dell'uso". Ecco: è questo uno dei tanti drammi della popolazione. E' gente che da quattro giorni non sa cosa sia un caffè, una minestra calda. un piatto di carne non in scatola. Gente che non sa come fare a lavarsi, ad accenderc un qualunque fuoco. Bollire l'acqua è dunque un assurdo logico. Eppure sarebbe necessario: siamo tutti d'accordo. In via di Villamagna l'acquedotto appare sventrato, indescrivibile, come travolto da una immane esplosione. E' impossibile 1 pensare a una riparazione in termini di giorni. La gente ci passa vicino e non lo guarda nemmeno, ne ha quasi paura. In via Donato Giannotti troviamo prima il supermarket distrutto e quasi subito saccheggiato da alcuni sciacalli. Ora ci sono le guardie. Più oltre, camion di una cooperativa di Reggio Emilia distribuiscono viveri. I prezzi sono normali, la fila è lunga una decina di metri. In via Baldo Ruffoli, in via Erbosa ci sono due autopompe dei vigili del fuoco. Dentro le disperate case minime di via Erbosa, in un cortile apocalittico colmo di masserizie distrutte, c'è una una cisterna del comune di Bagno a Ripoli. In via del Bapandino è fermo un "M 115" dell'esercito. C'è anche una donna, sul carro: è una ufficialessa svizzera, che è venuta insieme ai volontari di soccorso. Tutti sono come in attesa: in realtà non hanno mezzi per poter spalare queste tonnellate di macerie. Si, perché per questa opera, la principale che del resto si lega al problema igienico, manca tutto: ruspe, autogru, mezzi ribaltabili. O meglio, quelli che ci sono rappresentano solo una goccia d'acqua in un mare di disperazione. Cambiamo quartiere. A San Niccolò. dalla porta alla strada omonima, la disperazione è se possibile ancor più terribile. Nella strada solo un esiguo varco nella melma separa le macerie tra casa e casa. Dei soldati trasportano a braccia un vecchio infermo. Qui ha lavorato una ruspa: l'aveva trovata non si sa come un prete, don Giannucci. Di fronte alla porta di San Niccol.', tuttavia un'altra grande ruspa è al lavoro. In un giro di tre chilometri almeno nel cuore delle zone più disastrate della città, compresi i lungarni, ne abbiamo viste al l'opera quattro. Quella del lungarno della Zecca viene da Castiglione del Lago. Almeno, in tanta desolazione, non si spegne il senso di una dispersa fraternità che giunge attraverso le vie più episodiche im- •pensate: due ragazzi di Pistoia che arrivano con una "850" a portare tre chili di pane alle prime persone che incontrano, lo studente straniero che aiuta a salvare i 24 CONTROCORRENTE - Boston, Winter 1967

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==