Controcorrente - anno XXIII - n. 52 - inverno 1967

gistrata col rispettivo valore. La domanda dev'essere accompagnata da fotografie fatu, in presenza di quattro testimoni che si dichiarano disposti e testimoniare in corte etc. Si immagini la facilità di cercare testimoni e fotografi, senonchè il registrare ogni cosa perduta ... Bah! Ecco il paragrafo di cui sopra: "Ci sarebbe un altro aspetto di tiitto il problema, e cioè se a qualcuno (che vossa vagare: il che è comunque del tutto imvossibile, a dir poco!) possa addebitarsi la responsabilità dello immane disastro che lu, colpito Firenze sotto il profilo della colpa. E' un discorso est,·emamente gmve. Perfino sotto profilo astratto. .Tanto serio e tanto grave, che riteniamo possc, essere affrontato solamente quando la stof'ia esatta degli avvenimenti potrà essere conosciuta e valutata con vonderata riflessione·•. L'esortazione a "ponderata riflessione'', vuole essa essere un consiglio a prendere quel tantino che il governo darà nei prossimi cinquant'anni e dimenticare il resto? Avevo completato questo scritto quando, aprendo '1La Nazione" del 13 novembre, in seconda pagina, il vistoso titolo: "Dodici 1,ersone interrogate ver le cause dell'alluvione". L'articolista, Giuseppe Peruzzi, dopo aver fatto alcune considerazioni sul Po e sull'Arno; la sorveglianza costante del primo e la negligibile del secondo, accenna alla pericolosità di questo (come di fatti si è dimostrato) perchè delle sue caratteristiche torrenziali, informa dell'inizio di una inchiesta iniziata da tre magistrati: "Le loro indagini rivertono ... su tre pu.n• ti:l) controllo delle dighe di L<, Penna e Levane in provincia di Arezzo; 2) se la apertura delle stesse dighe per il deflusso dell'acqua è stata fatta tempestivamente e in tempi tali da non creare difficoltà di a/flusso di acqua nell'Arno o invece tutto di un colpo; 3) mancato preallarme". E' sul secondo quesito che si vorrebbe una risposta che non ammetta dubbi. Saranno i magistrati a libertà di divulgare la verità su gli accertamenti che essi faranno, o l'inchiesta finirà archiviata, seguendo la sorte delle molte altre su soggetti di pubblico interesse? A questo punto la mia convinzione del primo momento si rafforza: che qualcosa non ha funzionato bene alle dighe; che qualcuno nel vedere il loro empirsi al di là di ogni prudenza, sia stato preso dal panico ed abbia cli colpo rovesciato la marca <l'acqua su Firenze e dove altro essa ha colpito con furia distruggitrice. . . . C'era chi sapeva ore prima ciò che stava per arrivare a Firenze. Pare che furono avvertiti gli orefici di "Ponte Vecchio·~. quelli che fu possibile raggiungere. Si temeva che l'ondata portasse via tutti i ponti, quei ponti che Firenze ha pianto quando furono distrutti dai tedeschi. Sarebbe stata cosa semplice far buttar giù le spallette, per dare all'acqua libera corsa. Ma l'Italia è il paese ove ognuno aspetta che gli ordini giungano dall'alto, nessuno si assume responsabilità neppure in momenti calan1itosi in cui bisogna agire con risoluta fermezza. Finisce spesso che a dar gli ordini non c'è nessuno o che essi arrivino troppo tardi. I ponti sono rimasti, più o meno malamente sfigurati dalla furia delle acque e dei detriti che la corrente trasportava. Saranno riparati insieme a molti altri danni. Ma per sempre mancheranno impareggiabili opere d'arte. Dalla Biblioteca Nazionale, fino al 4 novembre per il contenuto la più ricca d'Italia, saranno per sempre scomparsi migliaia di preziosi volumi; milioni d'altri conserveranno per sempre i segni dell'inondazione. Mancheranno la maggior parte delle preziose collezioni di giornali raccolte da oltre un secolo. Se Firenze oggi non piange i ponti, Firenze piange Firenze. Sono bastate poche ore agli elementi scatenati per distruggere tanto, tanto più di cinque anni di guerra. • • • In Italia molto spesso si esagera, si strilla "al lupo", e quando il lupo c'è davvero, nessuno vuol credere. Quando quello che può sembrare esagerazione è una realtà al dilà di ogni umana immaginazione, non la si prende sul serio. Per questo forse, lorchè il ministro del bilancio Pieraccini telefonò a Moro a Roma e l'informava della sciagura fiorentina, il primo ministro gli rispose: "Non essere allarmista, sii meno campanilista". Il giorno in cui Saragat fu a Firenze, per quanto provasse, non gli fu possibile raggiungere l'on. Moro. Nessuno sapeva dove era. In quanti paesi succede che al Capo dello Stato non riesce mettersi in contatto col :.!O CONTROCORRENTE - Boston, Winter 1967

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